Provate a urlare una volta, “Goooalll!”. Provate a rifarlo altre 104 volte, immaginate che questo urlo si sia ripetuto in 153 presenze in diciannove anni di carriera in Nazionale tra il 1978 e il 1997, e capirete chi è stata Carolina Morace per il calcio femminile italiano. 105 reti, appunto, con la maglia azzurra, tra cui una storica quaterna nel mitico stadio di Wembley, due argenti europei, poi 12 scudetti e altrettante volte capocannoniere in serie A. Ma Carolina è molto più di un semplice palmares.
Avvocata, prima donna allenatrice anche nel settore maschile (in un'avventura sulla panchina della Viterbese del vulcanico
presidente Gaucci), miglior calciatrice al mondo nel 1995 e ancora oggi, 55enne, ambasciatrice Fifa del football femminile,
reduce dall'ultima annata trascorsa alla guida del Milan femminile (che ha chiuso il campionato al terzo posto): normale chiederle
quindi un parere sul movimento italiano, che ha scoperto una nuova popolarità, dopo la fiammata degli Anni Novanta, proprio
alla vigilia di Francia 2019, e un pronostico su questi Mondiali che rivedranno le azzurre finalmente protagoniste.
Carolina, attenzione mediatica senza precedenti per quest'avventura azzurra; lei che ha vissuto i successi degli Anni Novanta,
ma anche le sofferenze precedenti e successive, se lo aspettava?
“Non si può negare che a tutte noi che apparteniamo a quella generazione, fa davvero piacere notare quest'attenzione. Non
nascondo che provo anzi la stessa emozione che ho sentito lo stesso 24 marzo, nel vedere l'Allianz Stadium di Torino con 40mila
persone per vedere Juventus-Fiorentina femminile”
Nel suo recente libro, La prima punta (edito da People) racconta proprio come sbocciò la sua passione per il calcio…
“L'essere figlia di un ufficiale di Marina mi ha aiutato, perché con la mia famiglia abitavamo in una struttura dove c'erano
diverse attrezzature sportive, e allora mi è venuto spontaneo cominciare a giocare a calcio, fin da piccolissima”
Insomma come capita a tutti i bambini maschi, tanto per sfatare subito qualche luogo comune…
“Esattamente, ma in Italia bisogna ancora spiegarle, queste cose. All'estero è un dato ormai acquisito, e il calcio uno dei
sport più praticati al livello femminile”
Cosa dobbiamo ancora imparare?
“Tanto: che, ad esempio, non c'è uno sport al maschile o al femminile, che è giusto dare a tutti le stesse opportunità, che
sarebbe giusto intervenire sulle strutture sportive, non solo al vertice, ma soprattutto alla base. E che bisognerebbe finalmente
assegnare allo sport il posto che merita nella società”
Anche perché il calcio femminile ha delle specificità tecniche – ad esempio minore fisicità, meno pressing – che rappresentano
anche una diversità rispetto al football dei maschi, fin troppo stereotipato?
“Su questo aspetto non sono del tutto d'accordo, perché il calcio maschile proprio quest'anno, anzi, ha offerto tanti stili
diversi messi a confronto: basti pensare al gioco dell'Ajax, del Liverpool , del Barcellona o del Manchester City. Quindi
bel calcio se n'è visto. Così come è bello il calcio delle donne, seppur meno veloce. Ma in Italia deve ancora arrivare al
massimo del suo potenziale: abbiamo appena iniziato a fare le cose sul serio, con il coinvolgimento delle società professionistiche.
Non dobbiamo avere paura di immaginare tutta la bellezza del nostro sport, del nostro calcio femminile”
Manca davvero poco, e la Nazionale, la “sua” Nazionale, tornerà a giocare in un Mondiale. Per lei, qual è la partita indimenticabile
in maglia azzurra?
“Tante, e tutte bellissime. Ma se devo sceglierne una è quella del 18 agosto 1990, quando a Wembley feci un poker di reti
all'Inghilterra. Ancora oggi è record assoluto, per gli uomini e per le donne. Più che medaglie e trofei, preferisco ricordare
queste emozioni; l'unico riconoscimento che conservo a vista in casa è quello che mi venne dato il giorno in cui venni ammessa
nella Hall of Fame del calcio mondiale”
E la prima partita ufficiale che hai giocato, la ricorda?
“Indimenticabile. Uscendo di casa, mia madre si raccomandò che non mi facessi male. Poi durante una fase di gioco un'avversaria
mi spinse e fui io, cadendo involontariamente, a mettere k.o. il portiere avversario in uscita. Insomma, mamma non poté rimproverarmi
di nulla”
Torniamo a Francia 2019. Bisognerà vedersela con Australia, Giamaica e Brasile. Possiamo arrivarci, al tanto sognato secondo
turno?
“Direi di sì. Non dimentichiamo che si qualificheranno anche le migliori terze. La prima partita con l'Australia sarà fondamentale,
perché loro sono forti e anche molto fisiche, e noi dovremo un po' superare l'emozione di trovarci di fronte uno stadio pieno
e tanta attenzione. Poi ci sono Giamaica e Brasile, temibili ma con parecchi problemi di risultati e sulle panchine. Ovvio
che le brasiliane hanno tutto dal punto di vista tecnico, ma possiamo dire la nostra contro chiunque”
Le favorite?
“Le solite: Stati Uniti, Germania, Francia, Inghilterra. E occhio all'Olanda come possibile sorpresa”
Guardiamo ancora al futuro del movimento: quel Juventus-Fiorentina del marzo scorso è il punto di non ritorno? Come si fa
a consolidarlo?
“Volendo, ci sono ancora tante cose da fare, a partire da un tetto salariale più adeguato alle possibili ambizioni dei nostri
club in Champions League. Il professionismo per le giocatrici? Anche su questo tema, dobbiamo trovare la nostra strada come
hanno fatto gli altri, del resto”
Sei un patrimonio del calcio mondiale: in questo scenario, in che ruolo ti vedi?
“Al momento, sono un'allenatrice e mi vedo bene così. Anche di squadre maschili, ovvio, se se ne presentasse l'occasione…”
Bomber di professione, abbiamo detto, ma per un istante si travesta da fantasista, e regali un assist al calcio delle donne…
“Se guardo al futuro, mi aspetto che molti scettici aprano gli occhi e cambino idea. E ricordo a tutti che il movimento femminile
rappresenta un patrimonio commerciale per ora sfruttato solo in minima parte…”
Assist al bacio, quello di Carolina. Che sarà bene non sprecare.
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