È l’uomo politico e l’economista che domina la prima relazione da presidente Consob di Paolo Savona. Di conseguenza, l’approccio
non può che essere macroeconomico ma, soprattutto, riaffiora il pensiero del professore che ha teorizzato la possibilità di
sconfessare le regole condivise e sottoscritte dall’Italia, dal Trattato di Maastricht al patto di stabilità, pur di ridare
fiato all’economia nazionale.
Eppure, l’approdo all’autorità che vigila sui mercati finanziari e sulla tutela del risparmio ha prodotto una strana metamorfosi
nel Savona pensiero, che a tratti nega e a tratti invece riconosce l’utilità di appartenere all’area euro.
La condanna delle convenzioni internazionali che misurano lo stato di salute di un paese è netta. I giudizi sull’Italia, dice,
«non di rado espressi da istituzioni sovranazionali, enti nazionali e centri privati appaiono prossimi a pregiudizi, perché
resi su basi parametriche finanziarie convenzionali che non tengono conto dei due pilastri che reggono la nostra economia
e società», ovvero risparmio (16 trilioni di euro) ben superiore all’utilizzo che ne fa il paese e competitività delle imprese
sui mercati internazionali.
Allo stesso modo per il presidente Consob gli indicatori adottati dall’Unione europea per stabilire fino a che punto può salire
il debito (con il famoso rapporto ideale del 60% sul Pil indicato dal trattato di Maastricht) sono convenzioni la cui efficacia
è tutta da dimostrare. «Non c’è una risposta univoca su quale sia il legame ottimale tra il debito pubblico e il Pil – ha
osservato - soprattutto se il rapporto è valutato in modo indipendente dallo stato di fiducia». E cita il Giappone, non caso
un paese che non ricade nelle regole di bilancio dell’area euro. «Se la fiducia nel paese è solida e la base di risparmio
sufficiente –ha detto – i livelli di indebitamento nell’ordine del 200% rispetto al Pil non contrastano con gli obiettivi
economici e sociali perseguiti dalla politica». Per garantire la sostenibilità dell’indebitamento, è sufficiente che «il suo
saggio di incremento resti mediamente al di sotto del saggio di crescita del Pil. Ogni indicatore che comporta l’esistenza
di un limite oggettivo alla crescita, come l’output gap, resta privo di validità storica e pratica, ancor prima che logica».
Mentre Savona parla, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, una delle istituzioni del network europeo chiamate
a monitorare la finanza pubblica, ascolta in silenzio e applaude timidamente alla fine.
È nel mezzo delle luci e delle ombre dei meccanismi certo non ben oliati e spesso contradditori dell’area euro che Savona
cerca di inquadrare il ruolo della Consob. Ma è proprio a questo punto, in tema di misure efficaci per consentire alle famiglie
di trovare strumenti sicuri in cui investire i propri risparmi, che il presidente coglie in contropiede chiedendo a gran voce
l’implementazione della garanzia pubblica europea di ultima istanza, a supporto dei Fondi nazionali di tutela dei depositi
bancari, per assicurare la stabilità monetaria e la protezione del risparmio. È uno dei tasselli che mancano per il completamento
dell’Unione bancaria.
È uno stare un po’ dentro e un po’ fuori dall’euro. Ma chissà, forse può essere anche questa la strada per trovare un nuovo
equilibrio più condiviso delle regole europee.
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