È un intreccio convulso e delicato. Le due partite che vedono e vedranno in campo il governo giallo verde nei prossimi giorni, quella per scongiurare la procedura di infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione della regola del debito e quella per indicare i principali vertici dell’Ue si incrociano inesorabilmente. Le date da segnare in agenda sono il 9 luglio, quando l’Ecofin deciderà se confermare la linea della Commissione e dell’Eurogruppo e aprire o meno la procedura contro Roma e, a stretto, strettissimo giro, il Consiglio Ue, giovedì e venerdì, 20 e 21 giugno, che vedrà i leader dei 28 Paesi dell’Unione affrontare il risiko nomine (ma non solo).
Al momento, nella rosa di nomi che circolano per gli alti incarichi Ue (Michel Barnier, Christine Lagarde, Guy Verofhstadt, Olli Rehn, Dalia Grybauskaite e altri ancora) non figura nessun italiano (oggi tre su cinque sono ricoperti da connazionali). L’Italia punta a ottenere un portafoglio economico di rilievo in Commissione (commercio, concorrenza, bilancio).
Nomine Ue in salita, Commissione non esclude proroga
Il pacchetto nomine è quello che dovrà prendere forma in tempi più stretti. L’obiettivo della due giorni che si svolgerà questa
settimana a Bruxelles è riempire almeno la casella del successore di Jean-Claude Juncker al vertice della Commissione europea.
Ma la situazione è ancora incerta, tanto che l’esecutivo comunitario ha messo le mani avanti chiedendo ai componenti dei gabinetti
degli attuali commissari la disponibilità a restare fino al prossimo febbraio nel caso in cui la nuova Commissione non riuscisse,
per qualsiasi motivo, a insediarsi alla scadenza fissata del primo novembre.
Il 2 luglio la scelta del presidente del Parlamento europeo
Un’altra data da segnare in agenda, anch’essa oramai alle porte, è il 2 luglio, quando il nuovo Parlamento europeo dovrà eleggere
il suo presidente. Sarebbe quantomeno poco in linea con la prassi che si arrivasse al voto senza un’indicazione “politica”
proveniente dai leader dei 28, specie considerando che la scelta dei “top job” (Commissione, Consiglio, Pe, Bce e Alto rappresentante
Ue) dovrebbe garantire un equilibrio complessivo tra criteri politici, geografici e di genere.
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La partita sui conti pubbblici si intreccia con quella delle nomine
Nomine Ue, ma non solo. Il governo italiano è chiamato a rispondere quanto prima ai dubbi dell’Ue sui conti, portando i nuovi
elementi che ha promesso. È possibile che mercoledì mattina, 19 giugno, Conte veda i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per condividere i contenuti dela lettera che il presidente del Consiglio invierà a Bruxelles nei giorni successivi. Nel
pomeriggio il capo del governo riferirà in aula alla camera sul vertice europeo del 20 e 21.
Il 26 giugno la raccomandazione della Commissione sulla procedura
La Commissione ha bisogno di tempo per valutare i nuovi dati prima di preparare la eventuale raccomandazione di apertura della
procedura contro l’Italia sul debito. Si guarda quindi adesso all’ultimo mercoledì di giugno, il 26, come data possibile per adottare la raccomandazione sulla procedura. Raccomandazione che dovrà poi essere comunque approvata
dall’Eurogruppo e dall’ Ecofin dell’8-9 luglio. Cruciale, e si ritorna alla casella di partenza, ovvero al dossier nomine,
il vertice europeo di giovedì e venerdì, quando il tema dei conti pubblici e della procedura di infrazione Ue, se non all’ordine
del giorno del Consiglio europeo, sarà inevitabilmente tra i temi affrontati. Conte incontrerà Juncker. Non è escluso che
già in quell’occasione venga espresso un parere sulla procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. La decisione finale
sarà comunque del Consiglio Ecofin dell’8 e del 9 luglio.
Cosa accade se l’Ecofin conferma la procedura
In caso di via libera alla procedura di infrazione, si aprirebbe la fase del “rientro” dalla posizione di eccesso di deficit
riscontrata. In questo caso entriamo in un terreno inesplorato, visto che la procedura, che potrebbe durare anche, in teoria,
2-3 anni, finora non si è mai conclusa per alcun paese. La Commissione stessa potrebbe dare a Roma un arco di tempo per adottare
le contromisure (forse entro 6 mesi). Se il governo italiano non si adegua, la Commissione, con la condivisione dell’Ecofin,
potrebbe formulare una seconda raccomandazione e dare all'italia un tempo più breve (2-3 mesi?) per adeguarsi.
Sanzioni e addio flessibilità
Se Roma non adotta le misure necessarie, Bruxelles potrebbe proporre che all’Italia sia imposto un deposito fruttifero pari
allo 0,2% del Pil (poco più di 3miliardi di euro). Il Consiglio Ecofin, entro 10 giorni, deve decidere a maggioranza qualificata
se rigettare la proposta di sanzioni. Sanzioni di questo tipo non sono mai scattare. Sarebbe la prima volta. Durante la procedura
di infrazione, l’Italia rientrerebbe nel “braccio correttivo” del Patto di stabilità: per Roma verrebbe meno ogni possibilità
di accedere a tutte le forme di flessibilità previste dalla Comunicazione della Commissione del gennaio 2015. E i conti di
Roma sarebbero sottoposti a un monitoraggio continuo da parte delle istituzioni comunitarie.
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