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Tre mosse possibili per far decollare l'efficienza energetica

Molta spesa, poca resa. E' il paradosso della modernizzazione energetica italiana. Che si consuma sul più intollerabile nonsenso. Ecco, ad esempio, il fiume di denaro prelevato in massima parte dalle bollette per incentivare malamente un mercato del fotovoltaico affidato troppo alla speculazione e troppo poco alla promozione di una filiera industriale nazionale. E' l'emblema delle occasioni perdute. Ci siamo cascati e stiamo tentando di rimediare. Ma rischiamo di cascarci ancora. Sarebbe un peccato. Perché lo scenario energetico, spinto dalla tecnologia, ci offre solide opportunità di riscatto. O di nuovi clamorosi fiaschi.

E' di nuovo l'ora delle scelte e delle prove. A Bruxelles si lavora, e ci si scontra, sui nuovi ambiziosi target della Ue sulle emissioni. L'Italia si è già dichiarata favorevole alla proposta della Commissione europea sul pacchetto clima ed energia per il 2030, con il nuovo ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti che continua sulla linea del suo predecessore Andrea Orlando. L'industria ribadisce tutte le sue perplessità. Ma se intanto ci chiedessimo anche come possiamo giocare, meglio di come facciamo, le nostre carte per diventare protagonisti o addirittura leader in questa corsa, anziché subire il ruolo di gregari pagatori?

Prendiamo la frontiera più produttiva: l'efficienza energetica. Dove l'industria e la ricerca italiana sono potenzialmente ai vertici. Ma dove stiamo sperimentando falle evidenti. Che si possono fortunatamente correggere. Ecco allora tre esempi emblematici. Con qualche possibile soluzione indicata dai migliori analisti.
Come trasformare in un volano per l'energia più efficiente e per l'intero sviluppo del Paese la certificazione energetica degli edifici? Come possiamo (perché ne avremmo tutte le virtù) diventare leader nelle automobili "mini ibride"? Come liberare le potenzialità delle pompe di calore?

Inutile nasconderselo. La certificazione energetica degli edifici rimane una farsa: norme che cambiano ogni pochi mesi e che producono certificazioni "obbligatorie" per le vendite e gli affitti spesso taroccate, che non servono a nulla se non alle impalcature della burocrazia. Cosa fare? Va innanzitutto allestito un modello di certificazione univoca, con schemi e regole semplici ed uniformi sul territorio (anche qui serve la riforma del Titolo Quinto della Costituzione?). I certificati devono essere curati da tecnici abilitati iscritti in un elenco, ma per evitare l'ennesima involuzione burocratica potrebbero essere considerati validi anche quelli compilati dal proprietario dell'immobile con l'ausilio di un software messo a disposizione via web dalle istituzioni governative. In questo caso l'attestato varrebbe come autocertificazione, soggetta a controlli a campione, con sanzioni in caso di irregolarità.

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