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Una doppia sfida per ripartire

Un'immagine nel centro storico dell'Aquila (novembre 2013)Un'immagine nel centro storico dell'Aquila (novembre 2013)

Una signora bruna con la camicetta a fiori e un'altra bionda con il camice da lavoro azzurro stanno cucendo a mano, nella loro piccola postazione, accanto a centinaia di operatrici assiepate nel vasto e luminoso reparto di confezione. Stanno applicando il collo a giacche del marchio abruzzese Brioni. Cuciono, mettono insieme le parti di capispalla uomo che, fuori da lì – siamo a Penne, nell'entroterra pescarese – costeranno tra i 3mila e i 50mila euro l'uno. E così, per 60mila capi l'anno.
Quest'immagine basta da sola a far capire quale sarà, nei prossimi mesi, la sfida per l'Abruzzo che deve riassestare la sua economia: cucire insieme le sue eccellenze fino a incrementare il suo appeal internazionale e diventare interessante per investitori italiani ed esteri. Come è accaduto a Brioni, non a caso, dal 2012, entrata nell'orbita del gruppo francese Kering. «Bisogna ripartire dalle eccellenze dell'Abruzzo – dice Francesco Pesci, ad di Brioni – e su queste costruire».

Un cammino non facile, certamente, come quello che sta facendo L'Aquila, colpita dal sisma del 2009, con centinaia di operai e tecnici di imprese provenienti da 93 province italiane impegnati nella ricostruzione in 2.700 cantieri, per un ammontare mensile di lavori che si aggira sui 110 milioni. «Abbiamo messo in piedi una macchina che va a mille - dice il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente - lo Stato deve solo darci la benzina per farla andare». Il problema delle risorse è serio, tant'è che il presidente di Confindustria Abruzzo, Mauro Angelucci, sottolinea che «si deve dare una soluzione definitiva, finale e su cui il Governo, le istituzioni locali e la politica non possono tergiversare. E non c'è rigore finanziario che tenga. Bisogna porre fine alle incapacità e ai rimbalzi di responsabilità, alla mancanza di risorse. Peraltro, le risorse da spendere, in quello che sarebbe il più grande cantiere d'Europa, avrebbero un ritorno enorme per tutta l'economia regionale e non solo, al pari di un grande programma di infrastrutturazione».

Tema, quest'ultimo, al centro dei pensieri del sindaco dell'Aquila che promette di restituire la città ricostruita (per la parte privata) al 2020: «Ma vogliamo ragionare su quanto, con tutto questo lavoro, sta rientrando allo Stato in tasse? Ed è già rientrato con tutti i lavori realizzati per la messa in sicurezza? Io lo voglio sapere, almeno sarebbe chiaro a tutti che sostenere la ricostruzione dell'Aquila ha una sua grande convenienza. E darebbe anche fiducia agli investimenti dei privati. L'Aquila ha due miliardi di depositi in banca, fermi per mancanza di fiducia».

Dunque, da una parte, le sarte di Brioni (20 ore di lavoro per un capo contro 1-2 ore per quelli industriali); dall'altra, le imprese che lavorano alacremente all'Aquila, specie nei cantieri del centro storico, vera e propria città-fantasma: ecco le immagini che si potrebbero apporre sullo sfondo del Teatro Flaiano, a Pescara, dove oggi pomeriggio (dalle 14,30) si terrà la convention di Confindustria Abruzzo "Ora ripartiamo. Abruzzo al 2020", alla presenza, tra gli altri, dei ministri Maurizio Lupi e Flavio Zanonato e della segretaria della Cgil, Susanna Camusso, e con le conclusioni del presidente nazionale di Confindustria, Giorgio Squinzi. «Siamo sulla soglia di una piccola ripresa. O la agganciamo o siamo destinati a morire», spiega il presidente Angelucci. «Dobbiamo spacchettare il territorio - propone il direttore di Confindustria Pescara, Luigi Di Giosaffatte – e vedere quali sono gli asset strategici per essere competitivi nel mondo e su questi fare una programmazione di medio e lungo periodo». Il direttore ha le idee chiare: «C'è l'automotive di Val di Sangro e il polo di settore. C'è l'asset moda nell'area vestina, che nel luxury non ha nulla da invidiare al mondo, e poi un agroalimentare già maturo in termini di qualità del prodotto con un futuro sui mercati emergenti. Ci sono alcuni progetti che possono trasformare il polo chimico di Bussi, con gli investimenti che il gruppo Toto intende mettere in campo (300 milioni per 300 addetti iniziali) e altri come quello di Alfa Wassermann che vuole insediare un polo di ricerca da 15 milioni. E c'è anche la filiera del terziario avanzato, nell'ingegnerizzazione degli impianti, nell'ambiente. C'è l'asset dell'informatica e dell'Ict. Senza dimenticare turismo, accoglienza, enogastronomia e cultura. Attorno a questi asset occorre fare progettualità e diffondere strategie di innovazione e internazionalizzazione». E sul fronte turismo in un recentissimo documento Ance, Cna, Confapi, Confartigianato, Confesercenti e Confindustria hanno parlato della necessità di «sviluppare una seconda industria che renda fruibile i quattro parchi nazionali, i siti archeologici, il sistema museale, i borghi: un patrimonio, da collegare con un'attività turistica strutturata».

Alfredo Castiglione, assessore regionale allo Sviluppo economico, sostiene che «la giunta Chiodi ha posto solide basi per contrastare gli effetti disastrosi di una crisi ancora in atto e per rilanciare azioni finalizzate a creare valore attraverso 13 poli d'innovazione e 48 contratti di rete, progetti che coinvolgeranno duemila imprese. Il polo dell'automotive studierà il furgone leggero e accompagnerà investimenti privati come quello di Sevel per 700 milioni». In tal senso – aggiunge l'assessore – va la decisione di «creare un'agenzia unica per le sette aree industriali» e il sostegno all'accorpamento dei confidi: «Ne abbiamo trovati 72, ora sono una ventina, speriamo di arrivare a una decina». A tutto ciò Castiglione aggiunge i contributi a fondo perduto (stanziati 20 milioni), per favorire assunzioni a tempo indeterminato nelle imprese.

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