La ricchezza finanziaria non crea “chance” solo a chi la possiede. Può favorire l’economia reale e lo sviluppo, meglio se fatto in modo sostenibile.In un contesto che fa i conti con una visione del futuro non sempre positiva, una bella fetta della popolazione (il 52, 4%) pensa che la ricchezza, anche elevata dei pochi, può essere una risorsa e non un costo parassitario. Un’opportunità per l'Italia se si stimolano i detentori a investirla bene. Insomma, prevale nella percezione comune una visione della ricchezza come strumento produttivo, attraverso l'investimento diretto o indiretto nell'economia reale, garantendo allo stesso tempo rendimenti per i detentori dei patrimoni e benefici per l'intera collettività.
Per il 70% dei detentori di grandi ricchezze finanziarie, gli investimenti devono avere ricadute positive su occupazione e redditi. Per il 46% degli italiani sarebbe opportuno ridurre le tasse sulle risorse investite nell'economia reale. Ma c’è anche un 25,1% che reputa la ricchezza finanziaria inutile perché i ricchi vivono a livello globale e portano i soldi lontano e un 22,5% che la reputa un furto con i ricchi egoisti e che operano a danno della collettività.
Il valore sociale della ricchezza
Sono queste le principali evidenze della ricerca sul “valore sociale” del Private
Banking, che Aipb, l’associazione delle banche Private, ha commissionato al Censis per verificare il sentimento della collettività
nei confronti della ricchezza, dei modi in cui è stata generata e i giudizi sul suo utilizzo. In un contesto di incertezza
e prevalente preoccupazione degli italiani per il futuro vince in questa fase la voglia di sviluppo: il 94,1% dei cittadini
ritiene che lo sviluppo economico sia molto o abbastanza importante; il 65,4% lo considera la base imprescindibile del benessere
proprio e familiare; il 28,7% trova che ci sia un nesso tra la crescita del paese e quella potenziale delle proprie attività
e risorse.
Residuali le quote che lo reputano tema vago e distante da interessi concreti (4,4%) o che si autodefinisce attento solo ai
propri interessi stretti (l’1,5%). Come si legge nel rapporto nell'Italia dei rancori, lo sviluppo viene visto dagli italiani
come la soluzione alle tante criticità anche sociali, e la good social reputation del Private Banking è legata al contributo
che daranno utilizzando al meglio l'elevato capitale fiduciario che hanno conquistato nel tempo con i propri clienti.
Gli operatori del Private Banking sono convinti che un'efficiente ed efficace gestione delle scelte finanziarie della clientela
possa e debba avere un impatto positivo anche per il Paese; se questo ruolo propulsivo dei patrimoni delle famiglie benestanti
fosse collettivamente riconosciuto, troverebbe un terreno ancor più favorevole al suo consolidamento, aiutando i decision
maker nel disegno di politiche volte a favorirne lo sviluppo e a rafforzarne il ruolo.
Per i ricchi il futuro è più roseo
I detentori di grandi patrimoni sono meno preoccupati per il futuro del Paese rispetto al resto degli italiani: il 46,5% contro il 62,2%. E sono meno propensi alla fuga all'estero: il 75,8% resterebbe in Italia anche se avesse la possibilità di andarsene, mentre tra gli italiani in generale la quota si riduce al 48,4%.
La voglia di Italia emerge anche dalle decisioni sugli investimenti, perché per il 73,5% dei detentori di grandi patrimoni l'investimento giusto deve generare valore anche per il proprio Paese, per il 70,4% deve avere ricadute positive su occupazione e redditi, per il 64,8% deve valorizzare i territori e le comunità di appartenenza, per il 59,5% deve essere socialmente responsabile, tutelare l'ambiente e favorire la qualità della vita delle persone. «Nell'analisi delle scelte di investimento della clientela Private - spiega Fabio Innocenzi, presidente di Aipb - la ricerca del Censis restituisce la descrizione di un gruppo sociale che, in un quadro economico finanziario globale e con dinamiche professionali sempre più sovranazionali, esprime comunque un'attenzione al proprio Paese, di cui dobbiamo tenere conto».
Il ruolo dei professionisti
Il 79,6% reputa utili i professionisti che orientano i grandi patrimoni verso investimenti funzionali a favorire l'economia reale. Per l'89,1% degli italiani i banker sono utili perché possono mettere in movimento le risorse per la crescita, per l'88,1% lo sono perché possono orientare i patrimoni verso investimenti che creano occupazione, benefici sociali, e non solo altri soldi per chi li possiede. Oltre a far guadagnare i propri clienti, il banker può orientare gli investimenti da cui derivino benefici per la collettività. In ciò si esprime il valore sociale del Private Banker, anello di congiunzione tra le ricchezze Private, per le quali deve garantire un giusto rendimento, e gli impieghi a favore del sistema economico e sociale del Paese.
Passaggio generazionale, sfida per l'economia italiana.
Dalle opinioni rilevate emerge il ritratto di un consulente capace di affiancare l'imprenditore in ogni situazione e nel quale
avere fiducia. Troppi sono in Italia i casi in cui il passaggio di un'azienda dall'imprenditore agli eredi genera crisi, con
gravi danni per l'impresa, i dipendenti e le comunità. Al momento, il 50,3% degli imprenditori non ha ancora pensato alla
trasmissione agli eredi del proprio patrimonio personale e aziendale. Di questi, il 32,2% tende a rimandare e il 18,2% non
è interessato a cosa accadrà dopo di lui. Con specifico riferimento al patrimonio aziendale, l'88,3% degli imprenditori non
ne ha cominciato il trasferimento agli eredi. Le principali difficoltà che pensano di incontrare sono: per il 36% riuscire
a garantire la continuità aziendale, per il 32,6% il timore di scontentare qualche erede, per il 21,8% individuare il sostituto
adatto.
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