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Fondi pensione, scatta l’obbligo di controllare i rischi ambientali

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previdenza

Fondi pensione, scatta l’obbligo di controllare i rischi ambientali

Arriva la “sostenibilità” nel mondo della previdenza integrativa italiana. A mettere i paletti sui fattori ambientali, sociali e di governance (Esg) ci ha pensato la direttiva europea Iorp2 sui fondi pensione recepita nella legge quadro 252 del 2005 (riforma Maroni) ed entrata in vigore il primo febbraio. Tanti gli aspetti affrontati da questa piccola rivoluzione decisa a Bruxelles. Qui ce ne occupiamo per la parte relativa alla sostenibilità che fa il suo ingresso negli uffici dei fondi pensione italiani: dovranno dotarsi di un ufficio di gestione del rischio o esternalizzare il servizio. E ci sono pure i fattori Esg tra i rischi da «individuare, misurare, monitorare, gestire e segnalare periodicamente». È l’articolo 5-ter che mette in fila tutte le attività da realizzare e nell’elenco dei rischi da considerare vi sono «i rischi ambientali, sociali e di governo societario connessi al portafoglio di investimenti e alla relativa gestione».

Nessun obbligo di investimento esg

«Quella della funzione gestione rischi è una vera novità – spiega Antonello Motroni dell’area economia e finanza di Mefop, società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione –. La funzione può essere creata all’interno del fondo o esternalizzata. I fattori Esg fanno parte dell’elenco dei rischi che i fondi pensione dovranno monitorare. Nella Iorp2 invece non sembrerebbero essere presenti obblighi di investimento in sostenibilità». Ecco dunque la prima distinzione importante: il fondo pensione non è obbligato a investire in aziende sostenibili ma deve verificare se le società partecipate possano essere a rischio Esg. Esempio: non sono obbligato ad avere in portafoglio aziende di energie rinnovabili; allo stesso tempo, però, se ho investito in miniere di carbone devo valutare i rischi ambientali di tale investimento e soprattutto sono obbligato a comunicarlo agli aderenti del fondo pensione.

Comunicazione e trasparenza

Ecco l’altro cambio di paradigma, oltre all’obbligo di gestione del rischio: è la comunicazione agli aderenti che deve avvenire «secondo modalità definite dalla Covip», l’authority di vigilanza dei fondi pensione. I funzionari Covip stanno lavorando già da settimane sui provvedimenti attuativi della Iorp2, per dare in modo rapido le indicazioni operative su tanti temi fra cui, appunto, l’informativa sulla politica di investimento. I fondi già fanno tanta comunicazione ma, stavolta, nei documenti dovranno spiegare «il modo in cui la politica di investimento tiene conto dei fattori ambientali, sociali e di governo societario». Il documento è riesaminato «almeno» ogni tre anni «nonché in modo tempestivo dopo qualsiasi mutamento rilevante della politica di investimento ed è messo a disposizione degli aderenti».

I diritti degli aderenti

Comunicazione per fare che? Qui si aprono le praterie dell’engagement (confronto fra fondi pensione e aziende partecipate) e del coinvolgimento degli aderenti. Infatti un 25enne, appena iscritto a una fondo, pretenderà tra 40 anni di lasciare il lavoro e vivere in un mondo con una temperatura normale e non surriscaldato a causa del cambiamento climatico; e quindi chiederà al proprio fondo di non investire in aziende che emettano tanta CO2. Tanto più che oggi lo prevede anche la legge. «La direttiva Ue Shareholder Rights, in fase di recepimento, è orientata a favorire un maggior coinvolgimento degli investitori istituzionali nella vita delle società partecipate – spiega Stefania Luzi, responsabile area economia e finanza di Mefop, esperta di sostenibilità –. Bisognerà sollecitare sempre più i fondi pensione italiani su tali temi». In particolare sull’engagement: «C’è da dire che il mondo della previdenza integrativa italiano non è all’anno zero. Ci sono fondi pensione che da tempo fanno engagement e in tanti hanno aderito a iniziative comuni, promosse dal fondo pensione Cometa attraverso Assofondipensione. È già un buon punto di partenza, ma si potrebbe fare di più soprattutto in materia di esercizio del diritto di voto», aggiunge Luzi. Bisogna adesso coinvolgere gli aderenti. Forse soltanto con una spinta dal basso, anche gli investitori istituzionali italiani si muoveranno con maggior forza sul tema della sostenibilità.

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