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Truffa diamanti, che cosa cambia per i risparmiatori danneggiati

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Truffa diamanti, che cosa cambia per i risparmiatori danneggiati

Vasco Rossi a parte, sono 22mila i risparmiatori rimasti coinvolti nella «tratta» dei diamanti d’investimento. Ecco alcuni dati che li riguardano direttamente: delle cinque banche coinvolte nei sequestri da 743 milioni effettuati ieri dalla Guardia di Finanza di Milano, risulta che Intesa Sanpaolo, Mps e UniCredit abbiano già dato corso ai rimborsi. Più riottoso il gruppo BancoBpm con Banca Aletti, forse anche perché coinvolto nell’«affaire» con volumi decisamente più robusti. Un’altra notizia utile per chi fosse incappato nella disavventura è che tra i beni sequestrati alle due società all’origine della vicenda, la fallita Intermarket Diamond Business e la Diamond Private Investment, figurano proprio i diamanti.

Sequestrati anche i diamanti
Sia quelli fisicamente custoditi nei caveaux delle due società, sia quelli stoccati presso terzi. A questo punto il compito di «censirli» e ripartirli spetterà, per la fallita Idb, al curatore fallimentare, Maria Grazia Giampieretti. Nel caso della non fallita Dpi, invece, il compito spetterà al custode giudiziario che verrà nominato proprio in queste ore dal Tribunale (sempre che il Tribunale del riesame convalidi i provvedimenti di sequestro firmati dal Gip Natalia Imarisio su impulso dell’aggiunto Riccardo Targetti e della pm Grazia Colacicco).

Occhio all’8 marzo
La cosa importante che riguarda (solo) i detentori di diamanti della società sottoposta a fallimento è non mancare la scadenza dell’8 marzo. Che cosa accadrà tra poco meno di un mese? A spiegarlo è l’avvocato Antonino La Lumia, esperto in diritto bancario, e impegnato sia in questo caso sia nelle cause contro le due banche venete (Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza) : «La scadenza è importante perché entro quella data occorre insinuarsi al passivo fallimentare per ottenere in rivendica le pietre già custodite da Idb».

La rivendica
«Si tratta di una insinuazione particolare - spiega l’avvocato - perché in questo caso non stiamo vantando dei crediti in senso tecnico ma rivendichiamo beni che già sono di proprietà dei clienti ma che sono stati lasciati in deposito presso la Idb». Rientrare in possesso dei diamanti diventa importante anche per un’altra ragione. A spiegarla è ancora La Lumia: «Ciò renderà possibile una perizia sulle pietre che potrà stabilirne il reale valore in modo definitivo. Secondo alcune stime, sino a questo momento non asseverate, infatti, il valore dei diamanti potrebbe essere drasticamente inferiore ai prezzi a cui sono stati venduti».

I risarcimenti
«Per ciò che riguarda i risarcimenti, poi, io come molti colleghi - prosegue La Lumia - sto agendo attraverso una procedura di mediazione. Anche per evitare costi ingenti ai nostri clienti tentiamo di aprire un tavolo di confronto e conciliazione con la banca puntando a rimborsi che siano parametrati all’esborso versato e solo qualora la banca si sottragga allora ricorriamo al giudice»

Quali argomenti per vincere in giudizio
La Idb si difende sostenendo che nel caso della vendita di diamanti non si sia trattato di collocamento di strumenti finanziari ma di vendita di beni reali. La conseguenza secondo i loro legali è che la normativa applicabile non sarebbe quella stabilita dal Testo unico della finanza.  E che cosa dice il Testo unico ? «La fattispecie è regolata dagli articoli 21 e seguenti della Legge Draghi - spiega La Lumia - Vi si afferma che il cliente, nell’aprire il rapporto con l’intermediario deve preliminarmente firmare un contratto quadro con la banca e poi, per ciascuna operazione, siglare diversi contratti esecutivi che riguardano i singoli investimenti». E sarebbe proprio la mancanza dell’accordo quadro che porterebbe alla nullità delle pattuizioni successive. Il problema è precisamente questo. Se non si trattasse di uno strumento finanziario allora a regolare la materia del contendere non sarebbe il decreto 58/98.

Quali conseguenze dopo il sequestro
Il sequestro deciso dal Gip milanese che effetto avrà sull’unica cosa che interessa agli investitori (cioè il rientro dei loro capitali)? In termini di tempistica non potrà che allungarli. Quando si apre un procedimento penale infatti ai normali tempi della giustizia civile si devono sommare quelli delle varie fasi delle indagini, che giungono alla loro conclusione, alla notifica agli indagati del avviso della loro chiusura (415 bis), alla fissazione del termine di venti giorni per gli indagati di chiedere di essere sentiti dal pm e di inviare memorie o produrre atti a difesa. Sotto l’aspetto qualitativo, invece, l’apertura di un’inchiesta penale potrebbe giocare a vantaggio dei risparmiatori.

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