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Le Borse guardano alla Bce e a Powell in attesa di sviluppi sui dazi

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Le Borse guardano alla Bce e a Powell in attesa di sviluppi sui dazi

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Gli investitori sui mercati azionari hanno preso alla lettera il “sell in May and go away”. Il maggio che ci lasciamo alle spalle è stato il peggior mese sui listini negli ultimi tre anni: l’euforia che aveva contrassegnato la prima parte del 2019 è improvvisamente svanita. A segnare lo spartiacque il riaccendersi della tensione intorno ai dazi Usa-Cina più di un mese fa, quando le trattative sembravano avviate a una conclusione positiva. I tweet di Donald Trump hanno avuto il sopravvento su tutte le altre variabili, compreso l’atteggiamento accomodante delle banche centrali . La settimana che si apre sarà un test importante per capire quanto gli istituti di emissione possono ancora condizionare i mercati azionari, in un contesto di forte volatilità e incertezza.

Attesa per le parole di Powell

Tra i market mover svetta ciò che dirà martedì 4 giugno (ore 15.45 italiane) il Presidente della Fed James Powell: dai toni del suo speech in relazione alla attuale correzione degli indici si potrà desumere se la banca centrale americana alla riunione del 19 giugno manterrà, come previsto dai Fed funds (che scontano una probabilità di rialzo al 20%), i tassi invariati oppure se, diversamente, potrebbe sorprendere tutti. «Nel primo caso, il più probabile - spiega Carlo De Luca, responsabile Asset Management per Gamma Capital Markets - non si avrà alcuna reazione particolare. Diversamente, se lo speech dovesse essere più dovish del previsto, la Borsa reagirebbe positivamente e il dollaro si deprezzerebbe in base alla retorica del “bad is good” che ritroviamo ogniqualvolta la Fed è in fase accomodante per cui tutti i successivi dati macroeconomici negativi verrebbero visti positivamente affinché la banca centrale riduca il costo del denaro».

In arrivo la disoccupazione Usa a maggio

L’inizio di ogni mese porta all’attenzione il dato macro Usa più importante: la creazione di posti di lavoro a maggio e la disoccupazione non agricola. Venerdì 7 giugno il mercato si aspetta la creazione di 190mila nuovi posti di lavoro, dopo l’exploit di 263mila di aprile. Il tasso di disoccupazione dovrebbe risalire al 3,7% dopo il minimo da 50 anni del 3,6% toccato in aprile. La crescita delle paghe dovrebbe restare stabile al 3,2% annuo. Il City surprise index, che viene calcolato ogni giorno e che mostra quanti dati hanno sorpreso rispetto alle attese, ci mostra che i primi quattro mesi dell'anno hanno prevalso le sorprese al ribasso. Da segnalare anche che negli Usa lunedi verrà pubblicato l'indice Ism manifatturiero (prevista una conferma della fase discendente che dovrebbe fermarsi a 53 ma che si avvicina sempre di più alla soglia di 50, sotto la quale verrebbe confermata una fase di rallentamento forte per l'economia americana).

Riflettori sul meeting Bce

Da non dimenticare che giovedi si riunisce il consiglio direttivo la Bce per la decisione sui tassi: anche in questo caso non si prevedono soprese e infatti gli investitori si concentreranno sulle novità che verranno annunciate sul nuovo Tltro3. «A fare la differenza - continua De Luca - sarà l'eventuale “sconto” che la Bce potrebbe concedere sul tasso delle operazioni. Attualmente è indicizzato al tasso di rifinanziamento principale anziché quello sui depositi come nella precedente operazione». Martedì sarà diffusa l’inflazione nell’euro zona . Attualmente l’indice sta all’1,7%, al di sotto dell’obiettivo del 2%. L’inflazione”core” è comunque in recupero all’1,2%, il livello più alto del 2017, e dimostra che la domanda all’interno dell’area mostra ancora una dinamica positiva.

Test Ue per l’Italia

Per gli asset italiani c’è un altro appuntamento da segnalare con il cerchietto rosso. Il prossimo 5 giugno, mercoledì, insieme alle raccomandazioni da Bruxelles per ogni Paese membro, la Commissione Ue potrebbe proporre l'avvio di una procedura di infrazione. Questa opzione era stata ventilata e poi abbandonato la scorso autunno dopo che il Governo italiano decise di modificare il rapporto deficit/Pil della manovra abbassando la soglia al 2,04 per cento.

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