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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2014 alle ore 21:07.
L'ultima modifica è del 07 febbraio 2014 alle ore 21:15.

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La quiete prima della tempesta: in attesa dei fuochi d'artificio del weekend (da «The Monuments Men» di George Clooney a «Nymphomaniac» di Lars von Trier) il Festival di Berlino ha vissuto una giornata priva di grandi colpi di scena.

Una piccola sorpresa è però arrivata da «Jack» di Edward Berger, primo dei quattro titoli tedeschi inseriti nel concorso di questa edizione.

Protagonista è un bambino di 10 anni, membro di una famiglia disfunzionale composta da una madre poco presente e da un fratellino di cui sarà lui stesso a doversi prendere cura.
Ambientato proprio a Berlino, «Jack» è un duro dramma dal sapore neorealista che ricorda diverse pellicole italiane degli anni '40: in particolare «Sciuscià» e «Ladri di biciclette», entrambi diretti da Vittorio De Sica e scritti da Cesare Zavattini.

La cinepresa di Berger si pone a misura di bambino, seguendo il piccolo protagonista in tutte le sue disavventure con buona tecnica e grande rigore formale.

Non tutte le sequenze appaiono strettamente necessarie, ma il film cresce alla distanza e riesce a regalare un finale emozionante e inatteso.

Straordinaria performance del giovanissimo Ivo Pietzcker, nei panni di Jack, da tenere in grande considerazione per il premio al miglior attore.

Buona performance è anche quella del ben più esperto Forest Whitaker in «La voie de l'ennemi» di Rachid Bouchareb.

L'attore interpreta un ex detenuto che, appena uscito da una prigione del Nex Mexico, cercherà di costruirsi una nuova esistenza.

Il parigino Rachid Bouchareb (autore di «London River» e «Uomini senza legge») si è ispirato al film «Due contro la città» (1973) di José Giovanni: rispetto alla pellicola precedente, «La voie de l'ennemi» manca di mordente e fatica a trasportare adeguatamente la vicenda ai giorni nostri.

Una buona fotografia e alcune interessanti soluzioni sonore non bastano a nascondere gli evidenti difetti di un prodotto piatto e derivativo che, nonostante l'intensa prova di Whitaker, conferma la preoccupante involuzione che ha subito il cinema di Rachid Bouchareb negli ultimi anni.

Infine, da segnalare l'ultimo titolo in concorso della giornata: «'71» di Yann Demange, pellicola che racconta il crescente conflitto nordirlandese, tra cattolici e protestanti, attraverso gli occhi di un soldato britannico chiamato a Belfast nei primi anni '70 per adempiere al suo dovere.

Se l'inizio risulta adrenalinico e coinvolgente al punto giusto, col passare dei minuti «'71» sembra perdere l'orientamento e Demange non riesce ad approfondire il contesto sociopolitico di riferimento.

Più che gli scontri a fuoco e i bombardamenti, colpisce la totale assenza di originalità in un film che sa troppo di già visto e di cui si poteva tranquillamente fare a meno.

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