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Cultura-Domenica Teatro e danza«Amami, Alfredo!», cinque curiosità sulla Traviata

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«Amami, Alfredo!», cinque curiosità sulla Traviata

1. Giuseppe e… Giuseppina
E' probabile che tra le fonti di ispirazione per Verdi, nella stesura della Traviata, abbia giocato un qualche ruolo Giuseppina Strepponi. Ex stella della lirica e insegnante di canto, la Strepponi conobbe Verdi nella comune residenza parigina. In età avanzata, il sodalizio avviato con le prime collaborazioni si trasformò in una liaison vera e propria. La convivenza dei due nella villa in campagna del Maestro, a Sant'Agata, non era vista di buon occhio dalle malelingue del suo borgo d'origine, Busseto. Verdi, seccato dai pettegolezzi che circolavano sulla sua prima relazione ufficiale dopo la morte della moglie, scriveva al suocero: "In casa mia vive una signora libera, indipendente, amante come me della vita solitaria, con una fortuna che la mette al coperto di ogni bisogno. Né io né lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni".

2. La sfida ai censori "con tutto il piacere"
A differenza di un illustre contemporaneo come Richard Wagner, Verdi non amava sbilanciarsi in commenti. A voce, almeno: dai carteggi intrattenuti con amici, parenti, colleghi e – all'occorrenza – censura, emerge una verve ben più polemica di quella esibita nei suoi interventi pubblici. In una lettera all'amico Cesare de Sanctis, Verdi pronostica gli urti alla morale comune che la sua Traviata (all'epoca ancora intitolata Amore e Morte) avrebbe prodotto: "A Venezia faccio la Dame aux camélias, che avrà per titolo, forse, Traviata. Un soggetto dell'epoca. Un altro forse non l'avrebbe fatto. Pei costumi, pei tempi e per altri mille altri goffi scrupoli, io lo faccio con tutto il piacere". In realtà, con o senza i "goffi scrupoli" attribuiti ai colleghi, Verdi avrebbe dovuto accontentare la censura veneziana con una retrodatazione che ambientava la Traviata un secolo e mezzo prima del dovuto. Dove i "costumi e i tempi" risultavano molto meno riconoscibili, e quindi, urticanti per i pubblico (e i finanziatori).

3. La partitura del "grande fiasco"
Daniele Gatti, sul podio nella prima scaligera, ha definito "un dono" la commissione dell'opera. La Traviata non aveva mai fatto breccia tra le sue preferenze, in un repertorio verdiano eseguito "con troppi cliché" da alcuni predecessori. Gatti ha inserito nelle partiture del 7 dicembre estratta da quello che è noto come "il fiascone" del 1853: la prima assoluta dell'opera, sommersa dai fischi di una Fenice che non gradiva né il soggetto né una compagnia di canto inadatta alla composizione verdiana. Un tabù rimasto intatto per 150 anni, dalla performance nel teatro di San Benedetto che avrebbe consacrato i tormenti di Violetta Valery tra i capolavori della lirica mondiale. Gatti, direttore di fama mondiale, è nato a Milano, si è diplomato al conservatorio Giuseppe Verdi e ha debuttato alla Scala a soli 27 anni. Qualcosa in più di un "dono", la sua scelta per la Notte di Sant'Ambrogio che chiude il bicentenario verdiano...

4. La narrazione a ritroso
A volte confusa con il suo romanzo di ispirazione, la Signora delle Camelie, la Traviata riprende solo in parte l'eredità letteraria di Dumas. Resta la vocazione autobiografica, nettissima nel best seller francese e più sfocata in Verdi. Cambiano le tinte: più crude e realistiche tra le pagine di Dumas, "psicologiche" e intimistiche nella ricostruzione di Verdi. La sofferenza di Violetta, alter ego italiano della Alphonsine di Dumas, è inscenata con una tecnica inusuale per l'epoca: la narrazione a ritroso, quella che oggi definiremmo "flashback". I tre atti ripercorrono la crisi di Violetta, dai sussulti che anticipano la morte, all'amore irrisolto per Alfredo (il celeberrimo "Amami, Alfredo!") alla mondanità scostumata degli anni di Parigi. Sfuma la passionalità dell'autore: Dumas aveva conosciuto e amato nella vita reale Alphonsine, la cortigiana di altissimo bordo scomparsa a soli 23 anni.

5. Libretto scritto in soli 5 giorni
Francesco Maria Piave scrisse il libretto dell'opera in appena cinque giorni. Piave, direttore degli spettacoli alla Fenice dal 1842 e alla Scala dal 1859, può essere considerato l'autore più fedele al Maestro. Nonché, senza dubbio, il più proficuo: ben 10 i libretti a sua firma, da Ernani a La Forza del Destino. A quanto risulta Piave aveva tentato in giovanissima età la carriera ecclesiastica, salvo seguire il suo interesse musicale e formarsi con la famiglia a Roma.

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