Secondo Richard Yu, il ceo di Huawei, in futuro sopravviveranno solo 3-4 produttori di smartphone, una premonizione che ricorda quella di Sergio Marchionne, che nel 2008 disse che presto ci sarebbe stato spazio soltanto per sei gruppi automobilistici. Il 2008 fu un anno rivoluzionario per la telefonia: iPhone e poi Android spazzarono i leader di allora, tolsero le tastiere dai telefoni, invasero gli homescreen di applicazioni. Che si realizzi o no lo scenario tinteggiato da Yu ai cronisti, a margine del Mobile world congress conclusosi a Barcellona, le similitudini tra auto e smartphone oggi sono più d’una. Alla fiera della tecnologia mobile ciò che occupava i pensieri di produttori di hardware, chip e pezzi di software erano soprattutto i dati di Gartner che certificano il primo calo delle vendite nella storia degli smartphone (-5,6%): 408 milioni di pezzi nel quarto trimestre 2017 contro i 432 milioni dello stesso periodo del 2016.
È difficile sostenere che quello smartphone di cui non riusciamo a fare a meno sia in crisi. Succede altro: «Gli smartphone - ha spiegato al Wall Street Journal Sean Cleland, direttore mobile di B-Stock Solutions, società di aste americana - oggi ricordano da vicino l’industria dell’auto. Voglio ancora guidare una Mercedes, ma posso aspettare un paio di anni e comprare il modello precedente». È un pezzo di spiegazione della ricerca: «Si assiste - spiega Roberta Cozza, analista di Gartner - all’effetto combinato di due fenomeni. Nella parte alta del mercato i consumatori faticano a capire le ragioni per cui devono spendere per un telefono da 800-1.000 euro, e oltre. Ritengono l’innovazione non percepibile. Mentre nella fascia bassa gli smartphone con sistema operativo Android non li tentano. E così comprano un feature phone». Ovvero quella categoria di telefoni che possono fare molte cose pur senza potersi definire smartphone, con un sistema operativo proprietario.
In molti, a Barcellona, hanno ascoltato con sorpresa annunciare da Florian Seiche, ceo di Hdm Global, il marchio finlandese che ha ottenuto le licenze per vendere telefoni con marchio Nokia «oggi siamo i numeri uno nei feature phone». Vuol dire che l’ex leader Nokia oggi per far parlare di sé deve puntare sull’operazione nostalgia di rimettere sul mercato modelli celebri, come il 3310 e l’8810, riaggiornandoli. E andando a favorire la sua presenza sulla fascia più “povera” del mercato.
Il parallelo con il mondo dell’auto si traduce anche nella fortissima crescita del mercato dei cellulari usati e ricondizionati, ovvero messi sostanzialmente a nuovo. Sul sito di Apple non si fa in tempo a cercare un’offerta che già è andata esaurita, mentre è più facile con l’iPad. Quella dei ricondizionati è la fetta di mercato che sta crescendo più in fretta nel mondo smartphone, conta circa il 10% dei nuovi telefoni venduti secondo i numeri di Counterpoint Technology. Per non parlare delle offerte commerciali. Negli Usa il modello di abbonamento pluriennale con l’operatore è un fenomeno ormai consolidato, ma adesso sta prendendo le forme del leasing, sul modello auto. Infine, i produttori per spingere la sostituzione dei vecchi terminali varano politiche commerciali piuttosto spinte. Samsung ha appena lanciato il Galaxy S9, uno dei prodotti al top del mercato. In Italia fino al 15 marzo c’è un programma di supervalutazione dell’usato: se in buone condizioni si può restituire il proprio smartphone usato ottenendo fino a 450 euro di contributo. E non si parla solo di modelli della casa coreana: si può rendere anche un iPhone, Huawei, Lg e così via.
Enrico Pappolla, senior director endpoint solution mobile di Techdata, uno dei principali distributori di elettronica di consumo nel mondo, resta ottimista: «Il ciclo di vita si è allungato soprattutto per la crescita del prezzo dei telefoni, anche in Italia. Il discorso è evidente per Apple, che con iPhone X ha superato la soglia psicologica dei 1.000 euro con il modello base, ma anche Samsung e Huawei lo hanno fatto. Queste tre aziende hanno in mano l’85% del mercato italiano in termini di valore, circa il 75% come volumi. I telefoni costano di più e si cambiano meno spesso. Prima uno smartphone si teneva per 12-14 mesi, ora almeno 20 mesi. Detto questo, in Italia nel 2017 si sono venduti 18 milioni di smartphone, sono un pochino scesi ma venivano da anni di corsa senza sosta e persino difficile da spiegare. E comunque i prezzi medi sono saliti». Secondo i dati di Comscore la fascia tra i 170 e i 250 euro è la più rappresentata, con un complessivo 19,7% di utenti, seguita dalla fascia oltre i 400 euro (al 16,4%) riservata agli smartphone top di gamma.
La crescita dei prezzi non è casuale. I produttori hanno bisogno di essere profittevoli nel momento in cui per distinguere uno smartphone dall’altro bisogna spendere molto in ricerca. L’iPhone X ha un una serie di sensori che con la fotocamera frontale permette di sbloccare il telefono con il volto. È una tecnologia costosissima, così come lo è la ricerca sull’intelligenza artificiale. Dall’ultima trimestrale di Apple si è visto come il nuovo modello non abbia favorito la crescita di vendita come volumi, in calo e sotto le attese degli analisti, ma abbia avuto il vantaggio di alzare di 100 dollari il prezzo medio dell’iPhone (Asp) a 796 dollari. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, chi costruisce telefoni ha margini piuttosto scarsi, a eccezione di Apple che oltre a riuscire a tenere i prezzi medi elevati monetizza i servizi. Ovvero la vendita di app, di spazio di archiviazione cloud, film. Gli altri produttori si affidano a Google per il sistema operativo. Per questo Samsung fa i soldi soprattutto vendendo chip. Mentre Huawei ha fatto una cavalcata poderosa, che però è stata favorita dal potente business pre-esistente delle reti. Negli ultimi trimestri ha avuto margini sottili anche per la spesa in marketing. Richard Yu sostiene che resterà solo chi ha una buona quota di mercato, anche se alcuni outsider si sono distinti negli ultimi anni, come i cinesi OnePlus e Xiaomi, che a breve arriverà nel mercato italiano. Il prossimo grosso salto tecnologico è il 5G, tra un paio di anni. I primi telefoni con il modulo 5G arriveranno l’anno prossimo. Ma non ci sarà una corsa alla sostituzione: le nuovi reti avranno bisogno di tempo e avranno applicazioni nel mondo della sanità, nell’industria e nell’internet delle cose. Lo smartphone è però destinato a rimanere a lungo come luogo privilegiato delle interazioni digitali e con le macchine: quello che è più difficile capire è su quali modelli di business potrà reggersi, e chi saranno i protagonisti.
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