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Dossier | N. (none) articoliFacebook e il datagate

Cambridge Analytica, Bannon attacca Facebook: «Prende gratis le nostre vite e le rivende»

Stephen Bannon. (AFP PHOTO / Don Emmert)
Stephen Bannon. (AFP PHOTO / Don Emmert)

Lo scandalo Cambridge Analytica e il caso Russiagate potrebbero essere collegati da un filo sottile, e nelle ultime ore si è fatta concreta la pista di un'indagine ad hoc che possa fare chiarezza. Ma in questa miscellanea di eventi, c'è già un personaggio chiave. Una sorta di denominatore comune in carne e ossa. È Steve Bannon, il celebre ex spin doctor di Donald Trump, ideologo della destra radicale e stratega che ha portato il tycoon alla Casa Bianca. Bannon, che la scorsa estate è stato silurato da Trump dopo i fatti di Charlottesville, è già stato chiamato a testimoniare davanti al gran giurì sui possibili legami tra l'entourage del Presidente Usa e la Russia. E oggi compare in modo importante nella storia di Cambridge Analytica, società per la quale ha ricoperto il ruolo di vicepresidente negli anni passati. Due particolari probabilmente inscindibili, dei quali si discuterà ancora a lungo. E che alimentano pesantemente il dubbio che possa esserci proprio Bannon dietro il datagate di Cambridge Analytica.

Dito contro Facebook
Nelle ultime ore, però, proprio l'ex stratega di Trump ha rotto il silenzio, respingendo ogni accusa e puntando pesantemente il dito contro il social network di Mark Zuckerberg. «I dati di Facebook sono in vendita in tutto il mondo», ha detto Bannon durante una conferenza stampa a New York, facendo intendere che il vero problema dello scandalo emerso in questi giorni sia Facebook e non Cambridge Analytica: «I dati sono tutti lì, Facebook si prende le tue cose gratis, poi le vende e monetizza con ampi margini. Scrivono algoritmi in grado di controllare la tua vita». Parole pesantissime, che arrivano in un momento molto complicato per la storia di Facebook.

L'ex consulente di Trump ha detto anche di aver contribuito alla fondazione di Cambridge Analytica, rivendicando con orgoglio la scelta del nome («un colpo di genio»), ma di non essere a conoscenza del mining su Facebook («non ne sapevo nulla») e di non ricordare di aver comprato dati dal social da usare per influenzare gli elettori. Poi ha accusato Scl - la società madre che controlla Cambridge Analytica – di «giocare sporco», e ha escluso categoricamente il coinvolgimento del miliardario Robert Mercer, finanziatore della campagna elettorale di Trump e fondatore della società londinese, nello scandalo dei dati di 50 milioni di utenti che sarebbero stati utilizzati a scopo elettorale.

La nuova mossa di Facebook
Per Bannon, dunque, il vero problema è Facebook, la raccolta dati che viene effettuata su quella piattaforma e il business che gli gravita attorno. Proprio dagli uffici di Menlo Park, arriva un nuovo paragrafo della linea difensiva, e stavolta lo firma il direttore operativo Sheryl Sandberg che in una intervista alla Cnbc ha detto: «Siamo aperti a una regolamentazione. Lavoriamo con i legislatori di tutto il mondo». La Sandberg ha anche spiegato il perché le parole di Zuckerberg siano arrivate solo 5 giorni dopo l'esplosione dello scandalo: «Certamente abbiamo parlato troppo lentamente», ha detto, aggiungendo che avrebbero voluto parlare molto prima ma «stavamo cercando di andare al fondo della questione». Infine, uno sguardo al futuro: «Sappiamo che c’è un problema di fiducia. È un momento critico per la nostra società, per il servizio che forniamo, e faremo tutto il possibile. La fiducia delle persone è la cosa più importante che abbiamo».

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