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Zuckerberg in bilico, i primi investitori lo vogliono fuori. E lui…

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Zuckerberg in bilico, i primi investitori lo vogliono fuori. E lui testimonierà al Congresso

Era il 18 marzo scorso quando, con un comunicato, Facebook annunciava la sospensione degli account in possesso alla società di marketing Cambridge Analytica. Poche righe che sembravano aprire e chiudere un caso destinato all'oblio. E invece erano solo la prima scossa di un terremoto che sta destabilizzando il social network più grande, la sesta società più importante al mondo per capitalizzazione di mercato. Un sisma che porterà Mark Zuckerberg a testimoniare l’11 aprile al Congresso e che potrebbe condurre anche alla conclusione più inattesa: le sue dimissioni dalla carica di Ceo di Facebook. Un'ipotesi che al momento non pare essere neanche in discussione. Ma alcuni investitori nelle ultime ore hanno iniziata a tirarla in ballo, e la storia dei colossi californiani racconta che non sarebbe la prima volta.

Scott Stringer, uomo forte dei fondi pensione di New York City e con una partecipazione in Facebook da un miliardo di dollari, è fra i primi a chiedere la testa di Zuck, lanciando il sasso nello stagno. Secondo lui, Facebook dovrebbe scuotere il suo consiglio di amministrazione e sostituire Mark Zuckerberg con un nuovo presidente per ritrovare la fiducia degli utenti. Zuckerberg, giova ricordarlo, è fondatore, presidente, Ceo e azionista di controllo di Facebook. Ma alla luce dello scandalo Cambridge Analytica, Stringer chiede un presidente indipendente e tre nuovi amministratori, con esperienza in materia di dati ed etica, in grado di garantire che Facebook protegga la privacy: «È l'ottava azienda più grande del mondo. Hanno due miliardi di utenti. Si trovano in acque incerte e non si sono comportati in modo tale da far sentire la gente a proprio agio su Facebook» ha detto Stringer alla Cnbc.

Per la prima volta «Zuck» è in discussione
Parole importanti, perché delineano una rottura forte col passato. È la prima volta, infatti, che un grande azionista mette in dubbio la leadership di Zuckerberg chiedendo di rivedere il consiglio di amministrazione di Facebook. E non è per niente escluso che queste dichiarazioni possano far esplodere un importante effetto domino. Da quando il whistleblower Christopher Wylie ha raccontato al mondo i segreti di Cambridge Analytica, le azioni di Facebook sono crollate (-16%), e ha bruciato circa 100 miliardi di dollari. Il timore degli investitori è che possa trattarsi di una crisi irreversibile. E forse per questo la poltrona di Zuckerberg non può essere considerata così solida come qualche mese fa. Va detto che pochi giorni dopo l'esplosione di questo datagate, lo stesso Ceo aveva incassato la fiducia del consiglio di amministrazione. Sue Desmond-Hellmann, lead director del board di Facebook, aveva risposto così al sito BuzzFeed. «Mark e Sheryl (Sandberg, Coo di Facebook) sanno quanto sia grave questa situazione e stanno lavorando con il resto della leadership di Facebook per costruire protezioni più forti per gli utenti. Hanno costruito l'azienda e il nostro business e sono fondamentali per il suo futuro». Il Cda del colosso di Menlo Park, del resto, è composto da uomini molto vicini a Zuck.

Il caso Uber e le paure di Zuck
C'è un caso, tra gli altri, che merita però di essere menzionato. Ed è quello di Uber, che nei mesi scorsi si è trovata davanti a uno scandalo enorme. Uno scandalo che è costato carissimo al Ceo e fondatore Travis Kalanick, costretto alle dimissioni dagli investitori. Va detto che la storia di Facebook e quella di Uber non sono identiche, pur avendo dei punti in comune (in entrambi i casi l'ombra degli scandali sta pesando sul fattore finanziario). Ed è difficile, oggi, credere che Zuckerberg possa essere messo alla porta. Tuttavia, le ultime dichiarazioni dello stesso Ceo hanno fatto trasparire un certo timore. Zuckerberg, rispondendo alle accuse di Tim Cook, ha anche detto chiaramente che i problemi che riguardano Facebook richiederanno anni di impegno per trovare una soluzione. Parole che non sono suonate come un'iniezione di fiducia, e che hanno lasciato molte perplessità fra gli investitori. Per questo, oggi, l'impressione più diffusa è che Cambridge Analytica possa essere solo la punta di un iceberg enorme. E che Zuckerberg ci stia andando a sbattere contro violentemente.

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