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Apple, cosa sappiamo dell’evento più importante dell’era Tim Cook

San Josè - È il momento della tv, anzi “It’s show time” recita il titolo di uno degli eventi più importanti per Apple degli ultimi dieci anni. Innanzitutto perché molto diverso dai precedenti. Niente hardware, al punto che Tim Cook nell’ultima settimana ha annunciato via twitter i nuovi iPad, AirPods e Mac. Prima di oggi avrebbero meritato un evento ad hoc. Focus su contenuti e servizi. A partire dai video. Poi news e forse videogiochi. Nella biografia di Walter Isaacson, Steve Jobs racconta all’autore di aver trovato una strategia per la tv. Sono passati 7 anni e quel momento è arrivato. E coincide con una fase chiave dell’azienda: il passaggio da produttore di tecnologia a distributore di contenuti. Qualcosa nato già ai tempi di iTunes e App Store, ma che sta accelerando nel momento in cui le vendite di hardware rallentano.

IL SERVIZIO TV
Allo Steve Jobs Theater di Cupertino sono attese star di Hollywood, registi, producer: tipi umani piuttosto differenti dai nerd di tecnologia che battono le mani quando si parla di processori e intelligenza artificiale, ma anche dagli imprenditori e venture capitalist della Silicon Valley. Sono uscite diverse indiscrezioni sull’offerta che dovrebbe mettere in campo Apple: un servizio in abbonamento al cui interno si troveranno contenuti prodotti da Apple insieme a film e serie tv di altri. Per non lasciare spazio a dubbi, il ceo di Netflix, Reed Hastings, pochi giorni fa ha chiarito che la sua azienda non sarà della partita. «Vogliamo distribuire noi i nostri contenuti», ha detto. Lo stesso dovrebbe fare Hulu, altro protagonista della tv via streaming. Quando in Italia saranno le 18, le 10 di mattina in California, sarà questo uno dei dettagli più importanti: chi ha firmato l’accordo con Apple? Al lancio dovrebbero esserci Hbo, Showtime e Startz per 9,99 dollari ciascuno, scrive Wall Street Journal. Ci sarà Disney, che a settimane annuncerà il suo servizio streaming?

LE SERIE PRODOTTE DA APPLE
Anche le serie originali Apple saranno a pagamento. Secondo il New York Times in questi mesi Apple avrebbe prodotto una dozzina di serie originali, con grandi nomi quali Reese Witherspoon, Jennifer Aniston, Brie Larson, Jason Momoa, Octavia Spencer, J.J. Abrams, M. Night Shyamalan e Steve Spielberg. Apple ha investito 2 miliardi di dollari l’anno per le sue produzioni originali, una cifra ragguardevole ma lontana dai 10 miliardi annunciati da Netflix. Sembra che Apple voglia concentrarsi su poche produzioni di qualità. Come scrive Peter Kafka su Recode, questo tuttavia potrebbe essere il segnale che Apple voglia soprattutto diventare la piattaforma di distribuzione per i video online, con le produzioni originali che danno lustro ma non sono il core business.

APPLE NEWS MAGAZINE
La strategia è più chiara per quella che sarà la riedizione di Apple News. Esiste già negli Stati Uniti e in altri paesi anglofoni un aggregatore di notizie di vari editori curato da una redazione: negli Stati Uniti la direttrice è Lauren Kern, ex New York Magazine. Un po’ come fa Samsung con Upday, aggregatore preinstallato sugli smartphone curato da Axel Springer. La novità è che ora Apple passerà a una versione in abbonamento, che dovrebbe aggirarsi sui 10 dollari al mese. E aggiungere contenuti. Il Wall Street Journal sembra che abbia siglato un accordo con Apple per fornire parte dei suoi articoli, quelli più generalisti, al punto da aver assunto nuovi giornalisti per produrre questi contenuti. Mentre New York Times e Washington Post al momento hanno preferito declinare per mantenere il controllo della distribuzione e la relazione con il cliente.

È un tema non nuovo: già quando i primi giornali portarono le loro versioni digitali nell’App Store, il Financial Times puntò al contrario su una web app per arrivare al lettore senza intermediari. Oltre al tema dei dati (mail, abitudini di lettura eccetera) c’è quello economico: sembra che Apple chieda agli editori il 50% dei ricavi generati attraverso Apple News, più che nell’App Store dove a seconda delle categorie la percentuale che si prende Apple è tra il 30 e il 15 per cento.

UNA NUOVA CARTA DI CREDITO CON GOLDMAN SACHS
Apple dovrebbe inoltre presentare una nuova carta di credito sviluppata insieme a Goldman Sachs con delle funzioni specifiche per i possessori di iPhone. Il ceo David Solomon è atteso tra gli ospiti che faranno una comparsa sul palco.

OBIETTIVO: CRESCERE NEI SERVIZI
Questa serie di annunci si colloca in una strategia chiara: spingere la divisione servizi. Guardando l’ultimo bilancio, i ricavi Apple dipendono in larga parte (62%) dalle vendite dell’iPhone, seguite dai servizi con il 13 per cento. In questa categoria rientrano la vendita delle app, Apple Music, il pagamento di alcune licenze come quelle che arrivano da Google per essere motore di ricerca default su Safari, Apple Care, iCloud ed Apple Pay.

Nell’ultimo trimestre queste voci hanno complessivamente raggiunto un fatturato di 10,8 miliardi di dollari, e sono in crescita costante da anni (per dare un’idea, l’intera Facebook fattura sui 13 miliardi a trimestre). Apple ha lasciato intendere la sua strategia dall’enfasi che ha dato ad alcuni aspetti dei dati finanziari. Le vendite di iPhone sono in calo negli ultimi trimestri, e in generale il mercato smartphone è in contrazione. Apple ha sottolineato il numero di prodotti sui cui girano i servizi piuttosto che il loro tasso di sostituzione: al punto che le vendite non vengono più dettagliate per categoria. Sono subentrate altre metriche: Apple ha comunicato che i margini sui servizi sono al 63% (58,3% un anno fa) mentre per le vendite di prodotti sono al 34 per cento. Gli abbonati ai servizi, inoltre, sono 360 milioni nel mondo e l’obiettivo è portarli a 500 milioni entro il 2020. La base di prodotti attivi è di 1,4 miliardi nel mondo, di questi 900 milioni sono iPhone.
Questi numeri parlano da soli: Apple vuole arricchire l’offerta di contenuti per aumentare gli abbonamenti. E valorizzare il numero di oggetti connessi in giro per il mondo agli occhi di chi vende contenuti per convincerlo a diventare partner. Con la musica la strategia ha pagato: per quanto arrivata 7 anni dopo Spotify, l’integrazione nel sistema operativo ha fatto sì che Apple Music abbia raggiunto 50 milioni di abbonati in 2 anni. Nonostante questo risultato, la denuncia fatta da Spotify a Apple a Bruxelles lascia intendere come la vera partita ora sia nel rapporto con chi produce e vende contenuti. Film, informazione. Come scrive l’analista Above Avalon, «la strategia di Apple sui servizi riflette innanzitutto l’antica ambizione dell’azienda di essere la piattaforma leader nella distribuzione di contenuti». Secondo l’analista i contenuti digitali (app, musica) valgono il 68% di questa torta ed è qui che Apple vuole crescere. A partire dai prodotti iOS ma non solo: ora iTunes è disponibile anche sulla nuova generazione di tv Samsung ed Lg. E secondo quanto scritto dal Wsj, Apple sta contrattando per portare i suoi contenuti anche su altri device per la web tv, come Roku. Altra mossa inedita.

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