Il traguardo, ripetutamente annunciato nei mesi scorsi, delle oltre 10mila realtà iscritte nel registro delle startup innovative
(e precisamente 10.075 al 31 marzo, in aumento di 317 unità rispetto a fine 2018) è sicuramente sintomo della buona salute
dell'ecosistema italiano dell'innovazione. Ma il dato, che emerge dal rapporto aggiornato al primo trimestre 2019 e realizzato
congiuntamente dal Ministero dello Sviluppo Economico (DG per la Politica Industriale) e InfoCamere, va analizzato anche rispetto
ad altri paramatri contenuti nel rapporto. Per esempio quello relativo al fatturato medio, che supera appena i 150mila euro,
cifra che va comunque commisurata con la giovane età delle startup (meno di cinque anni di vita) presenti nel registro e con
le loro dimensioni (un buona fetta del totale appartiene alla categoria delle micro-imprese e il numero medio di dipendenti
per impresa è fermo a tre), senza dimenticare che a determinare questo valore concorre in modo determinante la progressiva
fuoriuscita delle realtà che presentano le performance economiche migliori (sopra i cinque milioni di ricavi).
Marco Gay (Digital Magics): “ottimismo concreto”
L'età media delle 178 startup innovative che al 31 marzo riportavano un fatturato superiore al milione di euro, ed è questo
uno degli indicatori più importanti a cui riferirsi, è di tre anni e 11 mesi. Il valore di produzione complessivo espresso
da questo cluster di aziende, pari a 341 milioni di euro, rappresenta non a caso quasi il 40% del fatturato ascrivibile all'intera
popolazione delle startup italiane (solo il 57% attualmente iscritte ha già depositato un bilancio). Siamo dunque al cospetto
di un movimento ancora giovane ma che, a detta di Marco Gay, amministratore delegato dell'incubatore Digital Magics (nonché
vice presidente di Confidustria Digitale e presidente di Anitec-Assinform), sembra aver rimosso il difetto di “nanismo” di
cui soffriva da anni. «Oggi possiamo parlare di mercato, di un'industria radicata in 10mila diversi sedi con circa 55mila
persone in organico fra soci ed addetti, un ecosistema in cui le scale up iniziano a essere numerose e rafforzate da strategie
di internalizzazione bene definite. La crescita in termini quantitativi – ha spiegato al Sole24ore - è da interpretare come
un ottimo segnale per l'intero movimento ma è quantomai importante rimarcare una maggiore qualità dei progetti. C'è molta
vivacità e come Digital Magics lo vediamo in tutta Italia, prova ne siano le oltre 1.800 idee di nuova impresa valutati nel
2018 e il fatto che in una ventina di questi abbiamo investito direttamente». Siamo dunque al punto di svolta? Probabilmente
non ancora, e anche secondo Gay «c'è ancora tanto da fare, sia sul fronte competenze sia su quello dei capitali di rischio,
ma ci sono diversi elementi per poter parlare di ottimismo concreto per il futuro dell'innovazione in Italia, dalla crescita
qualitativa e dalla rilevanza dei progetti anche a livello delle startup early stage alla maggiore consapevolezza dei talenti
nell'ottica di creare nuove aziende in grado di vivere sul mercato».
Cresce il valore del capitale sottoscritto
Tornando ai principali dati del rapporto, non passa inosservata il salto in avanti del valore del capitale sociale sottoscritto
complessivamente dalle startup, che aumenta di 38 milioni (del 7,7% in termini percentuali) attestandosi ora a quota 527,1
milioni di euro. Cresce anche la cifra che fotografa il capitale medio delle nuove imprese innovative, salito a 52.319 euro,
duemila in più rispetto al precedente dato trimestrale. Per quanto riguarda la distribuzione per settori di attività, il 73%
delle aziende fornisce servizi alle imprese, e in particolare prevalgono le specializzazioni in materia di sviluppo software
e consulenza informatica (sono più di un terzo), mentre il 18% opera in campo manifatturiero. Interessante, guardando alla
composizione societaria, il dato che sancisce la forte presenza femminile nelle startup: le imprese in cui almeno una donna
è presente nella compagine sociale sono infatti 4.358, il 43,3% del totale.
Lombardia sempre locomotiva
Analizzando la distribuzione geografica del fenomeno, Milano e la Lombardia si confermano i bacini più importanti per le startup.
Nel capoluogo lombardo (il dato si riferisce alla provincia) erano infatti localizzate a fine marzo 1.791 imprese, il 17,8%
del totale. Al secondo posto c'è Roma, che per la prima volta supera quota mille (1.012, pari al 10% nazionale) mentre più
staccate sono nell'ordine Napoli (360), Torino (322) e Bologna (317). In ultima posizione si trova invece la provincia di
Oristano, dove sono localizzate solo tre startup innovative. Se si considera il numero di startup innovative in rapporto al
numero di nuove società di capitali attive, al primo posto svetta ancora una volta Trento (con una quota del 7,1%), davanti
a Trieste (6,3%) e Rovigo (6,3%). A livello di Regione, la Lombardia stacca tutti con 2.543 startup presenti, pari al 25,2%
del totale nazionale. Seguono il Lazio, unica altra regione a superare quota mille (1.124) e l'Emilia-Romagna (891). In coda
figurano la Basilicata con 114, il Molise con 71 e la Valle d'Aosta con 21. Nota di merito finale per il Trentino-Alto Adige,
la regione che vanta la più elevata incidenza di startup innovative (il 5,1%) in rapporto al totale delle società di capitali
con meno di cinque anni e cinque milioni di fatturato annuo.
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