le risposte ai quesiti degli esperti DEL SOLE 24 ORE

Telefisco, tutti i chiarimenti delle Entrate sugli adempimenti 2019

Pubblichiamo online tutte le risposte che l’agenzia delle Entrate ha fornito, in occasione di Telefisco 2019, in replica ai quesiti che sono stati posti sia dagli esperti del Sole 24 Ore sia dai lettori sui temi più caldi che caratterizzeranno gli adempimenti fiscali del 2019. Si tratta di chiarimenti che ogni anno vengono utilizzati dai professionisti per districarsi tra le novità normative dell’anno, su cui spesso regna l’incertezza applicativa.

Le pubblichiamo qui di seguito, numerate da 1 a 60 e suddivise per macro-tema, ma non in ordine di importanza.

WELFARE AZIENDALE
1 - Va indicato il fruitore del servizio
Il documento attestante la spesa che si chiede a rimborso in base all'articolo 51, comma 2, lettera f-bis) , Tuir (ad esempio spese d'istruzione, centri ricreativi estivi e invernali) deve essere intestata al dipendente e/o all'avente diritto oppure può essere intestata in alternativa ad altro soggetto (ad esempio altro genitore)?

L'articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del Tuir riconosce la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle somme, dei servizi e delle prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12 del Tuir, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari.
A tal fine, è necessario che nella documentazione comprovante l'utilizzo delle somme venga indicato il soggetto che ha fruito del servizio o della prestazione e la tipologia di servizio o prestazione erogato per verificare che l'utilizzo delle somme sia coerente con le finalità indicate dalla norma.
Pertanto, può essere escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente il rimborso delle somme sia nel caso in cui il documento di spesa sia intestato al dipendente sia nel caso in cui sia intestato al soggetto che ha fruito del servizio, fermo restando che da detto documento di spesa deve comunque risultare l'indicazione del fruitore del servizio per verificare che lo stesso sia un familiare rientrante nell'articolo 12 del Tuir, tra i quali è compreso anche il coniuge.
La suddetta documentazione dovrà essere acquisita e conservata dal datore di lavoro ai fini della deducibilità dei costi.

2 - Possibile il pagamento in contanti
In caso di pagamenti non riconducibili direttamente al dipendente (in quanto effettuati per il tramite di contanti, carte elettroniche, fatture con addebito automatico) possono formare oggetto di rimborso che non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente?

Non essendo prevista una specifica modalità da seguire per effettuare i pagamenti dei servizi e delle prestazioni indicati nell'articolo 51, lettera f-bis), del Tuir, si ritiene che la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente possa essere riconosciuta anche per i rimborsi di pagamenti effettuati con modalità che non consentono di ricondurre la spesa direttamente al dipendente, fermo restando, come detto, che dalla documentazione attestante la spesa venga indicato il soggetto che ha fruito del servizio o della prestazione e la tipologia di servizio o prestazione erogato, al fine di verificare che l'utilizzo delle somme sia coerente con le finalità indicate dalla norma.

3 - Sconto Irpef per le somme destinate alle scuole non paritarie
Possono essere richiesti a rimborso in base all'articolo 51, comma 2, lettera f-bis), Tuir le spese d'istruzione che non danno diritto a detrazione (ad esempio scuole non parificate; scuola di counseling; istituto tecnico superiore biennale di preparazione all'Università, corso di abilitazione ad una professione esempio Oss o Asa)? Il rimborso dei libri di testo deve riguardare corsi d'istruzione per i quali è prevista la detrazione d'imposta?

L'articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del Tuir (nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 190, lettera a, n. 2, della legge 28 dicembre 2015, n. 208) prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente «le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari».
Come precisato dalla circolare del 15 giugno 2016, n. 28/E, paragrafo 2.2, le modifiche apportate sono volte ad ampliare e meglio definire i servizi di educazione e istruzione fruibili dai familiari del dipendente, anche fiscalmente non a carico, limitati, nella precedente formulazione della norma, alle «somme, servizi, prestazioni per la frequenza di asili nido e di colonie climatiche ... nonché ...borse di studio».
La norma, dunque, presenta una formulazione piuttosto ampia, tale da ricomprendere tutte le prestazioni comunque riconducibili alle finalità educative e di istruzione, indipendentemente dalla tipologia di struttura (di natura pubblica o privata) che li eroga e a prescindere dalla sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 15 del Tuir per poter fruire della detrazione delle spese di istruzione.
Possono, dunque, farsi rientrare nel novero della lettera f-bis) in esame le prestazioni rese dalle scuole non paritarie, essendo comunque le stesse dirette all'assolvimento dell'obbligo di istruzione, ancorché tali scuole non siano abilitate al rilascio di titoli di studio aventi valore legale né attestati intermedi o finali con valore di certificazione legale.
Rientrano nell'ambito di applicazione della norma in argomento anche i rimborsi delle spese sostenute per l'acquisto di libri di testo sempre che correlati alle finalità educative e di istruzione come sopra definite.

4 - Abbonamenti per il trasporto
Vi deve essere corrispondenza tra il numero tessera dell'abbonamento con le ricevute di pagamento (che solitamente non riportano i dati dell'avente diritto)?

Ai sensi della lettera d-bis) dell'articolo 51, comma 2, del Tuir, sono escluse dal reddito di lavoro dipendente «le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest'ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l'acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell'articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12».
Con riferimento alla documentazione da conservare ai fini dell'applicazione della predetta previsione si ritengono validi i chiarimenti formulati da ultimo con la circolare n. 5 del 2018.
In particolare, il citato documento di prassi, nel richiamare la circolare 7 marzo 2008, n. 19/E, distingue a seconda che si tratti di titoli di viaggio nominativi o non nominativi.
Nel primo caso, sul titolo di viaggio nominativo devono essere indicate la durata dell'abbonamento e la spesa sostenuta, mentre in caso di emissione o ricarica del titolo di viaggio realizzato in formato elettronico è necessario disporre di documentazione certificativa che contenga le indicazioni essenziali a qualificare il titolo di viaggio nonché ogni altra informazione utile ad individuare il servizio reso (indicazione soggetto utilizzatore, periodo di validità, spesa sostenuta e data di sostenimento della spesa). Tali requisiti si ritengono soddisfatti anche nel caso in cui detta documentazione, pur non contenendo alcun riferimento esplicito al nominativo dell'avente diritto, sia comunque a lui riconducibile in modo univoco, ad esempio perché contenente il numero identificativo dell'abbonamento allo stesso intestato.
Quanto ai titoli di viaggio non nominativi, il titolo di viaggio andrà conservato e accompagnato da un'autocertificazione effettuata nei modi e nei termini previsti dalla legge (dichiarazione sostitutiva di atto notorio di cui al Dpr 28 dicembre 2000, n. 445, articolo 47, la cui sottoscrizione può non essere autenticata se accompagnata da copia fotostatica del documento di identità del sottoscrittore) - resa dal dipendente, in cui si attesta che il titolo di viaggio è stato acquistato per se stesso o per un suo familiare a carico, di cui all'articolo 12 del Tuir. La suddetta autocertificazione dovrà essere acquisita e conservata dal datore di lavoro ai fini della deducibilità dei costi.

5 - Familiari non autosufficienti
Si possono ricomprendere tra le spese rimborsabili in base all'articolo 51, comma 2, lettera f-quater), Tuir anche quelle sostenute per l'assistenza svolta da un medico psicologo a favore di un familiare non autosufficiente (riconoscimento in base alla legge 104/1992)?

L'articolo 51, comma 2, lettera f-ter) del Tuir prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12 del Tuir.
Pertanto, possono ricomprendersi tra le spese rimborsabili ai sensi della norma in commento anche le prestazioni rese dallo psicologo, purché rivolte nei confronti di familiari anziani o non autosufficienti come individuati nei precedenti documenti di prassi (circolare 2/E del 2005 e n. 28/E del 2016).

RISTRUTTURAZIONI
6 - Agevolabile l'inverter
La sostituzione di un impianto di condizionamento ad aria solo fredda con uno di nuova generazione ad aria calda e fredda dotato di pompa di calore reversibile e con consumi inferiori (certificati), senza sostituzione dell'impianto di riscaldamento e senza lavori di manutenzione straordinaria dell'immobile, di quale agevolazione può fruire?

La sostituzione di un impianto di condizionamento ad aria solo fredda con un impianto di climatizzazione invernale ed estiva a pompa di calore reversibile, rientra tra gli interventi agevolabili ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del Tuir, in quanto si basa sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia. L'articolo 16-bis del Tuir – che disciplina la detrazione dall'imposta lorda delle spese sostenute per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio elencati, pari al 50% delle spese – prevede al comma 1, lettera h), che la detrazione spetta per gli interventi «relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia. Le predette opere possono essere realizzate anche in assenza di opere edilizie propriamente dette, acquisendo idonea documentazione attestante il conseguimento di risparmi energetici in applicazione della normativa vigente in materia».

DERIVAZIONE RAFFORZATA
7 - Il valore del terreno
Le disposizioni fiscali prevedono la scomposizione del costo di acquisto di un immobile e dell'area, attribuendo a quest'ultima il 30% (fabbricati industriali) o il 20% (altri fabbricati) del costo di acquisto. È corretto ritenere che si tratta di un caso di classificazione che, in base alla derivazione rafforzata, dovrebbe comportare la determinazione del valore del terreno in base a perizia?

Il comma 7 dell'articolo 36 del Dl 223/2006 stabilisce che, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo complessivo dei fabbricati strumentali va assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree è pari al maggiore tra: 1)il valore separatamente esposto in bilancio nell'anno di acquisto; 2)il valore ottenuto applicando il 20% o – per i fabbricati industriali – il 30% al costo di acquisto complessivo dell'immobile, comprensivo del valore dell'area.
Se non risulta esposto separatamente in bilancio nei modi indicati al punto 1), il valore non ammortizzabile dell'area è determinato applicando esclusivamente il criterio di cui al punto 2), così come chiarito nella circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007. Al riguardo, deve ritenersi che il riferimento alle percentuali del 20 o 30% – nel caso in cui il relativo valore sia maggiore di quello esposto in bilancio – continui a trovare applicazione anche a seguito delle modifiche introdotte all'articolo 83 del Tuir in materia di derivazione rafforzata. Infatti, l'articolo 2, comma 2, del decreto 1° aprile 2009 – richiamato per i soggetti Oic dal decreto 3 agosto 2017 – stabilisce che si applicano le disposizioni del Capo II, Sezione I, del Tuir che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione. Il comma 7 dell'articolo 36, pur non essendo inserito nelle norme del Tuir, prevede dei limiti quantitativi che assumono rilevanza nel caso in cui la loro applicazione determini un valore maggiore rispetto a quello rinvenibile in bilancio. Di conseguenza, le limitazioni previste dal predetto comma 7 continuano a trovare applicazione al pari dei limiti previsti nelle norme del citato testo unico.

DEFINIZIONE LITI PENDENTI
8 - Sanabili gli atti impositivi

Tra gli atti impositivi definibili rientra anche la cartella che fa seguito all'avviso bonario, dal momento che quest'ultimo non è un atto impugnabile e quindi la cartella rappresenta di fatto il primo atto impugnabile?

La definizione delle liti pendenti disciplinata dall'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018 riguarda le controversie in cui è parte l'agenzia delle Entrate aventi ad oggetto atti impositivi. Se per «avvisi bonari» si intendono le comunicazioni di irregolarità emesse a seguito dei controlli di cui all'articolo 36-bis del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si rappresenta che non sono definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. Si tratta di atti di riscossione relativi a quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione e non versato e non di atti impositivi che presuppongono la rettifica della dichiarazione.

9 - Il recupero del credito R&S
Gli atti di recupero del credito di imposta per R&S e per le assunzioni nel mezzogiorno, sono liti definibili?

Gli atti di recupero dei crediti d'imposta rientrano tra gli atti impositivi e, quindi, il contribuente può chiedere la definizione agevolata delle relative controversie ai sensi dell'articolo 6 del decreto legge n.119 del 2018.

10 - Effetti sui responsabili in solido
La definizione della lite da parte di un contribuente estende i suoi effetti anche agli eventuali contenziosi pendenti autonomamente intrapresi da responsabili in solido per la medesima pretesa?

Ai sensi dell'articolo 6, comma 14, del decreto legge n.119 del 2018 «la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente». Pertanto, anche in presenza di più liti fiscali, la definizione perfezionata da uno degli interessati estende i suoi effetti anche sulle altre controversie. L'Ufficio, una volta verificata la regolarità della definizione, avrà cura di chiedere la cessazione della materia del contendere anche in ordine alle altre controversie instaurate dai coobbligati ed aventi ad oggetto lo stesso atto.

11 - Effetti su società e soci
La definizione della lite da parte della società di persona o della società di capitali a ristretta base azionaria che effetti comporta nei confronti dei soci cui è stato rispettivamente accertato un maggior reddito pro capite ovvero la percezione di utili non dichiarati?

Nel caso in cui l'accertamento impugnato da una società di persone si limiti a rettificare in aumento il reddito imputabile pro quota ai soci, la controversia non è definibile, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018, il quale presuppone che la lite definibile esprima un determinato valore sul quale calcolare gli importi dovuti per la definizione. Infatti, sebbene l'atto di accertamento impugnato dalla società contenga l'indicazione dell'ammontare del reddito o del maggior reddito da imputare per trasparenza ai soci, lo stesso non reca la quantificazione né delle imposte, né delle sanzioni dovute dai medesimi soci (cfr. circolare n. 48/E del 24 ottobre 2011, paragrafo 4.15).
Di conseguenza, l'eventuale definizione della lite da parte della società, limitatamente alle sole imposte accertate nell'atto e di competenza della medesima, non esplica efficacia nei confronti dei soci, con riguardo ai redditi di partecipazione accertati in capo a questi ultimi. Quanto sopra rappresentato vale a maggior ragione per le società di capitali a ristretta base azionaria, per le quali non trova applicazione il principio di tassazione del reddito per trasparenza.
I soci possono definire autonomamente le controversie aventi ad oggetto gli atti che recano l'accertamento del maggior reddito nei loro confronti.

12 - Definizione agevolata adempimenti
Per definire la lite con il pagamento del 90% delle maggiori imposte pretese, è sufficiente avere notificato all'agenzia delle Entrate il ricorso di primo grado al 24 ottobre 2018 o necessita invece l'iscrizione a ruolo in Ctp alla medesima data?

Ai fini della definizione agevolata della lite ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018, che prevede il pagamento del 90% del valore della controversia per la definizione «in caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado», è necessaria la costituzione in giudizio del ricorrente, ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 546 del 1992 alla data di entrata in vigore del decreto, ossia è necessario che il ricorso sia stato già depositato o trasmesso alla segreteria della Commissione tributaria provinciale alla data del 24 ottobre 2018.

13 - Pagamento del 5% dopo notifica
In caso di vittoria in primo e secondo grado del contribuente, la definizione della lite mediante il pagamento del 5% delle maggiori imposte pretese è possibile se alla data dell'entrata in vigore della legge di conversione si verifica quali delle seguenti circostanze?
a) l'Avvocatura dello Stato ha notificato il ricorso per cassazione al contribuente;
b) l'Avvocatura dello Stato ha eseguito la costituzione in giudizio presso la Corte di cassazione;
c) sono pendenti i termini per l'impugnazione in Cassazione da parte dell'agenzia delle Entrate della sentenza di secondo grado.

La definizione agevolata tramite il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia è prevista dal comma 2-ter dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018 per «le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le quali l'agenzia delle Entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio».
In altri termini, la norma richiede – oltre alla soccombenza dell'agenzia delle Entrate in tutti i precedenti gradi di giudizio – la notificazione del ricorso per cassazione al contribuente entro la data di entrata in vigore della legge di conversione, vale a dire entro il 19 dicembre 2018.

14 - Se c'è il rinvio alla Ctr si versa il 15%
Se un contribuente è risultato vittorioso in primo e secondo grado e a seguito del ricorso per Cassazione dell'agenzia delle Entrate, la Suprema Corte si è pronunciata cassando con rinvio la sentenza della Ctr in data 10 novembre 2018 (quindi entro la data di conversione del decreto) la definizione può essere eseguita con il pagamento del 5%, del 40% o del 90%?

Nel caso in cui si sia verificata la doppia soccombenza dell'agenzia delle Entrate in primo e in secondo grado e la Suprema Corte abbia emesso pronuncia di cassazione con rinvio sul ricorso proposto dall'agenzia delle Entrate – depositata prima della data di entrata in vigore della legge n. 136 del 2018, di conversione del decreto legge n. 119 del 2018 – il contribuente può definire la controversia con il pagamento del 15% del relativo valore, ai sensi del comma 2, lettera b), dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018.
Nella situazione prospettata, il momento rilevante al fine di individuare l'importo dovuto per la definizione agevolata coincide, infatti, con la data di entrata in vigore del Dl n. 119/2018, ossia con il 24 ottobre 2018, data alla quale la controversia era interessata da sentenza di Ctr sfavorevole all'Ufficio.

15 - Valore della controversia
Se in sede di costituzione in giudizio in primo o in secondo grado l'ufficio ha ritenuto di annullare in parte l'iniziale pretesa contestata nell'accertamento, facendone espressa menzione nelle controdeduzioni, ai fini della definizione il calcolo del dovuto dovrà considerare tale annullamento? Se parte della sentenza di primo o di secondo grado è divenuta definitiva per mancata impugnazione dell'Ufficio e quindi su quella specifica questione non è più pendente alcuna lite (che si è ristretta alle sole vicende oggetto di impugnazione), la quantificazione della somma dovuta ai fini della definizione della lite dovrà scomputare dall'ultima sentenza tale parte (ormai definitiva)?

Il comma 1 dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018 prevede che «Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell'articolo 12» del decreto legislativo n. 546 del 1992, secondo cui per valore della controversia si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversia relativa esclusivamente all'irrogazione di sanzioni il valore è costituito dalla somma di queste.
Tanto premesso, si precisa che per la determinazione dell'effettivo valore della controversia vanno comunque esclusi gli importi che eventualmente non formano oggetto della materia del contendere, in particolare in caso di contestazione parziale dell'atto impugnato, di giudicato interno o di parziale annullamento in autotutela dell'atto impugnato (cfr. circolare 22/E del 28 luglio 2017, paragrafo 4).

16 - Sanzioni collegate al tributo
Rientrano tra le sanzioni collegate al tributo (con gli effetti che ne conseguono ai fini della definizione della eventuale lite pendente) quelle irrogate ad un terzo (amministratore di fatto, professionista ecc.) in concorso con una società e calcolate sulla base dell'imposta evasa da quest'ultima ove detta imposta sia stata poi versata in acquiescenza, attraverso istituti deflattivi o pace fiscale?

Le sanzioni irrogate a un terzo – quale l'amministratore di fatto – in concorso con la società, calcolate sulla base dell'imposta evasa dalla società stessa, rientrano tra le sanzioni collegate al tributo. Ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 del Dl n. 119 del 2018, «in caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione».
Ne deriva che se il rapporto relativo al tributo è stato definito con il pagamento del tributo stesso, la lite instaurata dal terzo può definirsi senza versare alcun importo (cfr. paragrafo 5.4 della circolare n. 23/E del 25 settembre 2017).

17 - Spartiacque la data del 24 ottobre
Nel caso di sentenza di secondo grado o di rinvio della Corte di cassazione depositata dopo il 24 ottobre 2018 ai fini della definizione della lite pendente occorre considerare la situazione processuale a tale data o quella sopraggiunta?

Ad esempio se un contribuente ha perso in primo e vinto in secondo grado ed il 30 ottobre 2018 la Cassazione, in accoglimento del ricorso dell'agenzia delle Entrate ha cassato con rinvio alla Ctr la sentenza di appello, la definizione può avvenire con il pagamento del 15% delle maggiori imposte pretese?
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018, in caso di soccombenza dell'agenzia delle Entrate nell'ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore del decreto, le controversie possono essere definite con il pagamento del 40% o del 15% del valore della controversia qualora tale soccombenza si sia verificata, rispettivamente, nella pronuncia di primo grado o di quella di secondo grado.
Occorre, pertanto, far riferimento alla situazione processuale alla data del 24 ottobre 2018. Ciò comporta che nell'esempio prospettato la lite pendente può essere definita con il pagamento del 15% del valore della controversia in quanto al 24 ottobre 2018 l'amministrazione finanziaria risultava soccombente in secondo grado.

18 - Sospensione termini impugnazione
Come occorre procedere per il calcolo corretto della scadenza del nuovo termine di impugnazione in conseguenza della sospensione per 9 mesi dei termini prevista dall'articolo 6 del decreto legge 119/2018?
Ad esempio, se è stata notificata una sentenza l'8 ottobre 2018:
● soluzione 1: occorre prima calcolare i 60 giorni e poi dalla data che si ottiene sommare i 9 mesi ed eventualmente i 31 giorni di pausa estiva? Così facendo risulterebbe scadenza 8 ottobre 2019;
● soluzione 2: occorre considerare quanti dei 60 giorni necessitano fino al 24 ottobre (data di entrata in vigore del decreto), aggiungere i 9 mesi, poi aggiungere i restanti dai 60 giorni ed eventualmente la pausa estiva? Così facendo risulterebbe scadenza 7 ottobre 2019.

Ai sensi del comma 11 dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018, la durata della sospensione dei termini di impugnazione è predeterminata in 9 mesi, che si aggiungono al termine di scadenza calcolato secondo le ordinarie regole processuali, ivi incluse quelle relative al periodo – dal 1° al 31 agosto – di sospensione feriale.
Quindi, al fine di applicare correttamente la sospensione, è necessario individuare in via preventiva la scadenza naturale del termine di impugnazione, comprensiva dell'eventuale sospensione feriale, e poi sommare i 9 mesi, con la precisazione che la durata della sospensione di cui al predetto comma 11 resta comunque pari a 9 mesi, anche nei casi in cui essa si sovrapponga al periodo di sospensione feriale dei termini.
In definitiva, nell'esempio prospettato (sentenza notificata l'8 ottobre 2018), si ritiene che l'impugnazione possa essere proposta entro il 7 settembre 2019, tenuto conto che, come sopra precisato, alla data di scadenza naturale (7 dicembre 2018) vanno sommati i 9 mesi della sospensione di cui al comma 11 dell'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018, senza tener conto dell'ulteriore periodo della sospensione feriale (dal 1° al 31 agosto).

19 - Estinzione delle misure cautelari
Nel caso di adesione all'istituto della definizione delle liti pendenti o degli accertamenti, l'eventuale misura cautelare (ex articolo 22 del decreto legislativo 472/1997) già concessa dal presidente della Ctp o soltanto richiesta, viene meno considerato che di fatto si è perfezionata l'adesione con il pagamento della prima rata?

Per espressa disposizione degli articoli 1, 2 e 6 del decreto legge n. 119 del 2018, le definizioni dei processi verbali di constatazione, degli avvisi di accertamento e delle liti pendenti si perfezionano con il pagamento dell'intera somma da versare oppure della prima rata e, ove richiesto, con la presentazione della relativa dichiarazione (articolo 1) o domanda (articolo 6). Il regolare perfezionamento della definizione agevolata produce un effetto estintivo della pretesa tributaria inerente alle violazioni constatate ovvero accertate e, nel caso di definizione della lite pendente, produce altresì, come riflesso processuale, l'estinzione del giudizio. Si tratta, pertanto, di effetti ai quali consegue il venir meno dell'efficacia di precedenti misure cautelari o esecutive, sempreché non siano riferite anche ad altre violazioni non oggetto della definizione agevolata. Resta inteso che, in caso di inadempimento nei pagamenti delle rate successive alla prima si applicano le disposizioni relative al recupero coattivo delle restanti somme dovute.

20 - La quantificazione del dovuto
L'articolo 6 del decreto legge 119/2018 prevede che «in caso di soccombenza dell'Agenzia... nell'ultima o unica pronuncia… depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto, le controversie possono essere definite con il pagamento» di determinate percentuali a seconda dell'esito e del grado di giudizio. Alla data di entrata in vigore del decreto legge 119/2018 (24 ottobre 2018) esiste una sentenza favorevole di primo grado, mentre alla data di presentazione della domanda esiste una di secondo grado sfavorevole. Va versato il 40% o il 100 per cento?

L'articolo 16 della legge 289/2002 individuava come data rilevante quella di presentazione della domanda. Per individuare il quantum dovuto per la definizione della controversia, l'articolo 6 del decreto legge n. 119 del 2018 fa riferimento alla situazione processuale esistente alla data di entrata in vigore del decreto (24 ottobre 2018), senza prendere in considerazione quella relativa al momento di presentazione della domanda di definizione agevolata, che va presentata entro il 31 maggio 2019.
A norma del comma 4 dell'articolo 6, alla data di presentazione della domanda occorre comunque che il processo non si sia concluso con sentenza definitiva.
Pertanto, nell'esempio prospettato l'importo dovuto per la definizione è pari al 40% del valore della controversia.

DEFINIZIONE PVC
21 - Accordo anche per un solo periodo
La norma dispone che il contribuente deve presentare, ai fini della definizione, la «relativa dichiarazione», la quale, come noto, si presenta per ciascun periodo d'imposta. Il comma 5 fa riferimento a «tutte le violazioni constatate per ciascun periodo d'imposta». Dalla norma si desume, quindi, che in presenza di processo verbale di constatazione relativo a più periodi d'imposta il contribuente possa provvedere a definire le violazioni relative anche soltanto ad un singolo periodo d'imposta. L'Agenzia conferma tale lettura?

L'articolo 1 del decreto legge n. 119 del 2018 consente di definire in maniera agevolata il contenuto «integrale» dei processi verbali di constatazione. Tenuto conto che un singolo processo verbale può contenere rilievi riferiti a più tributi e a diversi periodi di imposta, la definizione «integrale» si riferisce alla totalità delle violazioni sostanziali, in materia di imposte dirette e relative addizionali, contributi previdenziali e ritenute, imposte sostitutive, Iva, Ivie e Ivafe, riferite ad un «singolo periodo d'imposta» oggetto del processo verbale di constatazione. Ne consegue che il contribuente può decidere se avvalersi della definizione agevolata per uno solo o per più periodi d'imposta oggetto del processo verbale, ma non può scegliere all'interno dello stesso periodo d'imposta quali rilievi constatati definire. Per il periodo di imposta che si intende definire il contribuente presenta la relativa dichiarazione o, nei casi di autonoma dichiarazione, più dichiarazioni per lo stesso periodo.

22 - Accertamenti prima del decreto
Il comma 1 dell'articolo 1 del decreto legge 119/2018 prevede che gli atti di accertamento (conseguenti al Pvc) notificati entro il 24 ottobre 2018 risultino ostativi alla definizione dei processi verbali di constatazione. È da ritenere che se l'atto di accertamento notificato entro il 24 ottobre 2018 riguardi una sola delle annualità relative ad un processo verbale di constatazione che contempla violazioni per più periodi d'imposta, l'elemento ostativo riguardi la singola annualità oggetto di accertamento, così che il contribuente possa procedere alla definizione ex articolo 1 per le altre annualità. L'Agenzia conferma tale lettura?

Costituisce causa ostativa alla definizione agevolata di cui all'articolo 1 del decreto legge n. 119 del 2018 la notifica entro il 24 ottobre 2018 di un avviso di accertamento, di un atto di recupero o di un invito al contraddittorio di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in riferimento alle violazioni constatate nel processo verbale. Resta inteso che qualora i citati atti riguardino soltanto alcuni periodi d'imposta o alcuni tributi oggetto del processo verbale di constatazione, il contribuente può avvalersi della definizione agevolata di cui all'articolo 1 del decreto n. 119 in relazione alle residue violazioni constatate riferite ai restanti periodi d'imposta e agli altri tributi.

23 - Semaforo verde dopo il 24 ottobre
La presentazione di una istanza di accertamento con adesione in base all'articolo 6 del decreto legislativo 218/1997 che effetti ha ai fini della sanatoria all'articolo 1 del decreto legge 119/2018? E la ricezione (post 24 ottobre 2018) di un avviso di accertamento? O di un invito al contraddittorio?

L'accesso alla definizione agevolata è consentito anche al contribuente che ha ricevuto, dopo il 24 ottobre 2018, la notifica di un avviso di accertamento, anche se successivamente oggetto di istanza di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 218 del 1997 o di impugnazione, oppure la notifica di un invito al contraddittorio di cui all'articolo 5, comma 1, del medesimo decreto, a condizione che tali procedimenti non si siano nel frattempo conclusi con altre forme di definizione agevolata o con sentenza passata in giudicato.
Parimenti, la presentazione da parte del contribuente nei cui confronti sono stati effettuati accessi, verifiche o ispezioni di una istanza di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 218 del 1997, o di memorie ex articolo 12 delle legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), non preclude la possibilità di accedere alla definizione agevolata di cui si tratta , indipendentemente dalla data di presentazione delle stesse.

ATTI DI ACCERTAMENTO
24 - Gli atti definibili in via agevolata
Se dovesse risultare ribadito che, secondo l'Agenzia, sono definibili soltanto gli atti rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 218/97, si conferma che ai fini dell'imposta di registro risultano definibili soltanto gli avvisi di liquidazione relativi alle violazioni agli articoli 71 e 72 del Dpr 131/86, nonché gli avvisi di liquidazione relativi al recupero dell'agevolazione “prima casa” e della piccola proprietà contadina?

L'articolo 2 del decreto legge 23 ottobre 2018, n.119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, ha introdotto la possibilità di definire in via agevolata gli atti del procedimento di accertamento notificati o gli accertamenti con adesione sottoscritti entro il 24 ottobre 2018.
Il provvedimento del Direttore dell'agenzia delle Entrate del 9 novembre 2018, protocollo n. 298724, di attuazione del citato articolo 2, specifica che «sono definibili gli atti emessi dall'agenzia delle Entrate rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218».
Ciò in conformità al comma 1 dell'articolo 2 del predetto decreto legge n. 119 del 2018, che fa espresso riferimento all'articolo 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997, seppure al fine di individuare il termine ultimo di scadenza per il versamento utile al perfezionamento della definizione agevolata. Si ritiene, in particolare, che tale riferimento presupponga che la definizione agevolata riguardasse gli atti del procedimento di accertamento per cui il termine di cui all'articolo 15 risulta applicabile, con esclusione, quindi, degli atti di liquidazione dell'imposta o di altre tipologie di avvisi che non sono ordinariamente definibili ai sensi di tale norma.
Ai fini della individuazione degli atti definibili in via agevolata in materia di imposta di registro e di successione valgono le indicazioni fornite con la circolare n. 17/E del 29 aprile 2016, la quale, al paragrafo 2.2 (acquiescenza agli avvisi di accertamento o di liquidazione), precisa che tra gli atti per i quali trova applicazione il trattamento agevolativo previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997 rientrano:
• gli avvisi di rettifica e liquidazione dell'imposta di successione in caso di omessa o di infedele dichiarazione emessi ai sensi degli articoli 50 e 51 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346;
• gli avvisi di rettifica e liquidazione dell'imposta di registro per insufficiente dichiarazione di valore o per occultamento del corrispettivo emessi ai sensi degli articoli 71 e 72 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;
• gli avvisi di liquidazione dell'imposta di registro emessi a seguito di decadenza dalle agevolazioni prima casa emessi ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr n. 131 del 1986, nei quali sono ricompresi, anche:
– l'atto con cui l'Ufficio, ai sensi dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, recupera nei confronti del mutuatario l'imposta sostitutiva in caso di perdita dei benefici connessi al finanziamento erogato per l'acquisto della prima casa di abitazione (e delle relative pertinenze);
– l'atto con cui l'Ufficio recupera le imposte ipotecarie e catastali connesse all'imposta di successione versate in misura fissa in sede di presentazione della dichiarazione di successione.
• gli avvisi di liquidazione dell'imposta di registro a seguito di decadenza dalle agevolazioni piccola proprietà contadina emessi ai sensi dell'articolo 2, comma 4-bis, decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25.

25 - Pagamenti a conto corrente chiuso
In merito alla definizione agevolata degli avvisi di accertamento di cui all'articolo 2 del decreto legge 119/2018, nel caso di una società in liquidazione che ha proceduto alla chiusura dei conti correnti bancari, come possono essere effettuati i pagamenti per accedere alla procedura, tenuto presente che non occorre presentare alcuna istanza di accesso? Possono essere eseguiti dai conti personali degli amministratori o dei soci?

Il quesito attiene alle modalità con le quali può essere effettuato il pagamento telematico tramite modello F24 da parte di un contribuente in possesso di partita Iva, nella residuale ipotesi in cui non sia provvisto di conto corrente. Per tale fattispecie sono già state fornite indicazioni con la circolare n. 27/E del 19 settembre 2014, la quale al punto 4 chiarisce che il modello F24 può essere inviato telematicamente per il tramite di un intermediario abilitato ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, disponibile all'addebito del pagamento sul proprio conto corrente, avvalendosi del servizio “F24 addebito unico” di cui al provvedimento del Direttore dell'agenzia delle Entrate prot. n. 101553 del 21 giugno 2007.
In alternativa, il contribuente può rivolgersi a intermediari della riscossione (banche, Poste, altri prestatori di servizi di pagamento) che consentono di presentare il modello F24 con modalità telematiche anche a soggetti non titolari di conto corrente, regolando l'operazione con modalità diverse dall'addebito in conto, ad esempio tramite addebito su carte prepagate.
In via residuale, nel caso in cui non siano in alcun modo utilizzabili le richiamate modalità di presentazione del modello F24 telematico, può essere utilizzato il modello F24 cartaceo.

ROTTAMAZIONE TER
26 - Pignoramento presso terzi
Nell'ambito della rottamazione ter, la presentazione dell'istanza di definizione agevolata comporta la sospensione anche delle procedure di pignoramento presso terzi in corso?

In base all'articolo 3, commi 10 e 13, del decreto legge n. 119/2018, la presentazione della domanda di definizione agevolata sospende le procedure esecutive in corso, che poi vengono revocate con il pagamento della prima rata in scadenza al 31 luglio 2019. È fatta eccezione solo per i casi in cui si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.
Nell'articolo 6, comma 5, del decreto legge n. 193/2016, era invece stabilito che la presentazione dell'istanza di definizione non produceva effetti, tra l'altro, nei casi in cui «sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati».
Per l'effetto, era stato più volte precisato che i pignoramenti presso terzi in corso proseguivano anche dopo la trasmissione della domanda di sanatoria.
Ai sensi dell'articolo 3, comma 10, lettera d) ed e), del decreto legge n. 119/2018, a seguito della presentazione della dichiarazione di adesione alla cosiddetta “rottamazione-ter”, per i carichi definibili che ne sono oggetto: 1) «non possono essere avviate nuove procedure esecutive»; e 2) «non possono essere proseguite le procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo».
Pertanto, per effetto della presentazione della dichiarazione di adesione, anche le procedure di pignoramento presso terzi non possono proseguire.

27 - Versamenti della rottamazione 1
Nel caso sia decaduto dalla prima definizione agevolata (articolo 6, del decreto legge n. 193/2016), in base all'articolo 3, comma 25, lettera a, del decreto legge n. 119/2018, il debitore può includere i medesimi carichi nella rottamazione ter. Come vengono imputate le somme già pagate nel corso della precedente definizione agevolata? È corretto ritenere che le stesse saranno imputate alla sorte capitale e dunque saranno computate per intero in diminuzione del costo della rottamazione-ter?

Ai sensi dell'articolo 3, comma 25, lettera a), del decreto legge n. 119/2018 è possibile definire, secondo le disposizioni dello stesso articolo 3, anche i debiti riguardanti i carichi ricompresi nelle dichiarazioni di adesione alla prima definizione agevolata (regolata dall'articolo 6 del decreto legge n. 193/2016) per i quali il debitore non abbia provveduto all'integrale, tempestivo pagamento delle somme dovute.
In tal caso, ove siano state pagate soltanto alcune delle rate previste, i relativi versamenti sono stati imputati secondo il piano dei pagamenti a suo tempo comunicato dall'agente della riscossione, in conformità alla scelta effettuata dal debitore in sede di dichiarazione di adesione.
Saldo e stralcio

28 - Il «saldo e stralcio» non vale per gli avvisi bonari
Possono fruire dello stralcio anche i debiti oggetto di avvisi bonari?

Nel comma 184 dell'articolo unico della legge di bilancio 2019 è previsto che possono beneficiare del saldo e stralcio i debiti risultanti dai carichi affidati all'agente della riscossione fino al 31 dicembre 2017, derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività di liquidazione delle dichiarazioni annuali tributarie. Sono menzionati i debiti derivanti dall'omesso versamento di imposte.
Il comma 184 dell'articolo 1 della legge n. 145/2018 fa riferimento all'estinzione dei «debiti delle persone fisiche… risultanti dai singoli carichi affidati all'agente della riscossione…».
Il testo normativo, riferendosi precipuamente ai debiti risultanti dai carichi affidati all'agente della riscossione, esclude dall'istituto agevolativo le somme contenute in atti non (ancora) oggetto di affidamento.

29 - Rottamabili i tributi sostitutivi
Quali i sono i tributi interessati dallo stralcio? Oltre all'Irpef, all'Iva e all'Irap, possono essere “rottamati” eventuali tributi sostitutivi liquidati in sede di controllo delle dichiarazioni annuali?

Il comma 184 dell'articolo 1 della legge n. 145/2018 fa riferimento all'estinzione dei «debiti delle persone fisiche… risultanti dai singoli carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017, derivanti dall'omesso versamento di imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali e dalle attività» di cui all'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973 e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972, «a titolo di tributi e relativi interessi e sanzioni». L'istituto agevolativo di cui ai commi 184 e seguenti della legge n. 145/2018 si applica, pertanto, a tutti i debiti di natura tributaria che scaturiscono dall'attività di liquidazione di cui all'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, comprese le ipotesi di omesso versamento delle imposte sostitutive risultanti dalle dichiarazioni annuali.

FATTURA ELETTRONICA
30 - Cessione di carburante con fattura
Per l'acquisto di carburante per autotrazione da parte di soggetti titolari di partita Iva, presso impianti di distribuzione in quel momento senza personale (distributori automatici) e senza lettore «qrcode», è necessario conservare la ricevuta per richiedere la fattura elettronica al distributore, oppure il pagamento con mezzi elettronici (ad esempio bancomat) è sufficiente sia per il cedente, che invierà l'incasso in via telematica all'Agenzia, sia per il cessionario che, come avvenuto fino al 31 dicembre 2018, può comunque esercitare la detrazione e la deduzione nei limiti stabiliti dalle leggi fiscali in materia, senza ulteriori documenti?

Dal 1° gennaio 2019 la cessione di carburante verso un cessionario che effettua l'acquisto nell'ambito di attività di impresa, arte e professione deve essere documentata, in via generale, con fattura elettronica, anche nel caso in cui il pagamento sia avvenuto con uno strumento tracciabile. Il cessionario è tenuto a conservare le ricevute del pagamento.

31 - Facoltativo riportare la targa
Per i rifornimenti di carburante operati dal 1° luglio scorso, con modalità di pagamento tracciate in base al provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate del 4 aprile 2018 (ad esempio carta di credito) e con esonero dalla tenuta della scheda carburante, come adempiere all'indicazione della targa del veicolo? Tale adempimento è obbligatorio o solo consigliato?

Si richiamano in proposito i chiarimenti forniti con la circolare n. 8/E del 30 aprile 2018, al punto 1.1. Con tale documento di prassi è stato precisato che, con specifico riferimento ai carburanti, gli articoli 21 e 21-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non individuano tra gli elementi da indicare obbligatoriamente la targa o altro estremo identificativo del veicolo al quale sono destinati, come invece previsto per la cosiddetta “scheda carburante”.
Ne deriva che, ai fini Iva, dal 1° gennaio 2019 la targa non dovrà necessariamente essere riportata nelle fatture elettroniche, ferma restando la possibilità di inserimento di tale elemento (laddove utile ai fini di altre imposte) nel campo “AltriDatiGestionali”, secondo le specifiche tecniche disponibili nell'area tematica del sito internet dell'agenzia delle Entrate.
Per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2018, laddove la cessione del carburante abbia avuto luogo senza contestuale compilazione della scheda carburante (utilizzabile sino a tale data) e senza emissione di fattura con indicazione della targa, il pagamento, effettuato utilizzando uno degli strumenti individuati dal provvedimento del Direttore dell'agenza delle Entrate 4 aprile 2018, ha assolto anche agli oneri in tema di deducibilità del costo e detraibilità Iva introdotti dall'articolo 1, commi 922 e 923, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

32 - Omesso versamento Iva del cedente
Se l'operazione è effettuata il 21 febbraio 2019 e il cedente (soggetto mensile) emette la fattura il 13 aprile e fa partecipare l'Iva con la liquidazione del 16 aprile, quali sanzioni vengono ridotte al 20%? In particolare, se il cedente, non inserendo la fattura nella liquidazione di marzo, si trovasse nella situazione di aver omesso il versamento dell'Iva relativa all'operazione ovvero abbia indicato un credito superiore a quello spettante la relativa sanzione sarà riducibile al 20%?

Le sanzioni oggetto della riduzione prevista dall'articolo 1, comma 6, terzo periodo, lettera b), del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, sono, secondo la formulazione letterale della norma, quelle stabilite dall'articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
Pertanto, tra le sanzioni riconducibili a tali fattispecie non rientrano quelle relative all'omesso versamento dell'Iva da parte del cedente, le quali saranno conseguentemente applicate per intero, fermi restando i principi generali in tema di ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

33 - Emissione di una copia analogica
Un operatore che vuole continuare ad emettere al momento dell'invio dei beni una fattura accompagnatoria può emettere una copia analogica indicando che la fattura elettronica è stata inviata allo SdI?

Fermi restando i chiarimenti già forniti in passato, va ricordato che la fattura cosiddetta “accompagnatoria” – di cui all'articolo 2 del decreto del ministro delle Finanze 29 novembre 1978 – dal 1° gennaio 2019, secondo la regola generale, può essere solo elettronica.
Resta la possibilità, in ipotesi di fatturazione cosiddetta “differita” (di cui all'articolo 21, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633), di far accompagnare i beni dal documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione avente le caratteristiche determinate con decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1996, n. 472.

34 - Copia del documento anticipabile
Un commerciante al dettaglio, nel caso in cui un dipendente di una società gli chieda l'emissione della fattura cosa gli deve emettere? In particolare, può emettere una copia analogica del documento che invierà al Sdi con i tempi della moratoria o dal 1° luglio entro il termine di 10 giorni previsto dal nuovo articolo 21, comma 4, del Dpr 633/72?

Fermi i tempi legislativamente fissati per l'emissione delle fatture elettroniche, le parti sono libere di concordare l'anticipazione di una copia del documento inviato tramite Sistema di Interscambio.
Tuttavia, anche in questa ipotesi il documento fiscalmente rilevante è solo la fattura elettronica emessa e ricevuta tramite il Sistema di Interscambio.

35 - Ricevuta fiscale dopo il 1° luglio 2019
Sono un'impresa di servizi e allo stato attuale emetto a seconda dei casi fattura o ricevuta fiscale. Dal 1° luglio 2019, con l'entrata in vigore dell'obbligo di invio dei corrispettivi, potrò ancora emettere la ricevuta fiscale?

Ove non sia prevista un'espressa esenzione dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi per i servizi forniti, a partire dal 1° luglio 2019 – per i soggetti Iva con un volume d'affari superiore a 400.000 euro – nonché dal 1° gennaio 2020 per tutti gli altri, fatta salva l'emissione di fattura a richiesta del cliente, sarà obbligatorio l'invio dei dati dei corrispettivi, in base all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, e non saranno più possibili forme di documentazione diverse dalla fatturazione elettronica.

36 - Fatture del 2018 ricevute nel 2019
Nel caso di fattura relativa ad acquisti effettuati nel 2018 che ricevo il 5 marzo 2019 posso esercitare il diritto direttamente nella liquidazione del 16 marzo o devo aspettare il 16 aprile?

L'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 100 del 1998, come da ultimo modificato dall'articolo 14, comma 1, del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, dispone che «entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l'ammontare complessivo dell'imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell'imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Entro il medesimo termine di cui al periodo precedente può essere esercitato il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell'anno precedente».
Per effetto della citata «eccezione» una fattura relativa al 2018, ricevuta il 5 marzo 2019, potrà essere portata in detrazione a partire dalla liquidazione periodica relativa al mese di marzo e quindi dal 16 aprile 2019.

37 - Saldo dichiarazione annuale Iva
In analogia con quanto indicato dalle circolari 12/E/2010 e 11/E/1989 dell'agenzia delle Entrate, per le operazioni ad esigibilità 2018 che ho ricevuto nel 2018 ma che registro il 23 gennaio 2019 il credito annuale lo posso utilizzare direttamente nel mese di gennaio (nella liquidazione del 16 febbraio)?

Con la circolare, 1/E del 2018, paragrafo n. 1.4, è stato chiarito che «un soggetto, che avendo ricevuto la fattura relativa allo stesso acquisto entro il 31 dicembre 2017 non abbia annotato la stessa nel 2017, potrà registrare il documento contabile, al più tardi, entro il 30 aprile 2018 (termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all'anno 2017) in un'apposita sezione del registro Iva degli acquisti relativo a tutte le fatture ricevute nel 2017. Il credito Iva concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale Iva relativa al 2017». Pertanto, nel caso prospettato, l'Iva relativa alla fattura ricevuta nel 2018 – relativa ad una operazione avvenuta nel 2018 – registrata nel 2019, concorrerà a formare il saldo della dichiarazione annuale Iva relativa al 2018.

38 - Fatture «immediate» e invio allo SdI
Il provvedimento del 30 aprile 2018, paragrafo 4.1, afferma che per data di emissione si intende quella riportata nel campo «Data» del file. Quanti giorni possono passare tra la data inserita nel documento e quella di inserimento nello SdI? La regola da seguire è di natura generale o ci sono deroghe a cavallo del mese o dell'anno?

I tempi per l'emissione delle fatture sono individuati dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Ai sensi delle disposizioni del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, sino al 30 giugno 2019, le fatture cosiddette “immediate”, ossia contestuali ad un'operazione o al suo pagamento, devono riportare la data dell'operazione e potranno essere trasmesse al Sistema di Interscambio entro i termini di liquidazione. Nessuna deroga è prevista per le operazioni a cavallo del mese o dell'anno.

39 - Fattura emessa in reverse charge
Nelle Faq si dice che il destinatario della fattura emessa in reverse charge può inserire nello SdI un altro documento per memorizzare il computo dell'Iva di cui è debitore. Quale codice deve essere utilizzato: il TD20 (provvedimento del 30 aprile 2018) riguarda solo l'autofattura-denuncia, quando cioè il fornitore non ha emesso nessun documento. Altrimenti l'operazione è memorizzata due volte.

Il tipo di documento da utilizzare è il TD01, fattura ordinaria. Il codice TD20 è utilizzato esclusivamente per le autofatture emesse ai sensi dell'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo n. 471 del 1997.

40 - Soggetti non residenti
Se per le sole fatture emesse nei confronti di un soggetto non residente si decide di trasmettere allo SdI l'intera fattura emessa in un file xml e compilando solo il campo «CodiceDestinatario» con «XXXXXXX», quale fattura dovrà essere considerata l'originale da portare in conservazione: quella inviata al cliente estero con le modalità tradizionali oppure quella trasmessa allo SdI?

Laddove si sia scelto di utilizzare il Sistema di Interscambio, l'originale delle fatture sarà quello veicolato tramite tale sistema, ossia il documento elettronico, che conseguentemente sarà soggetto alle disposizioni sulla conservazione.

REGIME FORFETTARIO
41 - Cambio in corsa verso il forfettario

Gli esercenti attività di impresa che hanno optato per la contabilità ordinaria nel 2017/2018, ma che ora hanno i requisiti di accesso per il regime forfettario a seguito delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2019, possono accedervi o devono comunque attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni Iva?

Gli esercenti attività d'impresa che hanno optato per la contabilità ordinaria possono accedere al regime forfettario a partire dal periodo d'imposta 2019 senza attendere il decorso del triennio previsto per gli esercizi delle opzioni Iva. Infatti, come indicato con circolare n. 11/2017 «…l'opzione per un regime di determinazione dell'imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto». L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997, tuttavia, consente «la variazione dell'opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative».

42 - Passaggio tra «regimi naturali»
Un soggetto che ha aperto la partita Iva nel 2018 optando per il regime semplificato (pur avendo i requisiti per il forfettario) può nel 2019 fare ingresso nel regime forfettario post modifiche della legge di bilancio 2019? Se la risposta fosse positiva, ciò è frutto:
a) del mutamento intercorso al regime del forfettario (innalzamento limite ricavi/compensi, eccetera) in base al decreto del Presidente della Repubblica 442/1997;
b) del fatto che forfettario e semplificato sono per questo soggetto entrambi “regime naturali” (risoluzione 64/E/2018);
c) per entrambe le motivazioni?

Come specificato con circolare n. 11/E/2017, il regime di cassa rappresenta il regime naturale dei soggetti che esercitano un'attività di impresa e che siano in possesso dei requisiti previsti dal comma 1 dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Possono accedere al regime di cassa anche i soggetti il cui regime naturale è quello forfettario (articolo 1, commi 54-89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190). Tali contribuenti devono a tale fine esprimere una specifica opzione secondo quanto previsto dal comma 70 del citato articolo 1 della legge n. 190 del 2014. L'opzione per un regime di determinazione dell'imposta vincola il contribuente alla sua concreta applicazione almeno per un triennio, trascorso il quale si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime scelto. L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 442 del 1997 consente «la variazione dell'opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative».
Con risoluzione n. 64/2018, è stato stabilito che il contribuente che, pur possedendo i requisiti previsti per l'applicazione del regime forfettario di cui alla legge n. 190 del 2014, abbia optato per i regimi di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del Dpr n. 600 del 1973, può passare al regime forfettario senza attendere il decorso di un triennio, anche qualora abbia scelto la particolare modalità di registrazione di cui al comma 5 del predetto articolo 18, in quanto trattasi di due regimi naturali dei contribuenti minori.
Pertanto i contribuenti in possesso dei requisiti per accedere al regime forfettario, possono transitare dal regime semplificato al forfettario già a partire dal periodo d'imposta 2019.
Nel caso specifico, in quanto il contribuente passa da un regime naturale ad un altro regime naturale, vale la seconda delle motivazioni prospettate.

43 - Partecipazione di controllo in una Srl
Il possesso di una partecipazione di controllo in una Srl che svolge attività riconducibile alla propria compromette il regime forfettario per l'anno 2019 se la partecipazione viene ceduta prima della fine del predetto anno o doveva essere non posseduta già al 1° gennaio 2019?

Il comma 57, dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede una serie di esclusioni dall'applicazione del regime, tra cui, alla lettera d), per «gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni.
In relazione al caso prospettato, nessuna preclusione sussiste ad applicare il regime agevolativo nel caso in cui il contribuente, nell'anno precedente a quello di applicazione del regime, provveda a rimuovere preventivamente le cause ostative.

44 - Stop se la Srl non è trasparente
Se un contribuente applica il regime forfettario dal 2015 e possiede una partecipazione maggioritaria in una Srl non trasparente con attività riconducibile alla propria, perde il regime forfettario dal 1° gennaio 2019?

Il comma 57 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dal comma 9 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede una serie di esclusioni dall'applicazione del regime, tra cui, alla lettera d), per «gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni
La causa inibente di cui alla lettera d) del comma 57 in commento introduce un limite all'accesso legato al concetto di controllo diretto o indiretto, vietando pertanto l'accesso ai contribuenti che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni. La presenza di tale causa inibente impedisce l'accesso al nuovo regime forfettario. Nel caso prospettato il soggetto dal 1 gennaio 2019 non può applicare il regime forfettario.

45 - Revoca dell'opzione nel semplificato
Se un contribuente nel 2018 ha applicato il regime semplificato (articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973) per opzione, avendo realizzato nel 2017 un ammontare di ricavi inferiore al limite stabilito per l'applicazione del regime forfettario, può revocare l'opzione e transitare nel regime forfettario per l'anno 2019, avendone i requisiti?

Con risoluzione n. 64/2018 è stato precisato che il contribuente che, pur possedendo i requisiti previsti per l'applicazione del regime forfettario di cui alla legge n. 190 del 2014, abbia optato per i regimi di contabilità semplificata di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, può passare al regime forfettario senza attendere il decorso di un triennio, anche qualora abbia scelto la particolare modalità di registrazione di cui al comma 5 del predetto articolo 18, in quanto trattasi di due regimi naturali dei contribuenti minori.

46 - Uscita per superamento della soglia
La legge di Bilancio 2019 (legge 145/2018, articolo 1, commi da 9 a 11), nel prevedere l'ampliamento del regime forfettario fino a 65mila euro di ricavi o compensi, non sembra definire l'ipotesi di uscita dal regime agevolato nel caso in cui in corso d'anno il contribuente superi tale limite. Di conseguenza, un contribuente che dovesse conseguire ricavi o compensi al di sopra del limite sconterà ugualmente la tassazione con imposta sostitutiva al 15% e beneficerà di esoneri e semplificazioni amministrative o contabili previste?

Il comma 54 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che i contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfettario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000.
Il successivo comma 71 prevede che il regime forfettario cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito di cui al comma 54, ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57.
Perciò, nel caso in esame, la fuoriuscita dal regime si verificherà dall'anno successivo a quello di superamento della soglia.
Regimi contabili

47 - I vincoli dall'ordinario al semplificato
Il passaggio dalla contabilità ordinaria in precedenza tenuta per opzione a quella semplificata è soggetto o meno al vincolo triennale pur se in presenza di apposita opzione Irap da parte del contribuente?

La risoluzione 64/E/2018 ha sdoganato il principio per cui la scelta di avvalersi del regime semplificato in luogo del regime forfettario non vincoli per il triennio il contribuente.
Il passaggio dalla contabilità ordinaria, scelta per opzione, alla contabilità semplificata è sempre subordinato al vincolo di permanenza triennale previsto all'articolo 18, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Il vincolo, tuttavia, può venire meno in presenza di nuove disposizioni normative, secondo quanto previsto dall'ultimo periodo dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.
I chiarimenti di cui alla risoluzione n. 64/E del 2018 si riferiscono unicamente al passaggio dal regime semplificato al regime forfettario e non anche a quello dall'ordinario al semplificato.

NUOVO REGIME DELLE PERDITE
48 - Il passaggio alla contabilità ordinaria

Le limitazioni previste dal regime transitorio in relazione all'utilizzo delle perdite prodotte negli anni 2017, 2018 e 2019 dalle imprese in contabilità semplificata si applicano anche se l'impresa abbia successivamente adottato la contabilità ordinaria?

Sì, la limitazione prevista dalla disposizione normativa intende colpire l'ammontare delle perdite maturate nel 2017 dalle imprese in contabilità semplificata per effetto delle modifiche all'articolo 66 del Tuir e, quindi, opera indipendentemente dall'eventuale e successiva opzione per il regime di contabilità ordinaria.

REDDITO D’IMPRESA
49 - La direttiva Atad

Come si applica l'articolo 12 del decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142 in presenza di holding che possiede solo partecipazioni in una sub-holding, la quale, a sua volta, detiene in prevalenza partecipazioni in società industriali e commerciali?

L'articolo 12, comma 1, lettera b), del Dlgs 142/2018, nell'introdurre il nuovo articolo 162-bis del Tuir, definisce la nozione di intermediari finanziari ai fini Ires e Irap, in particolare, chiarendo quando una holding di partecipazioni abbia i requisiti per essere considerata tale, avuto riguardo alla composizione delle partecipazioni detenute. Nello specifico caso in esame, le prescrizioni del legislatore “al primo livello” della catena societaria non possono non valere per i successivi livelli e, quindi, per verificare se l'holding che possiede solo partecipazioni in una sub-holding sia un intermediario finanziario sarà necessario guardare alla composizione delle partecipazioni detenute dalla sub-holding.

50 - Entry tax: minusvalenze latenti
Il criterio del «valore di mercato» non si applica solo in presenza di plusvalenze, ma anche in presenza di minusvalenze latenti nello Stato estero di provenienza. Se nello Stato estero di provenienza le minusvalenze latenti non danno luogo a sgravi fiscali (come del resto accade nella exit tax italiana in base al nuovo articolo 166 del Testo unico) è possibile utilizzare come costo fiscale in Italia l'ultimo fiscalmente riconosciuto nello Stato estero anziché il «valore di mercato» onde evitare che la minusvalenza non sia riconosciuta né all'estero né in Italia?

Come chiarito nella risoluzione n. 69/E del 5 agosto 2016, la ratio dell'articolo 166-bis del Tuir consiste nel ripartire correttamente la potestà impositiva tra le giurisdizioni coinvolte nell'operazione di trasferimento di un soggetto che esercita un'impresa commerciale ed evitare, conseguentemente, che plusvalori e minusvalori che sono maturati fuori dal reddito d'impresa italiano possano concorrere alla formazione dello stesso. Non si ritiene pertanto possibile derogare al criterio del “valore di mercato”; valore al quale occorre fare riferimento anche in caso di beni minusvalenti, come espressamente previsto dall'articolo 166-bis del Tuir, indipendentemente dalla circostanza che tali valori abbiano assunto o meno rilevanza fiscale nel Paese di provenienza.

51 - Tax rate Ires
Nel calcolo del livello di tassazione effettiva italiana con il quale confrontare quella estera si deve considerare anche l'Irap?

Il nuovo articolo 167, comma 4, lettera a) del Testo unico - richiamato dall'articolo 47-bis - per quanto riguarda i dividendi, considera «a fiscalità privilegiata» i soggetti controllati non residenti che «sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia» (ai fini dell'applicazione delle disposizioni sulle società estere controllate è richiesto, inoltre, che oltre un terzo dei proventi siano passive income).
La disciplina Cfc si applica al ricorrere congiunto delle condizioni indicate nel comma 4 dell'articolo 167 del Tuir.
In particolare, la condizione di cui alla lettera a) è rappresentata da una tassazione effettiva nel Paese di localizzazione del soggetto controllato non residente inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stato assoggettato qualora residente in Italia. Come stabilito dall'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, l'individuazione dello Stato a fiscalità privilegiata si basa sul carico effettivo di imposizione e non su quello nominale.
Al riguardo, nella relazione illustrativa al decreto legislativo 29 novembre 2018, di attuazione della direttiva (Ue) 2016/1164, viene chiarito che nel confronto tra tax rate “effettivo” estero e tax rate “virtuale” interno occorre fare esclusivo riferimento, in relazione alla tassazione virtuale domestica, all'imposta sul reddito delle società (Ires).

52 - Dividendi in white e black list
È molto discussa l'interpretazione da dare all'articolo 1, comma 1007, primo e secondo periodo della legge 205 del 2017. Le incertezze interpretative derivano dal fatto che la norma regola il caso in cui, al momento della percezione degli utili, la società estera beneficia di un regime fiscale privilegiato, ma non ne beneficiava nell'anno della produzione del reddito, ma non regola il caso inverso.
Alcuni ritengono che la norma abbia portata tale da superare del tutto la posizione assunta dall'Agenzia nella circolare 35/E/2016. Secondo questi interpreti, la nuova disposizione fisserebbe il principio secondo cui il regime impositivo dei dividendi va sempre collegato agli utili da cui vengono attinti, nel senso che se tali utili si sono formati quando l'entità estera era considerata “privilegiata” secondo le norme all'epoca vigenti, tali dividendi rimangono soggetti a tassazione integrale e, viceversa, se si sono formati quando la società non era considerata “privilegiata”, il relativo dividendo può fruire dell'ordinario regime di detassazione. Altri, fra i quali Assonime nella circolare 15 del 2018, paragrafo 2.6, ritengono invece che la norma non intenda integralmente “ripudiare” la tesi seguita dall'Agenzia nella circolare 35/E, ma semplicemente “correggerla” in parte, per l'ipotesi in cui l'impresa estera non fosse considerata “privilegiata” all'epoca di formazione dell'utile e lo sia divenuta al momento della distribuzione di tale utile. Qual è la posizione ufficiale dell'Agenzia a riguardo?

Con la legge di bilancio 2018 non è stata introdotta una disposizione di portata generale, incentrata sul periodo di maturazione degli utili, ai fini dell'individuazione del regime fiscale applicabile ai dividendi esteri percepiti dal socio italiano.
L'intento perseguito dal legislatore è, piuttosto, quello di tutelare l'affidamento di quanti abbiano confidato nella natura non paradisiaca del Paese in cui hanno effettuato l'investimento quando tale Paese integri i nuovi presupposti dettati dall'articolo 167, comma 4, del Tuir.
Pertanto, si ritiene che la disposizione in esame non si applichi ai dividendi che si sono formati quando l'entità estera era considerata residente in un Paese considerato a fiscalità “privilegiata” secondo le norme all'epoca vigenti, ipotesi in relazione alla quale restano fermi i chiarimenti forniti con circolare n. 35/E del 2016.

INTERESSI PASSIVI
53 - Micro-imprese e costo ammortizzato

Per quanto riguarda l'applicazione del nuovo articolo 96 del Testo unico è corretto, nel caso di «microimprese» che determinano il reddito imponibile Ires secondo il principio della derivazione giuridica semplice, considerare la completa irrilevanza fiscale degli eventuali interessi calcolati in applicazione facoltativa del costo ammortizzato?

Si tratta, infatti, di una situazione nella quale la microimpresa deve gestire un doppio binario per determinare l'ammontare deducibile secondo le regole giuridico-formali.
Il nuovo articolo 96 del Tuir, in vigore a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, si applica agli interessi passivi e agli interessi attivi che sono qualificati come tali dai principi contabili adottati dall'impresa, e per i quali tale qualificazione è confermata dalle disposizioni emanate, tra l'altro, in attuazione dell'articolo 13-bis, comma 11, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.
Considerato che il criterio del costo ammortizzato non assume rilevanza fiscale per le micro imprese, ai sensi del predetto articolo 13 bis, i relativi interessi passivi risultanti in bilancio non sono qualificati e classificati come tali in ambito fiscale. Di conseguenza, gli stessi - non essendo interessi da un punto di vista fiscale - non rientrano nella disciplina di cui all'articolo 96 in esame.

54 - La rilevanza dei principi contabili
È corretto che le modifiche apportate con il nuovo comma 3 dell'articolo 96 del Tuir sulla componente finanziaria implicita contenuta in contratti diversi da quelli con causa finanziaria, assuma rilevanza solo se contabilmente espressa? Pertanto se, correttamente, sulla base dei principi contabili, non viene esplicitata, nessuna rilevanza assume ai fini della disposizione in esame?

I soggetti che applicano il bilancio in forma abbreviata hanno la facoltà di non utilizzare il criterio del costo ammortizzato per la valutazione dei crediti e dei debiti. Nel caso di mancata applicazione del principio non emergeranno contabilmente interessi con riferimento alle poste rilevanti e questo comporterà l'assenza di voci di bilancio (interessi) a cui applicare l'articolo 96 del Tuir. Viceversa nel caso di interessi impliciti e scorporati sulla base dei principi contabili (Oic 19) si genereranno componenti di reddito a cui applicare la disciplina dell'articolo 96 del Tuir.
Il nuovo articolo 96 del Tuir, applicabile a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, si applica agli interessi passivi e agli interessi attivi che sono qualificati come tali dai principi contabili adottati dall'impresa, e per i quali tale qualificazione è confermata dalle disposizioni emanate, tra l'altro, in attuazione dell'articolo 13-bis, comma 11, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244.
Ne deriva che l'articolo 96 in esame non trova applicazione nel caso in cui, sulla base della corretta applicazione dei principi contabili, non emergono in bilancio interessi passivi.

SOCIETÀ AGRICOLE
55 - L'opzione per il regime catastale

Una società che svolge sia attività agricola sia commerciale può rientrare nello speciale regime previsto dall'articolo 1, comma 1093, della legge 296/2006 se cede l'attività commerciale ad una società del gruppo?

L'articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), stabilisce che «le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come da ultimo modificato dal comma 1096 del presente articolo, possono optare per l'imposizione dei redditi ai sensi dell'articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni».
L'articolo 2 del decreto legislativo n. 99 del 2004, al comma 1, dispone che «la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'articolo 2135 del Codice civile deve contenere l'indicazione di società agricola».
Pertanto, le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative possono qualificarsi come società agricole se:
a)la ragione sociale (se si tratta di società di persone) o la denominazione sociale (se si tratta di società di capitali) contengono l'indicazione “società agricola”.
b)l'oggetto sociale prevede l'esercizio esclusivo delle attività di cui all'articolo 2135 del Codice civile, ovvero delle attività di coltivazione del fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali e delle attività connesse.
Tale requisito formale, come precisato nella circolare 50/E del 1° ottobre 2010, deve trovare un riscontro nell'attività in concreto svolta dalle società agricole.
Si evidenzia, in particolare, come peraltro già chiarito nella circolare 50/E del 1° ottobre 2010, che il requisito dell'esclusività viene meno in caso di possesso di partecipazioni in altre società salvo che sussistano contestualmente le seguenti condizioni:
-● la partecipata sia anch'essa una società agricola che, dunque, svolge esclusivamente le attività di cui all'articolo 2135 del codice civile;
-● i dividendi derivanti dal possesso di tali partecipazioni siano inferiori ai ricavi derivanti dallo svolgimento delle attività agricole svolte direttamente dalla partecipante.
Pertanto, con riferimento al quesito posto, nel caso in cui la società trasferisse il ramo d'azienda riferibile all'attività commerciale ad una società del gruppo da essa non partecipata, limitandosi ad esercitare la sola attività agricola, l'opzione per il regime di tassazione catastale potrebbe essere esercitata a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui si è realizzata la cessione del ramo commerciale. Ciò in quanto i requisiti previsti dalle disposizioni dianzi richiamate (compreso l'esercizio esclusivo dell'attività agricola) devono sussistere sin dall'inizio del periodo d'imposta cui si riferisce l'opzione.

IPERAMMORTAMENTO
56 - Quando scatta il recapture

In tema di iperammortamento, l'articolo 7 del decreto legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2018, stabilisce che la cessione del bene agevolato durante il periodo di fruizione della maggiorazione comporta il recupero dell'agevolazione. Al riguardo, si chiede di chiarire i seguenti dubbi:
-● la restituzione dell'agevolazione scatta sempre o solo per le cessioni all'estero?
- il meccanismo di recapture scatta anche in caso di cessione d'azienda o di ramo d'azienda?

In tema di iperammortamento, l'articolo 7, comma 2, del decreto legge n. 87 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2018, introduce un meccanismo di recapture che si attiva nel caso in cui, nel corso del periodo di fruizione della maggiorazione, i beni agevolati vengano «ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all'estero, anche se appartenenti alla stessa impresa».
Riguardo al primo quesito, sia il tenore letterale della rubrica dell'articolo 7 («Recupero del beneficio dell'iperammortamento in caso di cessione o delocalizzazione dei beni»), sia il contenuto dell'articolo stesso e della relativa relazione illustrativa («Il comma 2 introduce nella disciplina dell'iperammortamento un meccanismo di ricupero delle agevolazioni concesse per i casi in cui, nel corso della fruizione del beneficio, i beni agevolati formino oggetto di cessione a titolo oneroso o di delocalizzazione») inducono a ritenere che le fattispecie disciplinate dalla disposizione normativa siano quelle della «cessione a titolo oneroso» tout court e della “delocalizzazione” (termine usato nella rubrica, nella disposizione normativa e nella relazione illustrativa come sinonimo della «destinazione a strutture produttive situate all'estero»).
Pertanto, si è del parere che il recupero dell'iperammortamento previsto dall'articolo 7, comma 2, del decreto 87/2018, si applichi a tutte le cessioni dei beni agevolati, indipendentemente dal fatto che queste siano effettuate verso l'Italia o verso l'estero oltreché alle destinazioni a strutture produttive situate all'estero.
In merito al secondo quesito, relativo all'applicabilità del meccanismo di recapture in caso di cessione d'azienda o di ramo d'azienda, si osserva quanto segue.
Come affermato nella circolare 4/E del 2017, l'obiettivo dell'iperammortamento è quello di incentivare e sostenere gli investimenti finalizzati alla trasformazione tecnologica e digitale delle aziende in chiave “4.0”.
Con la cessione del singolo bene si distoglie il cespite dalla originaria funzione ad esso attribuita dalla norma agevolativa nel contesto aziendale e si vanifica, di fatto, la finalità dell'incentivo. Per tale ragione, la cessione effettuata prima della completa fruizione del beneficio viene penalizzata dal comma 2 dell'articolo 7 del decreto dignità attraverso il recupero dell'agevolazione.
Tale recupero non scatta, invece, nell'ipotesi in cui il bene iperammortizzabile ceduto venga sostituito da un altro bene dalle caratteristiche uguali o superiori: in tal caso, il livello tecnologico raggiunto dall'azienda non si riduce e l'agevolazione viene mantenuta (comma 4 dell'articolo 7).
Si ritiene che la fattispecie della cessione del singolo bene debba essere separata dalla diversa ipotesi del trasferimento del bene agevolato all'interno di un compendio aziendale oggetto di un'operazione straordinaria (indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa).
In quest'ultima ipotesi, infatti, il trasferimento del bene nell'ambito di un'azienda o di un ramo d'azienda, diversamente dall'ipotesi di trasferimento del singolo cespite, non vanifica la finalità sottesa alle disposizioni agevolative: in tal caso, infatti, l'azienda mantiene, sotto il profilo tecnologico e digitale, sempre lo stesso livello “qualitativo”. In altre parole, i beni agevolati e l'azienda in cui essi sono inseriti continuano ad essere utilizzati come un complesso unitario, tecnologicamente trasformato, in coerenza con la ratio della norma agevolativa.
Pertanto, il mutamento della titolarità di un'azienda (o di un ramo d'azienda) che contiene uno o più beni agevolati non comporta il venir meno dell'iperammortamento, la cui fruizione continuerà, in capo all'avente causa, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al dante causa, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento della proprietà del complesso aziendale.

57 - Quando il costo supera il preventivo
Qualora, in base al comma 30 della legge n. 205/2017, si sia proceduto a confermare l'ordine per un investimento «Industria 4.0» entro il 31 dicembre 2018, con pagamento dell'acconto del 20% e, a consuntivo, il corrispettivo risulti superiore a quello contrattuale, l'eccedenza non coperta dall'acconto 20% può usufruire del nuovo iperammortamento con maggiorazione “a scaglioni” previsto dalla legge di bilancio 2019?

Esempio - Ordine del 31 dicembre 2018 per 1.000.000 con acconto pagato per 200.000. Consegna a fine 2019 con prezzo a consuntivo di 1.100.000. L'importo contrattualizzato nel 2018 (1.000.000) rientra nell'agevolazione della legge n. 205/2017 (maggiorazione fissa del 150%). L'eccedenza di 100.000 può usufruire del comma 60 della legge di bilancio 2019, unitamente agli altri investimenti 4.0 realizzati in tale anno?
La disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 30, della legge n. 205 del 2017 fissa il termine di scadenza per l'“effettuazione” di un investimento agevolabile al 31 dicembre 2018; tuttavia, qualora a tale data esistano un impegno all'acquisizione del bene e un acconto minimo (20 per cento) da parte dell'acquirente, l'“effettuazione” dell'investimento (ad esempio la consegna del bene in caso di compravendita o l'accettazione definitiva dell'opera in caso di appalto) può “slittare” fino al 31 dicembre 2019 senza perdere l'agevolazione.
Al riguardo, si ritiene che, nei casi in cui l'acconto corrisposto dovesse rivelarsi ex post inferiore al limite minimo previsto dalla norma (20 per cento) - in conseguenza, ad esempio, di una successiva revisione in aumento del costo originariamente pattuito al 31 dicembre 2018 -, l'investitore non perda la possibilità di accedere all'estensione temporale al 31 dicembre 2019.
Tuttavia, in tale ipotesi, la modifica intervenuta nel costo del bene imporrà un separato calcolo dell'agevolazione: il costo originario pattuito al 31 dicembre 2018 sarà assoggettato alla disciplina prevista dall'articolo 1, comma 30, della legge n. 205 del 2017; il costo eccedente sarà agevolabile secondo la disciplina prevista dall'articolo 1, comma 60, della legge n. 145 del 2018.
In altri termini, la maggiorazione del 150 per cento verrà calcolata sul costo originario pattuito al 31 dicembre 2018 (1.000.000 di euro nell'esempio).
Per la parte di costo eccedente quello originario (100.000 euro nell'esempio), l'investitore, al ricorrere dei presupposti previsti dal citato comma 60, potrà fruire della maggiorazione “a scaglioni”.

IMPOSTA DI REGISTRO
58 - Spese di lite e prenotazione a debito

In un giudizio civile in caso di soccombenza di un'amministrazione dello Stato con condanna alle spese di lite a favore della parte privata attrice, la registrazione della sentenza avviene mediante l'istituto della prenotazione a debito?

Sì, in un giudizio civile in cui un'amministrazione dello Stato è condannata alle spese di lite a favore della parte privata attrice, la registrazione della sentenza non avviene a seguito del versamento della relativa imposta di registro, ma avviene mediante l'istituto della prenotazione a debito, previsto dall'articolo 59, comma 1, lettera a), del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro e dall'articolo 158, comma 1, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. Pertanto, per gli atti dell'autorità giudiziaria in cui un'amministrazione dello Stato è parte soccombente, con condanna alle spese di lite, il cancelliere, che è obbligato a richiedere la registrazione degli atti giudiziari in base all'articolo 10, comma 1, lettera c), del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, richiede al competente ufficio territoriale dell'agenzia delle Entrate di procedere alla registrazione della sentenza mediante l'istituto della prenotazione a debito.

59 - Spese compensate e registrazione
In caso di compensazione delle spese di lite in un giudizio in cui è parte un'amministrazione dello Stato, a chi spetta il pagamento dell'imposta per la registrazione della sentenza, ed in quale misura?

Come previsto dall'articolo 159 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia e chiarito nella risoluzione dell'agenzia delle Entrate 95/E del 19 novembre 2015, in un giudizio in cui è parte un'amministrazione dello Stato, se il giudice dispone la compensazione delle spese di lite, il cancelliere richiede la registrazione della sentenza con la prenotazione a debito per la metà o per la quota di compensazione dell'imposta di registro. L'ufficio dell'agenzia delle Entrate registra la sentenza, ma alla parte privata spetta il pagamento della propria quota di imposta di registro. Pertanto, se la parte privata non ha effettuato spontaneamente il versamento di tale quota, l'ufficio notifica l'avviso di liquidazione con la relativa richiesta di pagamento.

60 - Liquidazione dell'intera imposta
Come deve comportarsi la parte privata cui viene notificato un avviso di liquidazione dell'intera imposta di registro di una sentenza resa all'esito di un giudizio in cui l'altra parte che è risultata soccombente con condanna totale alla refusione delle spese è una amministrazione dello Stato?

Nei giudizi che si concludono con l'accoglimento delle domande e la soccombenza integrale alle spese dell'amministrazione dello Stato, l'imposta di registro non è dovuta dalla parte privata, ma resta a carico dell'amministrazione soccombente. Tuttavia, se il cancelliere non ha richiesto la registrazione a debito e l'ufficio dell'Agenzia ha notificato alla parte privata un avviso di liquidazione con la richiesta di pagamento dell'imposta dovuta per la registrazione della sentenza, sarà la stessa parte privata a dover presentare all'ufficio che ha emesso l'avviso di liquidazione apposita istanza di autotutela per l'annullamento del suddetto avviso.

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