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Eco-Copenaghen, weekend lungo nella capitale verde del Grande Nord

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City Break

Eco-Copenaghen, weekend lungo
nella capitale verde del Grande Nord

Nyhavn, la zona più famosa di Copenaghen, le cui case colorate sono il volto tradizionale della capitale danese
Nyhavn, la zona più famosa di Copenaghen, le cui case colorate sono il volto tradizionale della capitale danese

Ci hanno provato in tutti i modi. Staccandola dallo scoglio e gettandola in mare, oltraggiandola con sexy toys, decapitandola, coprendola di vernice e persino con un burqa. Ma la Sirenetta (Lille Havfrue in danese), che da quasi un secolo se ne sta su un sasso alla banchina di Langeline, è ancora lì. Più per i giapponesi che per i suoi concittadini, per la verità, i quali, senza pensarci troppo, hanno deciso di farne poco più di un mito turistico da esportazione spedendola a Shanghai per l'Expo 2010. Tanto, dicono i danesi di Copenaghen, non se ne accorgerà nessuno (a parte i giapponesi). Loro da tempo preferiscono altre parti della città: Holmen, Christianshavn e, più a sud, Islands Brygge e Ørestad. E, da tempo, hanno riconquistato un rapporto sereno con il loro mare, costellando le banchine di architetture monumento, di piazze digradanti verso i canali, di case di vetro che si innalzano dall'acqua come palafitte.

I nuovi simboli della città
Basta un raggio di sole e li trovi tutti lì, i danesi di Copenaghen, seduti sulla piazza calcarea della Black Diamond – l'ala hi-tech della vecchia Royal Library che si apre con una crepa vertiginosa verso il canale – o con i piedi nell'acqua fredda che lambisce l'ingresso della nuova Opera House, come un tempo, ma lo fanno ancora, se ne stavano, in maglietta e i calzoni tirati su, a cavalcioni sui muretti di Nyhavn, l'antico porto le cui case colorate erano, una volta, il simbolo della città.

Oggi i simboli sono altri, e nessuno di questi osa nascondere quel desiderio atavico di unirsi al mare. La nuova Concert Hall di Jean Nouvel è stata inaugurata un anno fa. Di canale ne vede solo un pezzo (il vicino Emil Holms), e per lo più è circondata da palazzoni e uffici di vetro. Il treno sopraelevato che arriva dalla città vecchia le passa di fianco, ma il suo cubo blu cobalto rivendica tutta la sua liquidità. Sulla pelle traslucida e semitrasparente, durante il giorno si vedono muovere le figure dall'interno, mentre, la notte, sono le immagini proiettate dei musicisti in concerto a dare vita a questo immenso volume luminoso. La forma scomposta dell'auditorium (15 palchi asimmetrici) sembra quella di uno scoglio e, fra i critici, c'è chi vi intravede la pietra su cui è posata l'eroina di Hans Christian Andersen.

Secondo la stampa, per costruire questa ambiziosa casa di tutte le musiche sono stati spesi 226 milioni di euro. Troppi. Ma il quartiere ne ha bisogno: qui si sta costruendo la città della radio (Dr Byen), l'università è lì vicino, e sul canale si affacciano quelle case degli studenti, cerchi di legno e triangoli di vetro, che stanno richiamando l'attenzione di tutti gli appassionati di architettura. Eppure è semplice, si fa per dire vista la struttura, edilizia civile. Civile nel senso nordico del termine, ovvero edilizia di Civiltà. Perché, dicono i danesi di Copenaghen, Ørestad è giovane, ed è il futuro. Così, per disegnarla, l'amministrazione ha chiamato un'altra archistar, Daniel Libeskind. Chi si guardasse intorno, si accorgerebbe del comprensibile sforzo di una zona periferica di uscire dal grigio monotòno, ma anche dell'acqua limpida, delle biciclette diligentemente parcheggiate, della gioia composta che si respira tra queste case giovani per i giovani.

Chi invece sospetta un epilogo incerto, torni indietro e vada verso Holmen, la zona che fino a tredici anni fa era riservata alla Marina Militare. Allora, alla fine di Prinsessegade c'era un cancello bianco che non si poteva valicare. Oggi, quattro accademie d'arte, rimessaggi delle barche trasformati in locali alla moda, residenze raffinate e, soprattutto, l'Opera House di Henning Larsen, un globo di vetro trasparente sormontato da un tetto che sembra non voler altro che prendere il largo. Di fronte, al di là del canale, c'è il Frederiksstaden, quartiere aulico voluto da re Federico V, e Amalienborg, il palazzo della famiglia reale che sembra comprendere al centro, ma è un effetto ottico, la Frederiks Kirke, la Chiesa di Marmo. Vecchio e Nuovo che si guardano in faccia. E nessuno dei due rinnega l'altro.

Semaforo verde
Una volta c'erano gli hippies e il sogno anarcoide di Christiania. Oggi che la città libera è stata ridimensionata e che la sua comunità alternativa è poco più che un'attrazione turistica, la coscienza verde di Copenaghen ha toni più consapevoli, e più ambiziosi. Environment Metropolis è un progetto che per il 2015 si prefigge di garantire un'area verde raggiungibile a piedi in meno di 15 minuti e un consumo di cibo biologico superiore al 90 per cento a tutti gli abitanti. Oggi è al 45 ed è già record, perché qui la green economy, che nel 2008 è cresciuta del 17 per cento e nel 2009 è aumentata ulteriormente. E' banale realtà, regola quotidiana. Almeno per i danesi di Copenaghen che, per il 36 per cento, se ne vanno in bicicletta al lavoro pedalando come furie su piste ciclabili larghe tre metri: e guai a non rispettare il rosso! Vai a bere una birra, e scopri che nella terra di Carlsberg e Tuborg, servono solo okologisk come la Thisted o la Stuykman Witt.

Ti rifugi in un hotel a quattro stelle in pieno centro e leggi che riceve energia pulita dai mulini a vento sulla spiaggia di Amager, che i rubinetti hanno dei sensori per dosare il flusso d'acqua, la raccolta differenziata comincia nella tua stanza, e le bottigliette di shampoo sono preistoria. Le maggiori catene alberghiere, Scandic, Brøchner o Sas, si fregiano di certificazioni Green Key, Swankey o CO2 Neutral, servono colazioni Bio e vantano camere anallergiche. A questa corsa alla sostenibilità ambientale non sfuggono le nuove opere: la Dr Byen è energeticamente autosufficiente e i 2500 impiegati che vi lavorano sanno che la climatizzazione, calda e fredda, dipende rispettivamente dai mille mq di pannelli solari termici e fotovoltaici, dal calore emanato dalle luci dei tre studio televisivi, e dall'acqua del sottosuolo e piovana. Persino Tivoli, tempio del puro divertimento, si convertirà dal 2010 all'energia eolica (le pale questa volta sono ad Avedøre) con una nuova giostra per la simulazione di volo a impatto zero.

In attesa che, sempre quest'estate, in Israel Plads apra Torvehallerne, 7000 mq per il tempio dei prodotti Bio e della Danimarca verde. Poco più a est, separata da 16 chilometri di mare e unita da un ponte, c'è la Svezia. Tallona la Danimarca con il culto dell'ambiente piazzando a Malmö il primo tetto-giardino del mondo e inventandosi una raccolta differenziata in cui i rifiuti vengono aspirati dalle cantine per finire direttamente al deposito. Ma, per i danesi, non c'è nulla di meglio che una sana competizione. E nulla di più saggio di una strategica alleanza. Così, insieme, hanno costituito la prima regione transnazionale, l'Øresund. Oltre alla passione verde li unisce un certo gusto scandinavo per lo spazio, le linee pulite e, strano a dirsi, le spiagge. Da una parte c'è Amager, dall'altra Ribersborg. I kitesurf si stagliano su una corona di pale eoliche. Insieme questa volta, si godono tutta la luce che possono. E il Mare del Nord.

Per saperne di più e per organizzare il vostro viaggio consultate la pagina degli indirizzi.

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