Polibio, storico greco e conoscitore di cose militari, lo aveva ammesso: i romani sono audaci e tatticamente superiori, molto più agili della falange macedone che al confronto appare rigida e pesante. Nella battaglia di Cinocefale (197 a.C.) bastò poco più di un manipolo di uomini per sorprenderla alle spalle e consegnare la vittoria su di un piatto d'argento al proconsole Tito Quinzio Flaminino. Flaminino tornò a Roma trionfante, esibendo un bottino di guerra mai visto prima: 43.270 libbre d'argento, 84.000 tetradramme attiche coniate, 3.174 libbre d'oro, 14.514 filippi, 114 corone d'oro, armi di ogni genere, oggetti artistici e statue di una bellezza mai vista.
Le opere d'arte greche esibite nel corso della processione trionfale dai generali Marcello, Flaminino, Emilio Paolo e Pompeo erano di una qualità mai ammirata prima, talvolta persino realizzate in materiali preziosi fino ad allora sconosciuti in città. E furono proprio quei volti scolpiti e quelle statue di marmo pregiato dai corpi meravigliosi e perfetti, a portare a Roma un vento nuovo, un soffio eccitante di raffinatezza e di cultura altrimenti inconcepibile negli austeri ambienti senatoriali e nei discorsi dei padri della Repubblica, conservatori e incorruttibili come Catone.
Questo mutato atteggiamento nei confronti della cultura ellenica consentirà a Pompeo quattro generazioni dopo, nel 74 a.C., di dedicare sul Campidoglio non l'immagine di una divinità, ma una statua di atleta che si deterge con lo strigile (apoxyomenos), già appartenente al tesoro dei sovrani di Bitinia. Più che uno scandalo, fu un fatto di straordinaria importanza e senza precedenti, che apriva la strada a future interpretazioni del ruolo politico e culturale della capitale di quello che sarà l'Impero più vasto e potente del mondo antico e di cui Augusto per primo se ne fece intelligente interprete e protagonista.
Questi sono gli antefatti alla mostra L'età della Conquista. Il fascino dell'arte greca a Roma (a cura di Eugenio La Rocca e Claudia Parisi Presicce) che inaugurata il 13 marzo in Campidoglio, nelle sale dei Musei Capitolini, per rimanere aperta al pubblico fino al 5 settembre. E' la prima di una serie di cinque grandi mostre tematiche (I giorni di Roma) che dal 2010 fino al 2014 approfondiranno tutte le maggiori tappe della storia romana, dalla conquista della Grecia alla costruzione dell'Impero, da Traiano ad Adriano per giungere fino all'epoca della decadenza di Marco Aurelio e Diocleziano.
I capolavori dell'arte antica esposti per l'occasione provengono dai maggiori musei europei e coprono un arco temporale che va dalla fine del III secolo alla seconda metà del I secolo a.C., uno dei momenti fondamentali per la futura identità culturale e artistica romana, non solo dell'età repubblicana. Attraverso la visione di imponenti statue in marmo, raffinate opere in bronzo e terracotta, interi cicli scultorei, fregi ed elementi di arredo domestico in bronzo e argento, unici e rari da vedere tutti insieme in una volta sola, la mostra narra al visitatore il profondo mutamento di un'epoca, dalle consuetudini di tutti i giorni ai canoni del gusto estetico e della bellezza.
L'esposizione è suddivisa in quattro sezioni: la prima, dal titolo Dei e santuari, presenta fregi e frontoni in terracotta provenienti da alcuni templi celebri; la seconda, Monumenti onorari, raccoglie abiti militari e armature che danno risalto alla figura del generale vincitore, con statue dai corpi in posa, vigorosi e autorevoli; la terza, Vivere la Grecia, offre ovviamente un approfondimento sull'affermazione del gusto greco in ogni ambiente del vivere, persino nel settore degli arredi domestici come candelieri, tavoli, crateri, vasellame prezioso che ornava le tavole di tutti i giorni; ed infine, la quarta ed ultima sezione, Costumi funerari, mostra forse la parte in cui romani vennero meno influenzati dai greci, il culto dei morti. In questo caso Roma rimase fiera delle delle proprie tradizioni, continuando a mostrarsi ancora orgogliosamente avvinta nelle pieghe delle toghe, simbolo d'appartenenza all'Urbe.
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