Viaggi24

Weekend a Rovigo: per scoprire il talento nascosto di Mattia Bortoloni

  • Abbonati
  • Accedi
Mostre & Eventi

Weekend a Rovigo: per scoprire
il talento nascosto di Mattia Bortoloni

Mattia Bortoloni: Giunone chiede ad Eolo (particolare)
Mattia Bortoloni: Giunone chiede ad Eolo (particolare)

C'è ancora tempo ancora fino al 13 giugno per visitare a Palazzo Roverella, al centro di Rovigo, la bella mostra dedicata alla pittura del ‘700 nel Veneto che raccoglie una selezione mozzafiato di magistrali opere di Tiepolo, Piazzetta, Pellegrini, Ricci e Balestra a fianco a quelle di un pittore fino ad oggi inedito, il rodigino Mattia Bortoloni (1696 – 1750). Un finale a sorpresa che stupirà i visitatori, ma soprattutto esperti ed amanti d'arte.

La mostra ovviamente merita di essere visitata per tutto ciò che offre, ma ancor più della mostra in sé, vale la pena fare una gita a Rovigo per vedere più da vicino le tele di questo straordinario pittore le cui notizie biografiche sono purtroppo poche e legate a un ristretto numero di documenti, fonti antiche e opere certe che scandiscono il suo percorso artistico. Senza nulla togliere alla grandezza dei "titani" veneti, l'esposizione di Rovigo ha dunque una sua particolare originalità in quanto affianca ad ogni tela dei più celebri pittori del tempo, quelle di Mattia Bortoloni, con l'obiettivo preciso di creare un raffronto puntuale con i suoi conterranei e contemporanei.

Una mostra coraggiosa, senza dubbio, che merita di essere visitata con occhio critico e raccontata come una leggenda. Una leggenda di un santo minore, ma non per questo meno efficace nel fare miracoli sia pure con pennelli e colori.
Nato il 31 marzo 1696 molto probabilmente a San Bellino (Rovigo), Matteo, dipinge e firma la sua prima pala d'altare a soli 23 anni, nel 1719, nella parrocchiale di Castelgugliemo, dove probabilmente era stato battezzato. Dell'infanzia del pittore in Polesine non sono pervenute ulteriori notizie, ma sappiamo con certezza che "fin da putelo" era residente a Venezia e che, stando alle notizie riportate dai cronisti del tempo, qui entrò nella bottega di uno degli artisti più affermati, il veronese Antonio Balestra, dal quale apprese i "primi fondamenti dell'arte".

Nelle sue prime opere non emergono con evidenza solo modi desunti dal Balestra, ma elementi combinati in una maniera del tutto originale derivanti da Giambattista Piazzetta e Sebastiano Ricci. Anche se l'esordio di Bortoloni è sancito dall'affresco del palazzo padovano della famiglia Cornaro, la prima opera ad essere conosciuta risulta l'importante ciclo ad affresco di Villa Cornaro a Piombino Dese.

Il ciclo padovano non ha mancato di stupire gli studiosi per la complessità del programma iconografico che comprende quarantasei riquadri policromi con scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo testamento e cinquantotto allegorie a monocromo ispirate all'Iconologia di Cesare Ripa.
Fin dagli esordi Bortoloni rivela una predilezione per l'affresco che gli assicurerà commissioni e fortuna tanto a Venezia quanto nella terraferma. Prova ne è, nel 1723, la vittoria del concorso per la decorazione del soffitto della cappella di San Domenico nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia con il quale ha l'occasione di confrontarsi con l'illustre coetaneo Giambattista Tiepolo e con un già affermato Giambattista Piazzetta.

Dal 1729 Mattia Bortoloni è attivo nella Chiesa di San Nicola da Tolentino per la sua più importante commissione, l'affresco della volta del coro, che curiosamente coincide con l'interruzione di ogni altro incarico, forse dovuta all'imporsi dell'astro di Giambattista Tiepolo. Questo lavoro, conclusosi nel 1732, costituisce comunque l'apice delle imprese realizzate in area veneta in cui lo stile, evolutosi ormai dalla maniera del francese Louis Dorigny presente anche a Piombino Dese, si orienta verso una più scoperta eleganza formale derivata da Sebastiano Ricci. Interessante per altri versi il suo intervento a Ferrara, voluto dal cardinale Tommaso Ruffo e probabilmente reso possibile grazie alla mediazione dei Padri Teatini ferraresi, che potevano verosimilmente conoscere il pittore dai contatti con i loro confratelli veneziani.

Dal 1739 Bortoloni si trasferisce poi nel capoluogo lombardo dove riprende la sua attività di frescante.
Le prime opere note, ascrivibili a questo periodo, sono gli affreschi della Capella del SantissimoSacramento presso il Duomo di Monza, seguono quelli nella Chiesa di Santa Barnaba a Milano, nel castello Visconteo a Brignano d'Adda, ma anche nei palazzi milanesi Dugnani e Clerici. Attorno al 1745 – 1746 Mattia Bortoloni inizia invece la sua esperienza piemontese, dapprima a Torino a Palazzo Barolo e in seguito nel cuneese, nel santuario di Vicoforte a Mondovì dove decora la cupola con la Glorificazione di Maria Santissima nel mondo pagano ed ebraico, nella Chiesa Cattolica e nella Gloria del Paradiso e la parete del refettorio con la Cena in Emmaus.

L'ultima impresa nota, interrotta dalla morte del pittore avvenuta a Milano il 10 giugno 1750, è la decorazione della chiesa domenicana di San Bartolomeo a Bergamo, dove esegue il Trionfo del Santissimo Sacramento, concluso nel marzo del 1750. Ultimo sprazzo di luce terrena, prima di vedere quella Celeste.

Per saperne di più e per organizzare il vostro viaggio consultate la pagina degli indirizzi.

Weekend culturale a Rovigo: gli indirizzi

Sapore di Sile, i piatti della tradizione a Treviso e dintorni

Weekend sul Brenta alla scoperta di Jacopo Bassano

© Riproduzione riservata