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Langhe e Monferrato, è tempo di brasato

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Langhe e Monferrato, è tempo di brasato

Brasato di manzo piemontese (foto Sasoriza da Flickr.com)
Brasato di manzo piemontese (foto Sasoriza da Flickr.com)

Vittorio Emanuele II, annoiato dai riti di corte, sellava il calesse e, di nascosto, scappava per cercare amori clandestini. E mangiare, accompagnandolo con calici colmi di Barbera rosso sangue – dicono le cronache locali –, un succulento Gran Bollito. Ovvero il piatto che esalta la carne di vitello di razza piemontese, Madama la Piemonteisa, come viene chiamata quella allevata nel triangolo Asti, Cuneo e Torino.

Sono "opere d'arte da esposizione", dicono con orgoglio all'emporio della Cooperativa Agricola Buschese Terraviva a Busca (Frazione S. Barnaba 100, tel. 0171.948264) dove Claudio, il responsabile macellaio, declama la bontà dei prodotti come se fossero pezzi di cuore anziché di carne: la costata bovina, le bistecche al burro, la coscia noce, la rolata. Ma, in questo Triangolo d'Oro dei carnivori, per le macellerie c'è solo l'imbarazzo della scelta. Basta preferire quelle con il marchio di qualità Coalvi, il Consorzio di Tutela della Razza Piemontese, cui aderiscono 1500 soci allevatori, 70 macelli, 25 laboratori di sezionamento e circa 250 punti vendita tra negozi del dettaglio tradizionale e della grande distribuzione.

E si può stare sicuri che quella che si compra, e poi si mangia, è proprio l'Oro Rosso, carne di pura razza piemontese, magra, tenera e saporita, tra le più pregiate al mondo. Tutt'intorno i pascoli dove loro, la vacca e il vitellone, dal mantello chiaro, il collo chiazzato di grigio, la "groppa a cavallo", brucano l'erba nella nicchia di produzione e allevamento di questi animali: le Valli Maira, Grana e Varaita.

Ma in zona, tra un bollito, una tagliata e un filetto, si trovano anche piccoli gioielli architettonici. A cominciare dal Filatoio di Caraglio (tel. 0171.610258), secentesca fabbrica della seta, la più antica d'Europa, coi "fornelletti" per la trattura e i "mulini da seta" per la torcitura del filato, esportato in tutta Europa, che ospita il Museo del Setificio Piemontese. Nella vicina Busca, merita una visita il Castello del Roccolo (Associazione Culturale Marcovaldo, tel. 0171.618260), forse l'esempio più riuscito del tentativo di revival medievale compiuto nell'Ottocento in Piemonte: le decorazioni floreali convivono con archi moreschi, merli ghibellini e soffitti in trompe l'œil. Romantiche le serre con le terrazze panoramiche e le fontane del giardino curato dal paesaggista Xavier Kurten.

Dopodiché non resta che fare una sosta al Ristorante Fermata Ceretto, sempre a Busca (Frazione S. Martino, tel. 0171945437, menu da 35 euro), un'antica osteria aperta nel 1908 e gestita da generazioni dalla famiglia Rosso, per fare onore al vitellone piemontese assaggiando il brasato al Barolo con polenta e le ravioles della Val Varaita con le patate, il tomino, la panna fresca, concludendo il tutto con le paste di meliga originarie di Pamparato, caratteristici frollini alla farina di mais. Poi, ben rifocillati, si può salire al Forte di Vinadio, un baluardo di architettura militare ottocentesco che cinge il paese per 10 chilometri e ospita un percorso multimediale, Montagna in movimento, sul tema della civiltà montanara.

L'apoteosi della razza piemontese la si raggiunge, però, giovedì 9 dicembre a Carrù, con Fiera del Bue Grasso, che risale al lontano Quattrocento. Il bestiame viene giudicato da una giuria di macellai e intenditori. E, sin dal mattino, si mangia il bollito con le salse e la minestra di trippe (www.comune.carru.cn.it). Insomma, carne piemontese praticamente anche a colazione.

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