L'odore pungente dell'aglio si stempera in quello fresco del rosmarino, mentre l'aroma dei chiodi di garofano ammorbidisce il sentore selvatico delle bacche di ginepro. Entrare nelle camere di stagionatura del salumificio Bertolin ad Arnad significa fare un viaggio aromatico tra i sapori della Valle d'Aosta.
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AL COSPETTO DEL RE DEI SALUMI
Qui, dal 1957, quando l'azienda era un piccolo allevamento con macelleria, si producono motzetta (carne essiccata di bovino ma anche di selvaggina come camoscio e cervo), coppa aromatizzata al ginepro, pancetta, le sausesse (fatte con un impasto di suino e bovino), Lo Boc (il salame cotto di capra), il violino ricavato dalle cosce di capra alpina (il poetico nome nasce dalla tecnica utilizzata per affettarlo: lo si adagia sulla spalla, proprio come un violino, e si usa un coltello molto affilato come bacchetta). E il re dei salumi della Vallée: il lardo Dop di Arnad. «Lo prepariamo seguendo la ricetta tradizionale», spiega Guido Bertolin, nipote omonimo del fondatore dell'azienda. «Lo spallotto di maiale viene sgrassato, tagliato e messo a maturare per almeno novanta giorni nei doils – i tradizionali vasconi in legno di castagno, rovere o larice – con aglio, erbe di montagna, alloro, rosmarino, salvia, e coperto con acqua e sale. Alla fine ha un colore bianco con striature rosate, un aroma unico e una consistenza morbidissima». Dopo averle annusate, le specialità di Bertolin si assaggiano nel negozio attiguo al laboratorio. E sul tagliere da degustazione compaiono anche salumi dalla storia curiosa, come il Boudin, che è un salame povero. «Un tempo ogni famiglia aveva un solo maiale», spiega Bertolin, «che non bastava per tutti. Allora se ne faceva uno finto con patate bollite, barbabietole rosse, pancetta, lardo e un po' di sangue di maiale. O come il Teteun, un salume che sa di formaggio: ricavato dalle mammelle di mucca pressate e messe sotto sale, si serve da solo o accompagnato dalla marmellata di fichi o lamponi».
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FORMAGGI PER TUTTI I GUSTI
Mammelle preziose quelle delle mucche pezzate valdostane. Che producono uno dei formaggi Dop più celebri d'Italia, la fontina. Fatto con latte crudo proveniente da una sola mungitura, a pasta grassa e semicotta ha il profumo delle erbe delle Alpi. «E va mangiato senza togliere la crosta, basta grattarla», suggeriscono alla Fromagerie Haut Val d'Ayas, un rascard in legno e pietra dove si può visitare un piccolo museo della fontina e assaggiare i due formaggi Dop della Valle d'Aosta – fontina e fromadzo – che qui sono prodotti artigianalmente e hanno la certificazione biologica. Fontine che vengono dai migliori produttori della regione insieme ad altre prelibatezze – come il Bleu d'Aoste, il Chevrot du Mont Blanc e il Salignon – si assaggiano a Courmayeur da Panizzi. Da non perdere lo yogurt, cremoso e in tantissimi gusti.
VINO, CHE PASSIONE
Formaggi, salumi, vini, distillati, birre artigianali, fragranti Tegole di Cogne (biscotti di mandorle e nocciole), pane nero e alle noci, aceto di lamponi, mirtillo e miele e persino un caffè locale: in pochi metri quadri, tappezzati di scaffali ricolmi, in via Sant'Anselmo ad Aosta, c'è tutto il gusto della regione. La Bottegaccia sembra il gonnellino di Eta Beta: quando pensi di aver visto tutto spunta ancora qualcosa. «Sono sempre a caccia di nuove piccole aziende che lavorano artigianalmente prodotti a filiera chiusa, ovvero fatti interamente in Valle d'Aosta», racconta il proprietario-sommelier Angelo Sarica. «E li trovo nei mercati locali o alle tante feste gastronomiche. La Valle d'Aosta è ricca di sapori e ingredienti autoctoni ed è importante farli conoscere. Per questo ho contribuito a creare il marchio, riconosciuto dalla Regione, di Saveurs du Val d'Aoste, una specie di dop locale».
Altro esploratore del gusto, Giulio Moriondo, bio-enologo che ha lavorato per anni all'Institut Agricol Régional, ente di ricerca che si occupa dei prodotti del territorio valdostano, e ha passato la vita a studiare vini e vitigni. Valdostano doc, nel suo Atelier ViniRari ha bandito chiarificanti, composti chimici, filtri: «Sono tutti interventi che impoveriscono la tipicità e l'originalità di un vino, cancellano il gusto che viene dal territorio, appiattiscono i sapori». Lui invece ha fatto della diversità e del recupero della variabilità genetica una passione. Che l'ha spinto a ricercare vitigni autoctoni che sembravano ormai scomparsi. La sua ultima scoperta è il petit rouge bianco. «Non ne sospettavo nemmeno l'esistenza: il petit rouge è rosso da secoli», racconta. «Quando mi sono imbattuto in questo vitigno l'ho fatto analizzare per dissipare ogni dubbio. Sono curioso di vedere che vino ne verrà fuori. Sarà come ritrovare un po' del sapore perduto della mia terra».
21 ottobre 2011, aggiornato il 15 gennaio 2013
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