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Bergamo, la polenta ora è alla spina

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Bergamo, la polenta ora è alla spina

La polenta, piatto della tradizione bergamasca (foto PHOTOTAKE Inc. / Alamy)
La polenta, piatto della tradizione bergamasca (foto PHOTOTAKE Inc. / Alamy)

Giallo e rosso. Il primo è il colore della polenta. Il secondo, del vino. Insieme, sono le tonalità della bandiera di Bergamo. Che, narra la leggenda popolare, richiama – con i suoi colori – proprio il cibo «dorato» tipico della città. E il vino rosso, che da sempre la accompagna. Leggenda o storia vera, è certo che i bergamaschi sono così orgogliosi di questo piatto da essere soprannominati, in tutta Italia, «polentoni». Viaggi 24 vi guida alla scoperta dell'enogastronomia orobica, iniziando proprio dalla regina della tavola bergamasca.

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LA POLENTA? ORA È «ALLA SPINA»
Gialla e compatta, la polenta va tagliata a fette, come vuole la tradizione. Si cucina nei paioli di rame che rendono il sapore più deciso. E può essere condita con burro e formaggio fuso, o accompagnata al brasato o allo spezzatino con funghi. L'ultima trovata per gustarla, anche fuori orario, è il take away. L'ideatore della prima polenteria fast food, aperta lo scorso febbraio in via Borgo Santa Caterina, a Bergamo, è Marco Pirovano: «La polenta è servita in pochi istanti, alla spina, come la birra. Il locale – che si chiama Polent-one – vuole far riscoprire un prodotto locale che per decenni e in gran parte dell'Italia e stato l'alimento per eccellenza. Oggi» aggiunge il titolare, «in pochissimi passano più di un'ora in cucina per mischiare acqua, farina e gli altri ingredienti nel paiolo. Così ho pensato di unire la tradizione, i prodotti nostrani e genuini e il modello del take away americano: il mix si è rivelato vincente e senza dubbio migliore rispetto alla polenta precotta o solubile». Altri Polent-one sono stati aperti a Vicenza e Brescia. «Il quarto» annuncia Pirovano, «verrà inaugurato a dicembre, ancora a Bergamo, ma in Città Alta, più a portata di mano dei turisti».
Per trovare la polenta in tavola e non alla spina, si può fare tappa in uno dei Ristoranti dei Mille Sapori (il marchio è stato istituito dalla Camera di Commercio di Bergamo), che utilizzano prodotti tipici e ogni giorno assicurano nel menu un piatto della tradizione.

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Qui, polenta e osèi è una vera e propria istituzione: un cibo così amato che esiste addirittura un dolce che ne riproduce le sembianze. Preparato con pan di spagna, creme al cioccolato, al burro e alla nocciola, con l'aggiunta di rum, questo zuccottino è ricoperto con marzapane giallo, poi spolverato con zucchero giallo in cristalli. Gli uccelletti, posati sopra la polenta, sono fatti con marzapane ricoperto di cioccolato. Due sono le «tappe dolci» da non perdere. La prima, in Città Bassa, si fa al Balzer, il salotto elegante di Bergamo, sul Sentierone, di fronte al Teatro Donizetti. La seconda, in Città Alta, a La Marianna, bar, gelateria e ristorante, affacciato sul «Colle aperto», la conca panoramica orobica. A pochi passi, c'è Piazza Vecchia (definita dal grande architetto Le Corbusier «la più bella piazza d'Europa»), il Duomo, Santa Maria Maggiore, la Cappella Colleoni e il Battistero.

CASONSÈI E SCARPINÒCC
Non solo polenta. Sulla tavola orobica non mancano i primi piatti tipici. Come i tradizionali casoncelli (casonsèi) alla bergamasca, preparati con pasta fresca e ripieno di carne e serviti con burro fuso e salvia. Nati come piatto povero, per riutilizzare gli avanzi delle carni bovine e suine, con il passare del tempo si sono affinati: la vecchia ricetta si è arricchita con l'aggiunta di amaretti, uva sultanina e scorza di limone. Caratteristici di queste zone sono anche gli scarpinotti (scarpinòcc) di Parre, comune dell'Alta Valle Seriana. Si tratta sempre di pasta fresca ripiena, in questo caso con una farcitura prevalentemente a base di formaggio, simili nella forma a una caramella. E proprio a questa forma è dovuto il loro nome, che rievoca le calzature artigianali di panno usate fino a qualche anno fa nella valle.

LO STRACCHINO, DA BERGAMO A NEW YORK
La città ha antiche tradizioni casearie fin dal tempo dei Romani, che si sono poi perfezionate soprattutto nella prima metà del Novecento: in Valle Brembana si fanno il Branzi e il Formai de mut (formaggio di monte), in Val Taleggio, ovviamente, l'omonimo taleggio, conosciuto anche come strachì. Oppure lo strachìtunt che, fino a qualche anno fa, stava per essere dimenticato perché era prodotto da un solo casaro e in piccole quantità. Poi è stato portato in alcune fiere che gli hanno dato fama e anche un po' di successo, visto che ha avuto diversi riconoscimenti da parte degli esperti. Che lo hanno fatto conoscere anche all'estero, fino a farlo sbarcare anche a New York e a Tokio.

VALCALEPIO DOC
Se poi della cucina passiamo alle cantine, il protagonista indiscusso diventa il Valcalepio, un vino prodotto nella provincia di Bergamo, nella fascia collinare che va dal Lago di Como al Lago di Iseo, che ha accompagnato la rinascita dell'enologia in queste terre. Dopo anni di industrializzazione selvaggia e di conseguente abbandono dei terreni collinari, alla metà degli anni Settanta la Cantina Sociale Bergamasca inizia una serie di vinificazioni sperimentali con vitigni autoctoni e vitigni miglioratori, fino ad arrivare alla scelta di due tipologie per le quali richiedere il marchio DOC. Il Valcalepio Rosso Doc, di colore rosso rubino, con riflessi tendenti al granato, ha un profumo intenso e il sapore asciutto, che ricorda l'amarena. Accompagna arrosti a base di cacciagione, ma si abbina anche a carni rosse e bianche. Il Valcalepio Bianco Doc, giallo paglierino e dal profumo fruttato, è ideale con minestre, antipasti leggeri e piatti a base di pesce. Il Valcalepio Moscato Passito è invece uno dei pochi vini passiti italiani ottenuti da un vitigno a bacca rossa aromatico: il Moscato di Scanzo, varietà autoctona della bergamasca. Il suo colore è rosso rubino. Il profumo è intenso e il sapore dolce, con un retrogusto di mandorla. Si sorseggia volentieri in abbinamento con la pasticceria secca. Rigorosamente doc.

24 novembre 2011, aggiornato il 29 gennaio 2013

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