Viaggi24

Cortina, in trincea con le ciaspole

  • Abbonati
  • Accedi
Weekend

Cortina, in trincea con le ciaspole

L'osservatorio italiano della Grande Guerra di Cima Gallllina (foto Giacomo Pompanin)
L'osservatorio italiano della Grande Guerra di Cima Gallllina (foto Giacomo Pompanin)

Le ombre sono lunghe sulla neve lucida e compatta. È il momento della partenza. Ai piedi, un paio di ciaspole. Il sole, basso all'orizzonte, già si infila tra le creste delle vette più alte intorno al rifugio Col Gallina, a poche centinaia di metri dal passo Falzarego. Dal rifugio, seguendo prima la pista da sci che sale all'arrivo della seggiovia e poi un un canalone, si arriverà alla storica meta: le fortificazioni della Grande Guerra del '15-'18.
Intorno, maestose, le Dolomiti bellunesi.

Guarda la gallery

NON CHIAMATELI FIGURANTI
Cortina d'Ampezzo, "la perla", è molti tornanti più in basso e già si prepara allo "struscio" del pomeriggio in Corso Italia. Quassù, a poco più di duemila metri, si parte per un viaggio nel tempo, con due "guide" tutte particolari. Sul cappello, una penna nera, inconfondibile, quella degli alpini. Cambia l'uniforme: i due hanno scarponi chiodati, fasce mollettiere sui polpacci, cappotti di lana spessa con cappuccio e un moschetto originale. Tutto come nella Grande Guerra. Barba e baffi compresi. Vederli, è già un balzo nel tempo. Con loro inizia la salita verso Punta Gallina.

Trecento metri di dislivello da percorrere con calma e in tutta sicurezza, accompagnati anche dalle Guide alpine di Cortina, costeggiando la pista da sci ormai vuota e silenziosa. Una passeggiata per tutte le età, mentre il sole cala. La meta, appena dietro un gruppo di un rocce, è l'Osservatorio italiano della Grande Guerra di Cima Gallina. Qui si arriva giusto per godersi la luce del tramonto che fa arrossire "grandi star" come Marmolada e Tofane, le Torri del Falzarego e il Piccolo Lagazuoi. Oggi un panorama da togliere il fiato. Ieri, una vista strategica sul fronte austriaco.
La cima, a quota 2316 metri, si trova proprio in un nel punto strategico di quello che è stato il fronte di guerra. E per questo motivo, subito diventato un importante caposaldo d'artiglieria, con i cannoni in caverna schierati verso le posizioni austriache del Piccolo Lagazuoi e del Col dei Bos. Ma la posizione venne abbandonata nell'autunno del 1917, durante la ritirata di Caporetto, in cui l'intero fronte dolomitico venne sgombrato in tutta fretta. E le posizioni del Col Gallina caddero in mano agli austriaci.

SULLE ORME DEL PASSATO

Oggi, quando si entra nell'osservatorio, parlano da sole la galleria scavata nel ventre della montagna, con tanto di postazione per cannoncino e, più in alto, la baracca comando, con il punto di osservazione, la postazione telefono e, poco più in là, la stufa. Il legno ricopre una roccia altrimenti fredda. Il resto lo aggiungono loro, Luca Turchetto e Alex Zanghellini, i due alpini-accompagnatori. Professione: rievocatori. Ma non chiamateli figuranti.
Se glielo chiedi, dicono che lo hanno fatto, e continuano a farlo, per arrivare a capire «almeno tanto così» cosa è voluto dire sopravvivere, combattere – e morire – a duemila metri di quota, quasi cent'anni fa, «in una guerra ‘bianca' dove tre quarti dei morti li hanno causati valanghe, neve e freddo», dicono. L'uniforme da rievocatori storici la portano ormai da anni (insieme al Gruppo Bellona). Da qualche mese, hanno fatto un passo in più: hanno recuperato, con le loro mani, l'osservatorio di Punta Gallina e la piccola galleria sottostante, ma anche, poco distante, qualche baracca del villaggio militare Edelweiss, con vista sul Col di Lana. Non per farne un museo, ma per viverci. Senza luce, acqua corrente o riscaldamento che non sia quello della stufa. «Per capire cosa è stato». La loro "follia" si è trasformata nella ciaspolata Sulle orme del passato, grazie all'intuizione di Raniero Campigotto, gestore del rifugio Col Gallina. Che ha visto in loro un'occasione diversa di relax nella natura, per ospiti e turisti, una volta tolti gli sci.

EMOZIONE PER GRANDI E PICCOLI
Nella baracca dell'osservatorio di Punta Gallina, mentre ci si riscalda anima e corpo con un bicchiere di vino o di tè caldo, accompagnati da pane e salame, Luca e Alex, tutt'uno con le loro uniformi, rievocano. «Puoi leggere centinaia di libri, ma provare le cose sulla propria pelle ti fa andare oltre la superficie. Non riuscire a dormire perché in baracca ci sono meno 5 gradi e fuori meno 25, dover uscire nella notte a spalar neve. Questo è quanto di più simile alla vita di quegli uomini al fronte, che prima di essere soldati erano contadini, artigiani, persone comuni», racconta Luca, voce vibrante, pelle cotta dal sole e dal freddo. Ad ascoltare lui e Alex, gruppi di bambini anche di otto anni come adulti di oltre sessanta. Rapiti da una storia che ritorna, nelle loro voci: «Arrivati alla baracca, molti di loro hanno detto "ne è valsa la pena". I genitori ci stringevano la mano», scrive Luca nel suo diario online. Alex, un bisnonno austriaco nell'albero genealogico, racconta di quanto, tra le vette, si soffrisse la sete. Di come il vino arrivasse in lastre ghiacciate. E del pettirosso in gabbietta, usato dai soldati come "sentinella" per gli attacchi con il gas.
Ma i rievocatori sono una grande famiglia. Ad accompagnare Alex e Luca si potrebbero incontrare i toscani Leonardo Lo Sappio e Marco Meini. L'uno dirigente d'azienda, l'altro infermiere professionista. Oppure Alessandro Borghi, modenese. Origini diverse e lontane, un'unica passione: «Questa è una terra sacra. In quello che facciamo non c'è amore per la guerra, tutt'altro», ribadiscono mentre, nella galleria di Punta Gallina, raccontano quanto era difficile, per gli austriaci, scavare "a mano", con mazze e scalpelli giganti, e di quanto più facile fosse per i genieri italiani, provvisti di mine e trivelle. La polvere, però, era uguale per tutti. Democratica.
All'uscita dall'osservatorio di Punta Gallina, il vento e il freddo pizzicano il viso. Il sole ha lasciato il posto alle stelle. Risplendono Orione e l'Orsa Maggiore. Si potrebbe anche rinunciare alla luce delle torce. La neve scrocchia sotto le ciaspole, mentre si scende verso il calore e la "modernità" al rifugio. Una volta arrivati, la mente va al film di Ermanno Olmi I recuperanti, come scrive Luca nel suo diario: «Polenta e vino. E lascia che nevichi».

1 marzo 2012


Per saperne di più e per organizzare il vostro "itineraro storico" consultate la pagina degli indirizzi

Cortina, in trincea con le ciaspole. Tutte le informazioni

Alpbach, piccolo presepe d'Austria

Franciacorta, nella tenuta del tenente

© Riproduzione riservata