A sinistra della chiesa greco-ortodossa di Trieste c'è un palazzo storico con una targa che omaggia Maria Teresa d'Austria. È scritta in più lingue: italiano, tedesco, ungherese, sloveno, serbo, ebraico, greco. Che poi sono solo alcune delle lingue parlate in città, in rappresentanza, più o meno, di tutti i continenti.
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TRA MERCATI E MERCANTI
Non è una realtà di oggi: è così da 300 anni. Tutto cominciò nel 1719, anno in cui l'imperatrice d'Austria istituì il Porto Franco. Fu l'inizio delle fortune di tanti mercanti che aprirono bottega nella città: tedeschi, boemi, svizzeri, slavi, greci, ebrei. Una promiscuità etnica che ha regalato a Trieste monumentali luoghi di culto. A partire dall'imponente Sinagoga, opera degli architetti Ruggero e Arduino Berlam, inaugurata nel 1912 con l'esplicito intento di rimpiazzare le quattro sinagoghe più piccole. L'interno luminoso è ricco di mosaici color oro e fregi che, assieme alla cupola stellata, mettono in risalto l'Arca Santa. Massiccia è anche la Chiesa della Comunità Cristiana Serbo-Ortodossa. Dedicata a San Spiridione, è alta 40 metri e nella struttura ricorda lo stile bizantino delle chiese orientali. Le sue cupole dominano gran parte del centro di Trieste e sovrastano persino la pur imponente Chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo, situata poco lontano. È la casa dei cattolici: installata in posizione dominante sul Canal Grande, ha una facciata neoclassica impreziosita da sei colonne ioniche. I greco-ortodossi invece frequentano la Chiesa di San Nicolò, famosa per la sua iconostasi lignea splendente di intagli dorati e pitture. Quando venne eretta lungo le Rive, nella prima metà del Settecento, Trieste era un florido emporio e, grazie ai commercianti greci, al porto approdavano ogni anno migliaia di battelli da tutto il Levante, terra dove San Nicola è molto venerato.
PORTO VECCHIO, PORTO D'ARTE
Eredità di questo periodo anche il Porto Vecchio. Settanta edifici di straordinario pregio architettonico, hangar e magazzini di stoccaggio merci fra i più grandi d'Europa, protetti da una diga foranea. Una città nella città, costruita tra il 1868 e il 1883 dal meglio dell'ingegneria dell'epoca, simile alla Speicherstadt, la cittadella dei magazzini sui canali di Amburgo, solo che qui, a differenza della città anseatica, è quasi tutto abbandonato. Chilometri di inferriate e un lungo muro nascondono un museo archeologico di 700 mila metri quadri accessibile solo a chi ha permessi e visti. una variante di piano regolatore ha deliberato un doppio riuso dell'area: da una parte gli insediamenti portuali tradizionali, dall'altra una serie di attività commerciali e artigianali, marina per la nautica, passeggiate a mare. I lavori hanno portato il Magazzino 26 a diventare centro permanente di mostre, sede, lo scorso novembre, della cerimonia di chiusura della Biennale Trieste.
VIAGGIO NELLA STORIA
Un caso di riconversione a buon fine è invece quello del vecchio terminal passeggeri, progettato da Umberto Nordio nel 1930, nel cuore del Borgo Giuseppino, diventato un moderno centro congressi. E a buon fine è andata anche la ristrutturazione dell'ex Pescheria Centrale, oggi Salone degli Incanti, ovvero moderno centro espositivo d'arte moderna e contemporanea. E se l'Art Nouveau triestina è alla luce del sole, bisogna scendere sotto terra per vedere le testimonianze di uno dei periodi più drammatici della storia cittadina. La Kleine Berlin, la piccola Berlino, è un complesso di gallerie sotterranee custodi di tutta la drammaticità degli anni della Seconda guerra mondiale. Il tempo però sta facendo il suo corso e agli occhi del visitatore, in alcuni tratti, si presenta un ambiente riccamente invaso da stalattiti, stalagmiti e vaschette di concrezione nelle quali scorre perennemente un velo d'acqua. Sembra di trovarsi in una grotta naturale carsica e non in un ipogeo artificiale in pieno centro cittadino. Con l'impressione di visitare una lacerante ferita che si sta cicatrizzando.
27 marzo 2012, aggiornato il 22 gennaio 2013
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