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Guardiagrele, antichi sapori d'Abruzzo

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Guardiagrele, antichi sapori d'Abruzzo

Il castello di Semivicoli
Il castello di Semivicoli

La forma è quella. Non c'è che dire. Tanto che le chiamano Sise de Mòneche (seni delle monache): tonde, turgide, di morbido pan di Spagna farcito con crema pasticcera e spolverato di zucchero a velo; qui a Guardiagrele, cittadina alle porte del Parco Nazionale della Majella, si preparano secondo un'antica ricetta segreta fin dall'Ottocento.

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Si dice che, in origine, fossero un pane rituale inventato dalle Clarisse in onore di sant'Agata, ma quelle di Guardiagrele sono frutto della fantasia di Giuseppe Palmerio, mastro dolciario alla fine dell'800 che, mandato a Napoli dal padre per apprendere l'arte della pasticceria, si sbizzarrì al ritorno a inventare torte e biscotti. E il suo capolavoro furono proprio le sise. Un dolce curioso, a cominciare dalla forma: tre monticelli accostati a triangolo, nei quali alcuni vedono un simbolo delle tre cime della Majella, mentre un'altra interpretazione – che ne spiegherebbe il nome – fa risalire le tre mammelle a un'abitudine delle monache che, per dissimulare la forma del seno, usavano inserire un panno a guisa di terza protuberanza.

Per assaggiarle, fresche di forno, si può andare alla Pasticceria Palmerio (tel. 0871.82727) o alla Pasticceria Lullo (tel. 0871.82242), entrambe in via Roma, nel centro storico. Accanto alle celebri sise, qui si trovano altre golosità prodotte seguendo le ricette originarie e tradizionali come i Sospiri, i canditi (fruttini di pasta reale simili a quelli siciliani ma meno dolci), i Biscotti della Salute (semplici fette di pane dolce ricotto), i taralli di latte, che si gustano bagnati nel latte o nel vino, e i Pensieri del Poeta, dolcetti fatti di pasta frolla fine ripiena di noci e miele.

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SPECIALITÀ A CHILOMETRO ZERO
I dolci comunque sono soltanto uno dei motivi golosi per un giro tra le stradine di Guardiagrele. La cittadina abruzzese è un'autentica capitale della gastronomia dove la cucina contadina si mescola con piatti conventuali e ricette nate dalla fantasia dei cuochi delle dimore nobiliari. Tanto che alla cucina guardiese ogni anno in agosto viene dedicata una rassegna gastronomica. Così, nelle macellerie locali si possono trovare salsicce artigianali, prodotte senza conservanti, a base di fegato o di panza, preparate cioè con stomaci e ritagli di carne di maiale, i caseifici producono mozzarelle e caciotte, l'olio è quello derivato dalla Cultivar Gentile di Chieti, il farro viene da Caprafico. Tutti prodotti a chilometro zero, che si trasformano in pietanze tradizionali come la pecora alla callara, cotta cioè in pentole di rame, le lahanelle, tagliatelle dalla forma irregolare, al sugo di papera, i torcinelli, gli involtini di interiora d'agnello.

A Guardiagrele sopravvivono antiche ricette oramai quasi dimenticate al punto che rischiano di sparire, come i frascarelli, un piatto povero a base di farina di grano tenero, ridotta in piccoli grumi fatti poi bollire nel brodo di gallina. Più sontuoso – ma a lungo proibito da bolle papali perché fatto con carne di cavallo, animale indispensabile per le guerre nei secoli scorsi – un altro piatto classico della cucina locale: le brasciole di cavallo, polpette di carne equina insaporite con sale, peperoncino, pepe, aglio e prezzemolo e cotte in tegame. Un piatto preparato a regola d'arte nel ristorante Santa Chiara, uno degli indirizzi più interessanti della città, che per le sue ricette utilizza soltanto prodotti autoctoni – dalla farina di grano solina ai fagioli a pisello – e accompagna il menu con vini d'Abruzzo. Da non perdere, anche i fusilli al sugo di gallo, i ravioli di ricotta con la cicoria e il coniglio pipidigne e pummadore, ovvero con peperoni e pomodori.

MASTRI ORAFI E RICAMATRICI
Dopo averla assaggiata, Guardiagrele va anche visitata. A cominciare magari dal suo più imponente monumento, la Cattedrale di Santa Maria Maggiore. Costruita interamente in pietra della Majella, ha una facciata dalla forma inconsueta, a torre, con un elaborato portale. Dentro custodisce alcune opere di Nicola di Andrea di Pasquale, noto come Nicola da Guardiagrele, orafo e scultore originario della cittadina abruzzese, considerato uno dei grandi artisti del '400 italiano. Suoi sono il gruppo scultoreo dell'Incoronazione di Maria e la croce processionale custodita nel museo della Cattedrale: un antico crocifisso in legno, argento dorato – sbalzato e cesellato –, smalto e rame traforato e dorato.

Guardiagrele vanta una lunga tradizione d'artigianato: qui si lavora il ferro battuto e la ceramica, ci sono orafi e ricamatrici. Per farsene un'idea basta fare un giro nelle sale del Museo del Costume e delle Tradizioni all'interno del Chiostro di San Francesco. La mostra ricostruisce la vita domestica e il lavoro degli artigiani nella Guardiagrele tra '800 e '900. Ci sono la cucina, completa di camino, madie, stoviglie, bicchieri e pentole di rame, con un angolo riservato ai lavori femminili come la tessitura. In camera da letto troneggia l'apprezzo, la stima della dote della sposa, esposta perché i parenti potessero vederla, mentre un'altra stanza raccoglie una collezione di abiti femminili e gioielli. Altre sale sono riservate agli attrezzi da lavoro degli artigiani, dai falegnami ai tintori, dai ceramisti ai maestri del ferro battuto, dagli ebanisti ai calzolai.

22 maggio 2012

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