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Lisbona: città d'acqua e d'arte

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Lisbona: città d'acqua e d'arte

Castelo de Sao Jorge, a Lisbona (foto adam eastland / Alamy/Milestone Media)
Castelo de Sao Jorge, a Lisbona (foto adam eastland / Alamy/Milestone Media)

Centottanta metri per duecento affacciati sul nulla. E, in fondo, una grande scala di marmo che scivola nella gigantesca foce del Tago, la porta dell'Atlantico. Passato l'Arco Triunfal, dentro quell'immenso quadrato sospeso sull'acqua che è praça do Comércio, l'attrazione per l'ignoto che fece del Portogallo una terra di migranti è palpabile. È da qui, infatti – i piedi piantati nell'estremo lembo d'Europa, abitanti di un finis terrae che non lasciava altra scelta che avventurarsi per mare –, che sono partiti i più grandi navigatori di tutti i tempi, da Vasco da Gama a Pedro Álvares Cabral. Un'ansia di andare alla scoperta di mondi nuovi che Lisbona si porta addosso ovunque, nelle piazze scandite da statue di sovrani colonizzatori e navigatori, come nei balconi affacciati sull'oceano, o nelle strade dove meticolosi artisti da marciapiede hanno disegnato (lastricandole con migliaia di cubiche pietre) onde, delfini, galeoni e rose dei venti.

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LA CITTÀ DELLE SCOPERTE
A Belém, il quartiere più occidentale della città divenuto il simbolo dell'epoca delle scoperte geografiche, l'età d'oro della città, ai piedi del Padrão dos Descobrimentos, c'è quella più famosa: una caravella stilizzata che porta a bordo le statue dei navigatori portoghesi. Dentro la rosa è anche disegnato un grande planisfero, e l'ombra del Padrão, seguendo il corso del Sole, traccia le tappe degli esploratori portoghesi su quella che è una vere e propria mappa di marmo del mondo intero. Dall'alto della statua la vista spazia sui lunghi moli e sulla Torre de Belém, all'altra estremità del quartiere.
La Torre, a guardia dell'ingresso del porto, è un candido parallelepipedo di marmo costruito come inno al dominio portoghese dei mari: croci lusitane, ornamenti moreschi, cime intrecciate e grandi sale dove si registrava l'ingresso delle navi. Alle sue spalle, il cinquecentesco Mosteiro dos Jerónimos celebra invece il ritorno di Vasco de Gama e fu costruito grazie alle ricchezze arrivate dalle Indie. In stile manuelino, versione portoghese del Tardogotico, il monastero è una galleria di ieratici santi di pietra, chiostri scanditi da ordini di gallerie e decori simili a pizzi intagliati nella pietra, tombe di lusitani celebri. E la storia delle conquiste portoghesi ha da poco un nuovo indirizzo, il Museu do Oriente, che ha aperto le porte tre anni fa sui moli di Alcântara, a poca distanza da Belém. Una rigorosa costruzione degli Anni 40, dove grandi sale ospitano le tracce della presenza portoghese in Asia raccolte in esposizioni temporanee e in due collezioni permanenti.
La prima è un lungo viaggio alla scoperta dell'Oriente attraverso una teoria di ceramiche, tessuti, mobili, oggetti d'uso quotidiano e opere d'arte. La seconda raccoglie oltre mille oggetti, tra maschere, altari, immagini sacre e strumenti musicali, testimonianza di mitologie e religioni di tutto l'Oriente, dall'animismo al buddhismo.
Le tracce dell'incondizionata passione di Lisbona per il mare e i viaggi si ritrovano anche dall'altra parte della città. Sempre lungo i moli, il Parque das Nações è un'ex area industriale sulle rive del Tago diventata, in occasione dell'Expo del 1998, uno dei quartieri emergenti della città: le vecchie banchine si sono trasformate in passeggiate e gli edifici industriali ospitano shopping center, sale da concerto, musei. Qui tutto è un inno al mare, dalla Stazione d'Oriente, progettata dall'architetto spagnolo Santiago Calatrava, che ricorda un primitivo animale marino, all'Oceanário del nordamericano Peter Chermayeff che, con i suoi 8000 organismi, animali e vegetali, di oltre 500 specie, è il secondo acquario del mondo per dimensioni dopo quello di Tokyo.

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LA CITTÀ DELLA MEMORIA
Il viaggio a ritroso nel tempo comincia sulle colline ai piedi del Castelo de São Jorge. Qui si arrampicano i quartieri più antichi di Lisbona: Alfama, Graça, Mouraria, che conservano la struttura medievale della città. Un dedalo di stradine, vicoli ciechi e scalinate, e una ridda di monumenti e architetture che, un secolo dopo l'altro, hanno disegnato la faccia della vecchia Lisbona. Dalla Catedrale da Sé, costruita nel XII secolo nel luogo dove sorgeva la principale moschea della città e simbolo della riconquista cristiana della capitale, alla settecentesca chiesa di Sant'Antonio, piccolo capolavoro del Barocco locale. Da Chafariz d'El Rei e Chafariz do Dentro, le due antiche fontane che ricordano le origini arabe dell'Alfama (il suo nome deriva probabilmente dall'arabo al-Hama, fonte) alla piccola rua da Judiaria, testimonianza del quartiere ebraico del XIV secolo. A sudovest, l'Alfama scivola verso il mare con le avenida che si allungano lungo i moli sul Tago. In rua dos Bacalhoeiros ci s'imbatte in un curioso edificio con la facciata di pietre aguzze, intagliate a punta di diamante: è la Casa dos Bicos, fastoso simbolo di una zona che ospitava ai tempi famiglie nobili fatto costruire nel Cinquecento dal figlio del viceré delle India portoghese. Qui comincia anche la Baixa, la città bassa, il geometrico sogno di Sebastião José de Carvalho e Mello, passato alla storia come marquês de Pombal. Un sogno cominciato come un incubo quando nel 1755 un disastroso terremoto rase al suolo la città. Al terremoto seguì un maremoto che travolse il quartiere mentre un vento secco alimentò incendi nei giorni seguenti. Pombal dette allora il via a una ciclopica opera di ricostruzione che sconvolse l'impianto urbanistico. Sparirono le strette vie medievali e prese forma un quartiere pensato come un accampamento militare con una griglia di sette strade orientate da nord a sud e tagliate da altre otto. Gli edifici avevano uno stile nuovo che prese poi il nome di pombalino e che voleva case di non più di quattro piani con facciate dai decori austeri e colori brillanti, costruite su una gaiola (gabbia), un'armatura flessibile di travetti in legno, mattoni, pietra e malta in grado di resistere ai terremoti. Lo stile pombalino è ancora ben visibile nelle case dell'elegante Rua Augusta, l'arteria principale della Baixa, e nelle parallele che portano i nomi degli artigiani che vi lavoravano. E segna ancora il Rossio, la grande piazza del mercato medievale che il marquês trasformò in un ampio rettangolo. In fondo, si staglia l'eclettica facciata della stazione del Rossio, in stile tardo manuelino. A monte della Baixa, il quartiere del Chiado ricorda un'altra terribile catastrofe: l'incendio che nell'agosto del 1988 ridusse in cenere quasi tutta la zona con i grandi magazzini della città. Ricostruito dall'architetto Alvaro Siza Vieira, il Chiado è oggi uno dei quartieri più eleganti della capitale, con moderne boutique, negozi antichi e storici caffè, come A Brasileira che conserva le decorazioni del XIX secolo e un Fernando Pessoa in bronzo seduto al suo tavolino, davanti al caffè.

LA CITTÀ DEI MUSEI
Nel cuore del Chiado c'è un inconsueto museo a cielo aperto, ospitato nelle rovine del Convento do Carmo, una splendida chiesa gotica che il terremoto del 1755 lasciò senza soffitto. Tra i resti delle navate e gli archi senza cupole, si dipana il tesoro del Museo Archeologico con manufatti preistorici, mummie e ceramiche precolombiane, epigrafi romane e sculture d'arte funeraria medievale. Sta sempre in una chiesa, ma con il soffitto, il Convento da Madre de Deus, il Museu Nacional do Azulejo. Una carrellata di piastrelle e pannelli che mostra l'evoluzione nel tempo della tecnica degli arcinoti mosaici bianchi e azzurri. Da non perdere i grandi pannelli che raffigurano Lisbona prima del terremoto del 1755. Se gli azulejos sono un'espressione tipica dell'arte portoghese, il fado, suono triste e appassionato che mescola note arabe, lusitane e africane, è figlio di Lisbona. A questo genere musicale la capitale ha riservato un museo, dove viene ricostruita la storia del fado e dei suoi interpreti. Completano le sale espositive, un centro documentazione, un auditorium e un negozio di cd.
È dedicato alla moda e al design il Mude ospitato in un bel palazzo pombalino di rua Augusta. Otto piani che raccolgono capi che rappresentano le pietre miliari della storia della moda europea. Una panoramica completa dell'arte portoghese dal XII al XIX secolo la si può ammirare al Museu Nacional de Arte Antiga. Tra i capolavori in esposizione il Polittico di san Vincenzo, quattrocentesca opera di Nuno Gonçalves, e il trittico delle Tentazioni di sant'Antonio di Hieronymus Bosch. Alla passione per l'arte di un ricco uomo d'affari, Calouste Gulbenkian, che girò il mondo acquistando porcellane cinesi, tappeti persiani, mobili e pittura europea, è dedicato invece uno dei più celebri musei di Lisbona. Qui si possono ammirare opere che vanno dal 2000 a.C. al XX secolo: scarabei egizi, gioielli, tappeti e vetrerie che vengono dalla Persia, dalla Siria, dalla Turchia e dall'India, giade e scatole laccate cinesi, maioliche italiane e tele di pittori come il Ghirlandaio, Rubens, Rembrandt e Manet. Da non perdere la piccola sala riservata a gioielli e oggetti art nouveau René Lalique. Un altro eclettico collezionista, José Berardo, ha dato vita al museo di arte contemporanea della città, ospitato nel Centro Culturale di Belém. Il magnate, nato a Madera nel 1944, fece fortuna in Sudafrica e cominciò ad acquistare opere d'arte sin dagli Anni 80. Oggi la sua collezione, che comprende lavori di 550 grandi artisti del XX e XXI secolo, è considerata tra le più importanti del mondo. Una straordinaria raccolta figlia della passione per l'altrove di uno dei tanti viaggiatori portoghesi. Migrante a caccia di nuovi mondi, racchiusi nello spazio di una tela.

7 giugno 2012

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