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Praga letteraria: da Kafka a Kundera

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Praga letteraria: da Kafka a Kundera

Veduta della gotica Cattedrale di San Vito (foto Alamy/Milestone Media)
Veduta della gotica Cattedrale di San Vito (foto Alamy/Milestone Media)

A quelle giornate di vent'anni fa, lo scrittore Bohumil Hrabal dedicò un appassionato romanzo-testimonianza: L'uragano di novembre. «Havel na Hrad!» (Havel al Castello!) gridava la folla in piazza San Venceslao. Acclamava il dissidente, animatore del movimento Charta 77, che era affacciato al balcone di fianco al risorto eroe della Primavera del 1968, Alexander Dubček. Lassù si sarebbe presto trasferito l'ineguagliato protagonista di un copione che neppure lui, Havel, drammaturgo dell'assurdo, avrebbe mai pensato di scrivere né tanto meno di interpretare. Uscito dalle carceri del regime poche settimane prima, sarebbe infatti diventato – all'indomani del crollo del comunismo – il primo presidente della rinata Repubblica Cecoslovacca, poi (dal 1993) solo Ceca.

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Il Hradčany, il maniero che sovrasta Praga, è sempre stato un austero e severo simbolo di potere. Non è tuttavia certo che Franz Kafka abbia ambientato qui Il castello, trasfigurando in romanzo il suo volto demoniaco e oppressivo. Pochi passi più in là, in via degli Alchimisti, c'è però il piccolo studio dove lo scrittore ha lavorato a lungo. «Kafka era Praga e Praga era Kafka», come ha scritto Johannes Urzidil, autore che alla città sulla Moldava ha dedicato le pagine de L'amata perduta, la città "Vestita di luce", come nel titolo della raccolta di poesie praghesi di Jaroslav Seifert. Una scena del Processo kafkiano si svolge però sicuramente all'interno della cattedrale di San Vito e quella finale – la brutale, insensata esecuzione del protagonista – nelle cave di pietra di Strahov. In realtà è Descrizione di una battaglia – una passeggiata notturna verso Monte San Lorenzo – il racconto di Kafka che contiene i maggiori riferimenti a Praga, città sempre evocata nelle sue pagine, ma raramente chiamata per nome. Kafka e Urzidil s'incontravano al Café Edison oppure al Café Arco, insieme a Max Brod, Egon Erwin Kisch, Franz Werfel e altri scrittori. Le ironiche avventure del Buon soldato Sc'véjk, romanzo pacifista di Jaroslav Hašek ambientato nella Prima guerra mondiale, cominciano invece nel locale U Kalicha, come s'intuisce dai dipinti alle pareti. E al Savoy, dove si svolgevano le rappresentazioni degli attori yiddish, non si può non pensare a Isak Löwy, l'amico di Kafka, e al Golem di Meyrink.

Il caffè letterario Gregor Samsa è dedicato al protagonista delle Metamorfosi kafkiane, mentre il Café Milena porta il nome della donna amata dallo scrittore. Si trova nei portici di piazza della Città Vecchia (Staré Město), di fronte all'Orologio, non lontano dalla statua dell'eretico Jan Hus. Ai suoi piedi un violinista suonava le note di Kde domov můj? ("Dov'è la mia patria?"), in una delle più belle e struggenti scene dell'Insostenibile leggerezza dell'essere, romanzo di Milan Kundera in cui i riferimenti alla Praga del Sessantotto sono davvero tanti. Cadde poi sul Paese la cappa della normalizzazione, ma i dissidenti continuavano a incontrarsi al Café Slavia, chiamato anche Caffè Letterario, di fronte al Teatro Nazionale, dove si organizzarono e fondarono Charta 77. Ventidue anni dopo, Havel saliva al Castello.

6 marzo 2013

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