In Veneto il turismo culturale riscopre la penna di poeti e scrittori che ne hanno raccontato l'anima e i luoghi. Parole senza tempo, capaci di evocare il genius loci e allo stesso tempo di svelare bellezze poco conosciute. È di giorni fa la presentazione di un progetto per trasformare la casa natale di Andrea Zanzotto in un museo. Un'operazione congiunta tra la Fondazione Casa paterna Andrea Zanzotto e la Regione Veneto che dovrebbe portare al restauro della casa a Pieve di Soligo, nel Trevigiano, per offrire ai visitatori una esperienza non solo fisica, ma anche sensoriale ed emozionale, facendone un luogo della memoria. L'obiettivo – condiviso in sede istituzionale – è di arrivare alle celebrazioni del centenario della nascita di Zanzotto, nel 2021, con uno spazio capace di raccontare i valori che il poeta del Filò ha incarnato nei suoi versi.
Attraversano gli stessi luoghi anche la guida “I luoghi degli scrittori”, curata dal giornalista Sergio Frigo per Mazzanti editore, e “Lungo la Pedemontana” di Paolo Malaguti (ed. Marsilio), che percorre in bici il tratto che da Montecchio Maggiore arriva a Spresiano, tra i paesi raccontati da Luigi Meneghello in “Libera nos a Malo” e “Piccoli maestri”. Il Veneto che esce dalla penna di Malaguti è frutto di un immaginario stratificato che rimanda ai versi di Zanzotto e alle atmosfere di Buzzati, alla natura di Rigoni Stern e alle analisi di Pasolini sull'Italia del boom.
Una “guida” letteraria
«La città è un aspro guscio d'ostrica dove tra riflessi di madreperla la vita fermenta», scriveva di Chioggia Giovanni Comisso
in “Gente di mare”, mentre Gian Antonio Cibotto ne “La coda del parroco” raccontava un Polesine poetico: «Nelle notti estive,
dalle mie parti le strade diventano canali, e rigano d'argento la malinconia della pianura». Antonio Fogazzaro accompagnò
il protagonista di “Piccolo mondo moderno” a cercare pace nell'Abbazia di Praglia, alle falde dei Colli Euganei. Sono solo
alcune delle penne della letteratura veneta che sono state scelte per fare da ciceroni del loro territorio nei “I luoghi degli
scrittori”. Ci sono Ippolito Nievo, Emilio Salgari, Dino Buzzati, Andrea Zanzotto, Antonia Arslan, Mario Rigoni Stern, Goffredo
Parise tra i grandi “testimonial” di ieri e di oggi a cui il libro affida il compito di raccontare le terre di Venezia, a
partire dai loro luoghi del cuore. Sono 27, da Ippolito Nievo a Tiziano Scarpa, gli scrittori presentati per esteso, ma ad
essi si aggiungono citazioni da centinaia di altri autori. E sono oltre 70 le mete descritte diffusamente, con il supporto
di oltre 200 fotografie e 80 cartine originali.
Dalla Arslan a Zanzotto
Padovana d'Armenia, Antonia Arslan racconta ne “La masseria delle allodole” il suo primo incontro con la basilica di Sant'Antonio,
ma è all'Isola degli Armeni a Venezia che dedica molte attenzioni. Natalino Balasso, “scritore” di origine polesana, ne “L'anno
prossimo si sta a casa” rivela l'anima rissosa e partenopea di Chioggia, anche se il cuore sembra battere sul delta del Po.
Se il poeta “trilingue” Ferdinando Bandini è concentrato sulla sua Vicenza, il mobilissimo (e purtroppo poco conosciuto in
vita) Giuseppe Berto racconta il Sile «fiume che non aveva piene» e quel tratto di strada che collega Treviso a Venezia costellato
di ville, ma è appunto a Venezia che approda con il suo “Anonimo veneziano”. Tra scrittura e pittura, Dino Buzzati non perde
nemmeno a Milano il suo legame con Belluno e con le sue montagne, quelle che Bàrnabo vede che «Non assomigliano veramente
a torri, non a castelli né a chiese in rovina, ma solo a se stesse» e che sono il suo testamento ne “I miracoli di Val Morel”.
E poi c'è la Bassa Padovana e l'urbe patavina di Ferdinando Camon, quel territorio che fa da sfondo anche ai noir di Massimo
Carlotto, con il suo Nordest “tossico”. Con Gian Antonio Cibotto si torna al grande fiume Po, all'alluvione e alla storia
disperata e commovente di Scano Boa, mentre Dino Coltro rivela gli angoli ancora oggi rurali della Bassa Veronese. La prosa
straordinaria, lucida e gentile di Giovanni Comisso accompagna il lettore tra la Marca trevigiana e Venezia, fino all'Adriatico,
mentre Fulvio Ervas rivela le inquietudini sui colli del Prosecco. E poi c'è il “Piccolo mondo antico” che diviene progressivamente
“moderno” di Fogazzaro tra Vicenza e Padova, una geografia che quasi un secolo dopo Meneghello riscopre come un amore antico,
ancestrale, gioioso e doloroso ad un tempo. Tina Merlin è la parola dura sul Vajont, è la memoria di una vita alpina sfregiata.
E se Andrea Molesini e Alberto Ongaro attraversano Venezia e la sua laguna, su quelle stesse acque si affacciò (non solo di
passaggio) Ippolito Nievo, la cui vicenda è fortemente legata a Veneto e Friuli. Alle terre attraversate dal Piave sono invece
legati il poeta Giacomo Noventa, intellettuale raffinato che scrisse versi dialettali, e quel genio straordinario (dal respiro
internazionale) che fu Goffredo Parise: il suo “veneto barbaro” è tra Vicenza, Cortina e il Piave. Su Vicenza è imperniata
anche la scrittura di Guido Piovene, che scrisse «conoscere Palladio, la Basilica, la Loggia del Capitanio, la Rotonda, il
teatro Olimpico, il palazzo Chiericati e gli altri attraverso gli studi è una conoscenza imperfetta», mentre l'altopiano di
Asiago è l'universo-mondo di Mario Rigoni Stern, che dopo i racconti dalla campagna di Russia spese una vita intera ad ascoltare
il canto degli alberi e degli uccelli nei suoi boschi. Un capitolo a parte meriterebbe Emilio Salgari, che porta pezzi della
sua Verona e del territorio bagnato dall'Adige nei libri ambientati nelle foreste dell'India.
Tra gli autori contemporanei, il venezianissimo Tiziano Scarpa ha fatto della città meravigliosa appoggiata sulla laguna uno sfondo costante dei propri racconti, mentre il vicentino Vitaliano Trevisan è scrittore di periferie e amori malati, di territori violati dallo sviluppo industriale e di piccole disperazioni quotidiane. Dopo il padovano-veneziano Diego Valeri – che racconta il “Paese dei miei vecchi” immerso nella nebbia – e Giovanna Zangrandi, l'emiliana finita in Cadore per le montagne e la Resistenza, la lunga carrellata di questa guida letteraria di conclude con il poeta eccelso del paesaggio. Andrea Zanzotto è stato forse, nelle prose e soprattutto nei suoi versi essenziali, il massimo cantore di un Veneto trapassato dalla civiltà contadina alla dispersione di un patrimonio morale di bellezza.
E allora il percorso si può chiudere con i suoi versi: «Brilla la finestra del verde lungamente / lungamente composto, sogno a sogno, / orti o prati non so; ma quanta brina / prima ch'io mi convinca, quanta neve. // Verde del grano che alzi il capo e irridi / tra l'incerto oro e il vuoto: / tu, mia finestra, e tu, cielo, che porti / a me tra placidi astri gli squillanti satelliti // che il gioco umano ha lanciati, con lampi / di fantascienza, a vagheggiare in orbite / leggiere i colli, e li vede a piè fermo / il bue sul campo arato e la vite e la luna. // O mia finestra, purezza inestinguibile».
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