Il Brasile è una Repubblica Federale dell'America del Sud che, oltre a essere l'economia più grande dell'America Latina, rappresenta il quinto Paese al mondo in termini di superficie e abitanti.
L'economia brasiliana ha avuto un vero e proprio boom di espansione e sviluppo nella prima decade degli anni duemila con tassi medi di crescita del prodotto interno lordo pari al 4/5% (2006-2010), che han consentito alla Repubblica carioca di essere annoverata nell'acronimo “BRICS” delle cinque maggiori economie emergenti.
Cionondimeno, la crescita economica del Paese ha subito un forte rallentamento dal 2011 in avanti, attestandosi in torno al 2,1% medio tra il 2011 e il 2014 e trasformandosi in forte recessione nel 2015 dove il tasso di crescita del PIL è diminuito del 3,8 e si è registrata un'inflazione pari al 9% (dati worldbank.org). A tale situazione, si aggiungono l'attuale crisi politica del Paese, un persistente forte disequilibrio regionale, nonché una elevata burocrazia e uno dei più complicati sistemi fiscali nel mondo.
Per far fronte a tale situazione, il governo brasiliano ha avviato nel 2015 una serie di misure macroeconomiche e riforme strutturali volte a incentivare l'investimento pubblico e privato e ridurre le barriere al commercio, tra le quali si segnalano l'avvio di un programma di investimento infrastrutturale (c.d. “Programa de Investimento em Logistica” - 2015-2018) e quello sul commercio estero che ha visto l'implementazione del “Siscomex Portal” destinato a facilitare l'accesso e aumentare la trasparenza e l'efficienza dei processi relativi alle esportazioni e importazioni.
Lo scorso 29 marzo 2016, inoltre, la Commissione del Senato deputata alla semplificazione della pubblica amministrazione ha proposto una serie di emendamenti al sistema tributario nazionale quali la revisione delle procedure amministrative volte a risolvere i contenziosi fiscali e la riduzione degli oneri amministrativo-fiscali da porre in essere per partecipare a gare di appalto pubbliche o per beneficiare di specifiche procedure amministrative al fine di evitare il fallimento. L'iter legislativo per tali ultime riforme è ancora in corso.
Ad utilità di coloro che intendono investire in Brasile, appare opportuno evidenziare come gli investitori esteri possano avviare un attività ricorrendo principalmente a due tipologie di società (la società “Sociedade Limitada” e la “Sociedade Anônima”), ovvero per il tramite di una stabile organizzazione di una società estera. Tale ultima opzione, tuttavia, risulta essere più onerosa, in quanto richiede una specifica autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo, dell'Industria e del mercato estero, oltre ad una maggiore complessità di gestione fiscale.
La tassazione sulle società e sulle stabili organizzazioni residenti e localizzate in Brasile, come detto, è piuttosto significativa, in quanto, le società brasiliane possono optare annualmente per essere tassate sul proprio reddito reale (“lucro real”) o – al verificarsi di determinate condizioni – sul proprio reddito presunto (“lucro presumido”). L'aliquota nominale di tassazione del reddito delle società è pari al 15%, cui però si sommano una sopratassa del 10% e una imposizione contributiva “Contribuição Social sobre o Lucro Líquido” con aliquota del 9%, che portano l'aliquota totale d'imposizione sul reddito delle società al 34% complessivo.
Le società di piccole dimensioni che non superano un reddito lordo pari a 3,6 milioni di Real Brasiliani (circa 900.000 euro) possono optare, invece, per un regime di tassazione semplificata che copre oltre all'imposta sulle società, i contributi previdenziali, l'IVA federale e una serie di altre imposte indirette.
In aggiunta, occorre notare che la normativa tributaria federale prevede delle contribuzioni volte al finanziamento del sistema previdenziale e assistenziale che sono parametrati sul fatturato lordo delle imprese quali il c,d. “COFINS” (3%) e il c.d. “PIS” (0,65%). È inoltre prevista una tassa sulle transazioni finanziarie (“IOF”).
Nell'ambito dell'imposizione diretta, giova inoltre notare come siano presenti alcune specifiche disposizioni antielusive, quali la thin-capitalisation rule (con un livello di indebitamento che non può superare il rapporto di 2:1 rispetto all'equity), “black-list cost rule” e una specifica disciplina sul transfer pricing assolutamente non conforme a quella adottata dall'OCSE. Inoltre, salvo in limitate circostanze, i pagamenti per prestazioni di servizi in Brasile sono assoggettati a ritenute d'imposta. A tal ultimo riguardo, si segnala che il Brasile ha attualmente in vigore 28 convenzioni con Paesi esteri, tra cui quella con l'Italia, per evitare la doppia imposizione).
Appare inoltre importante sottolineare come, alla data odierna, i dividendi distribuiti da società brasiliane ad azionisti non residenti in Brasile sono esclusi dall'applicazione di una ritenuta in uscita.
Per quanto riguarda all'imposizione indiretta, merita notare come in Brasile vi sia più di una tassazione sul consumo: un'imposta viene applicata a livello federale (“IPI”) nelle differenti fasi di produzione o importazione di un bene; un'imposta (“ICMS”) viene applicata a livello di singolo stato o municipalità sulle vendite dei beni e sui servizi di trasporto o di comunicazione.
Da ultimo, occorre notare come il Brasile addotti, a livello federale, degli specifici incentivi fiscali volti a incentivare le imprese che investono in R&D con benefici valevoli sia ai fini dell'imposta sul reddito e dell'imposizione contributiva che dell'IPI; nel settore dell'IT con riduzioni dell'IPI.
Sul territorio brasiliano sono presenti alcune zone franche dislocate nella regione dell'Amazzonia che attribuiscono diversi benefici di natura fiscale agli operatori che ivi operano; nonché tre ulteriori aree industriali denominate “Export Processing Zones” (“Ceará”, “Piauí” e “Acre”) nelle quali le imprese possono beneficiare di incentivi fiscali a condizione che l'80% della loro produzione venga esportata. Altre 18 Export Processing Zones sono in fase di avvio.