C’è l’appartenenza a Ue, Eurozona e spazio Schengen; la posizione strategica, tra Russia e Scandinavia; una burocrazia snella e incentivi fiscali: i motivi per investire nel mercato lituano, in definitiva, non mancano. Affiancati da qualche controindicazione: un mercato piccolo – neppure tre milioni di abitanti – qualche difficoltà nel reperire manodopera, soprattutto a causa del livello elevato di emigrati, le tensioni geopolitiche con la Russia (e soprattutto le sue ricadute commerciali).
In questo contesto l’Italia è oggi presente più negli scambi – siamo il sesto esportatore – che negli investimenti.
Per cominciare: Invest Lithuania
Un buon punto di partenza per chi è interessato al mercato del Paese baltico può essere Invest Lithuania. Sul sito dell’agenzia per la promozione degli investimenti stranieri, consultando le informazioni divise in capitoli, emergono subito i principali vantaggi. Innanzi tutto una burocrazia snella, testimoniata tra l’altro dai tempi per avviare una nuova attività di impresa – appena tre giorni – e dalla posizione occupata dalla Lituania in classifiche come Doing Business della Banca mondiale (20esimo posto). In secondo luogo – ma è in realtà uno dei maggiori fattori di attrattività – c’è un regime fiscale favorevole per le imprese, che diventa ancora più “business friendly” nelle zone economiche speciali: Klaipeda, Akmene, Šiauliai, Panevežys, Marijampole, Kedainiai e Kaunas.
Un fisco leggero
Una rapida carrellata sugli incentivi offerti dalla Lituania è fornita dall’ambasciatore italiano a Vilnius, Stefano Taliani de Marchio: «La Lituania – spiega - si vanta di offrire incentivi migliori degli altri, con l’agenzia Invest Lithuania che è pronta tra l’altro a garantirne su misura (anche alle imprese italiane), variabili in base al tipo di attività che si intraprende. In generale, c’è un’imposta sul reddito societario che va dallo 0 al 15%, a seconda di quanto si investe in ricerca e sviluppo (la Lituania è ancora sotto la media Ue in questo campo, ndr); ritenute sui dividendi pure variabili tra lo 0 e il 15%; un’imposta sulla sicurezza sociale che non supera il 30%». Nelle zone economiche speciali poi (ognuna con una sua specializzazione settoriale), le imposizioni vengono azzerate per i primi sei anni e l’imposta societaria può godere di un’aliquota ridotta (7,5%) per i dieci anni successivi.
Le dimensioni del mercato e il problema della manodopera
Limitatamente ai suoi confini il mercato lituano è piccolo, visto che il Paese non raggiunge i tre milioni di abitanti. Considerando però l’area baltica nel suo complesso, la prospettiva già si allarga a sette milioni di persone; e il quadro cambia completamente se il Paese – come le altre due repubbliche baltiche – viene considerato come hub strategico tra Russia e Scandinavia.
Più complessa la questione della manodopera. Sebbene i lituani vantino alte percentuali di scolarizzazione, fattore notoriamente di appeal per gli investitori (il 51,5% degli abitanti tra i 25 e i 34 anni hanno un’istruzione post-diploma), l’invecchiamento della popolazione e, soprattutto, l’alta percentuale di cittadini che emigrano all’estero – il calo demografico è stato del 13% in un decennio – iniziano a rendere difficile far fronte al fabbisogno. «Il problema – spiega ancora l’ambasciatore italiano – è che i giovani, quelli più istruiti e quelli con un livello inferiore, davanti a salari tra i più bassi in Europa, se possono se ne vanno. Sono problemi strutturali, evidenziati dalla Commissione europea , a cui il Paese deve ovviare riducendo il carico fiscale sui redditi più bassi, attuando riforme come quella previdenziale e del lavoro, aumentando la produttività. Le difficoltà maggiori sono naturalmente per le industrie “labour intensive”, che richiedono più manodopera, l’handicap pesa meno su aziende più innovative, imperniate sulla robotica, come ottica e farmaceutica».
Qualche analista segnala anche il problema della corruzione, su cui comunque la Lituania, 32esima nella classifica di Transparency International, sta facendo continui passi avanti.
La presenza italiana
L’Italia, piuttosto forte nel commercio (sesto esportatore, con un interscambio 2015 pari 1,63 miliardi, seppure in calo rispetto al 2014, e un saldo positivo per 678 milioni), è invece abbastanza debole negli investimenti. Esportiamo soprattutto macchinari, tessuti, veicoli e alimentari, importiamo prodotti lattiero-caseari, legno, mobili, pesce e crostacei. I margini di crescita, secondo l’ambasciatore Taliani de Marchio, ci sono: «Oggi – nota – è presente (da 12 anni) solo una grande realtà come Marzotto, che ha tre impianti a Kaunas e dà lavoro a 600 persone, a cui si aggiungono UniCredit Leasing, che ha acquisito un’azienda lituana, e GI Group (società di consulenza attiva nel settore risorse umane e mercato del lavoro, ndr) che pure ha acquisito un’azienda locale. Sono tutti esempi positivi: per questo invito le nostre aziende a investire di più. Come settori consiglio la logistica – hanno ottime infrastrutture – e l’hi tech e vedrei bene l’italia in settori come ottica, farmaceutica, scienze della vita».