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Conti pubblici: senza crescita dell'economia il risanamento è a rischio

di Michele De Gaspari

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4 febbraio 2008
Banca d'Italia: il Bollettino economico

Il percorso virtuoso di riduzione del deficit pubblico negli ultimi due anni potrebbe non bastare nella nuova fase di ristagno congiunturale. Occorrono misure di contenimento della spesa

Se le previsioni sull'economia reale (Pil, domanda, produzione) sono nettamente peggiorate tra la seconda metà del 2007 e l'inizio del 2008, la situazione della finanza pubblica risulta, per contro, in significativo progresso. I saldi contabili - espressi dal fabbisogno del settore statale e di tutte le amministrazioni pubbliche (deficit di cassa), così come dall'indebitamento netto (deficit di competenza), il dato rilevante ai fini del Patto di stabilità europeo - sono scesi, infatti, lo scorso anno al livello più basso dal 2000, nonostante l'anticipo di alcune spese e il rinvio di entrate, mentre il debito pubblico è tornato diminuire in rapporto al Pil, dopo due anni (2005-2006) in cui era aumentato. Il deficit 2007 è, dunque, calato a circa il 2% del Pil, a fronte del 2,4-4,4% di un anno prima, se calcolato o meno al netto delle componenti straordinarie e una tantum (era stato pari al 4,1% nel 2005). L'obiettivo per quest'anno, secondo la Finanziaria 2008, è un disavanzo in leggera risalita al 2,2%, con un'interruzione del percorso di miglioramento, a causa delle maggiori spese approvate.

L'esigenza di contenere il deficit sotto il 2% del Pil, al fine di non arrestare il processo virtuoso verso il pareggio di bilancio da poco avviato, potrebbe avere un'eccezione, considerando gli effetti negativi del ciclo economico sui conti pubblici (messi in conto, peraltro, dal Patto di stabilità nei periodi di bassa crescita). La crisi finanziaria internazionale e i rischi di recessione delineano uno scenario macroeconomico per il 2008 denso di incognite e preoccupazioni. Un aumento reale del Pil pari ad appena l'1% o anche meno (il Programma di stabilità dello scorso novembre lo indica all'1,5%) comporta inevitabilmente una minore dinamica delle entrate, rendendo così più caute le previsioni sull'evoluzione degli aggregati della finanza pubblica. C'è il problema, poi, della pressione fiscale troppo alta, che si è portata nel 2007 al livello record di oltre il 43% sul Pil (due punti e mezzo in più negli ultimi due anni), a fronte di una spesa corrente da tenere sotto controllo, per difendere il percorso di risanamento finora basato soprattutto sul boom delle entrate fiscali. La maggiore incognita rimane, pertanto, l'andamento della spesa, a cominciare dal fronte aperto dei contratti pubblici; il rischio è che, a un deficit di bilancio migliore del previsto nel 2007, ne venga messo a segno uno significativamente più elevato per il 2008.

I fattori ciclici hanno avuto senza dubbio un ruolo importante nel miglioramento, al di là del previsto, dei conti pubblici per il 2007, ma il problema è quello di rendere sostenibile il risanamento finanziario con riforme strutturali della spesa. L'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2011 diventa, infatti, improbabile in uno scenario macroeconomico di crescita del Pil che scende sotto l'1% nel 2008 e fluttua poco sopra l'1% nel successivo triennio, a fronte dell'1,7% medio di aumento nel periodo fissato dal Programma di stabilità a fine 2007, su cui si basano i recenti favorevoli giudizi della Commissione europea. La strada del risanamento, in altre parole, si fa molto stretta e valutare in prospettiva l'evoluzione della finanza pubblica esige grande cautela; in un contesto dove la crescita economica continua ad andare a rilento, il disavanzo tende spontaneamente a lievitare, mostrando tutta la sua vulnerabilità in assenza di un consolidamento delle politiche di bilancio. Una discesa nel rapporto deficit/Pil, così come in quello debito/Pil, troppo sbilanciata sulle entrate tende piuttosto fragili i processi realizzati negli ultimi due anni e richiede future correzioni nei conti pubblici più complesse e difficili del previsto.

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