Tra le righe si era già capito a metà maggio, dall'ultima riunione a Bruxelles dei ministri dell'Eurogruppo, che la data del 2010 per il pareggio di bilancio era destinata a sfumare. Ma ieri a Francoforte Jean-Claude Juncker, il suo presidente, l'ha detto chiaro: «Tutti i Paesi che ancora non hanno raggiunto l'equilibrio dei conti pubblici dovranno farlo entro il 2012 e indipendentemente dall'andamento del ciclo economico». Però, ha aggiunto, «le regole del Patto di stabilità andranno applicate in modo stretto. L'obiettivo del consolidamento strutturale dei conti al ritmo annuo dello 0,5% del Pil resta per intero». Inutile inseguire i mulini a vento quando ormai la congiuntura economica più di tanto non offre margini di manovra ai Governi. Dunque l'accordo di Berlino, che nell'aprile 2007 sancì tra l'altro l'obiettivo dell'azzeramento del deficit, perde un pezzo. Però resta l'impegno a un risanamento rigoroso. Evidente la concessione alla Francia di Nicolas Sarkozy, la quale da mesi dichiara che il suo traguardo è solo e soltanto il 2012.
Ma è altrettanto evidente che la nuova data, se necessario, farà comodo anche agli altri: all'Italia che da sempre propugna per sé il 2011 e ora si ritrova a poter eventualmente beneficiare di un anno in più. A Portogallo e Grecia che invece finora a parole si sono impegnate per il 2010. Sulla strategia di consolidamento dei conti Giulio Tremonti, però, almeno per ora, tiene ferma la barra del timone. «Applichiamo il piano Prodi-Padoa Schioppa e manteniamo l'obiettivo del 2011», ha affermato ieri a Francoforte dove ha spiegato ai colleghi le linee di politica economica che il Governo Berlusconi intende seguire. Incassando reazioni positive tanto da parte del commissario Ue Joaquin Almunia quanto da Juncker. «Il piano che ci è stato presentato va bene. L'Italia deve continuare sulla strada del consolidamento, tutto quello che va in questa direzione va bene», ha commentato il secondo.
Oggi, insieme al Portogallo, l'Italia uscirà ufficialmente dalla procedura anti-deficit eccessivo (sopra il 3% del Pil, ndr) in cui era caduta nel giugno di tre anni fa. Ma la strada per approdare al pareggio di bilancio appare ancora lunga, se è vero che quest'anno il deficit salirà al 2,3% e il prossimo al 2,4% secondo le previsioni di Bruxelles. Non a caso nella raccomandazione all'Italia, approvata ieri a Francoforte dai ministri dell'Eurogruppo e i cui contenuti dovrebbero essere confidenziali (come quelli delle altre 12 inviate ad altrettanti Paesi), si invita il Governo ad «assicurare progressi adeguati per il riequilibrio dei conti» nella preparazione della Finanziaria del 2009.
In particolare si chiede l'«applicazione rigorosa» della politica di bilancio per quanto riguarda l'aggiustamento strutturale annuo dello 0,5%. Mancato invece dalla Finanziaria 2008 che ha visto, secondo l'analisi Ue, anche un aumento della spesa, al netto delle una tantum, dello 0,5% del Pil. Di qui la sollecitazione a «controllare con estrema attenzione le dinamiche di spesa, a evitare qualsiasi spesa supplementare, comprese le riduzioni delle tasse, a meno che non siano bilanciate da tagli che scongiurino il deterioramento del bilancio strutturale 2008». Sentiero stretto, dunque. Anche se i primi passi mossi finora, dalla detassazione degli straordinari all'abolizione dell'Ici sulla prima casa, come le nuove misure prospettate e cioè una manovra da 10 miliardi nel 2009 fatta in larga parte di tagli alle spese, incontra il favore dei partner europei. Ai quali, a quanto pare, è piaciuto anche l'accordo che il ministro dell'Economia ha stipulato con le banche sui mutui.
Resta ora da verificare se incontrerà i favori dell'Europa, fino a magari farvi scuola, la "Robin Hood tax" che Tremonti medita di imporre ai petrolieri. È un'idea, ma in seno all'Eurogruppo si comincia a discutere delle misure da prendere contro il caro-carburanti, ha dichiarato ieri il ministro. Convinto che il suo progetto, che potrebbe anche servire a finanziare parte della manovra, farà strada. «Faremo la Robin Hood tax», ha ripetuto ieri, sedotto da quella vecchia idea di prendere ai più ricchi per aiutare i più poveri.