La Casa di Santa Clara annuncia un ricorsso. Si tratta della sanzione più alta mai inflitta dalla Commissione. Il precedente record (899 milioni di euro) appartiene a Microsoft
Era prevista, attesa. Alla fine è arrivata. La Commissione europea ha deciso di infliggere a Intel una sanzione da 1,06 miliardi di euro, la più alta mai inflitta dall'esecutivo dell'organismo comunitario, per abuso di posizione dominante e pratiche anticoncorrenziali illegali. Oltre alla multa record, il precedente tetto di 899 milioni di euro grava in capo a Microsoft, per il colosso dei microprocessori californiano è arrivato anche l'ordine di interrompere immediatamente tali pratiche assicurando che vigilerà sull'ottemperanza di questa decisione. L'Antitrust ha quindi usato la mano pesante e in casa Amd, la grande rivale penalizzata dal comportamento tenuto da Intel con i grandi retailer europei è lecito pensare che stiano già festeggiando. L'accusa per avere costituito un cartello versando illecitamente a Media-Saturn-Holding (la holding proprietaria della catena MediaMarkt, in Italia MediaWorld) tra i 15 e i 20 milioni di dollari per esigere la vendita esclusiva di computer a marca Acer, Dell, Hp, Lenovo e Nec con processori Intel a bordo ha quindi trovato un epilogo con il botto e segue le sentenze favorevoli (per la concorrente Amd) emesse dalle autorità Antitrust della Corea del Sud Corea e del Giappone (dove però non è stata comminata alcuna multa), in attesa della presa di posizione della Fcc americana. E poco importa, forse, che la sanzione decisa dalla Ue non sia di oltre quattro miliardi di dollari, l'equivalente del 10% del fatturato annuo della società di Santa Clara, come riportavano alcune indiscrezioni (non confermate quindi) nei giorni scorsi.
Scorrendo la nota ufficiale emessa dalla Commissione si legge che «per tutto il periodo ottobre 2002-2007 Intel ha avuto una posizione dominante nel mercato mondiale dei Cpu (microprocessori) x86, per almeno il 70% della quota di mercato».
Mercato che, su scala mondiale, vale circa 22 miliardi di euro l'anno, di cui il 30% circa generato in Europa.
«La Commissione – recita il comunicato di Bruxelles - ha ritenuto che Intel abbia fatto ricorso a due specifiche forme di pratiche illegali.
Primo. Intel ha dato sconti integralmente o parzialmente occulti a fabbricanti di computer a condizione che le acquistassero la totalità o la quasi totalità dei processori x86 di cui avevano bisogno e ha effettuato pagamenti diretti in favore di un grande distributore a condizione che questo vendesse esclusivamente computer dotati di processori x86. Questi sconti e pagamenti hanno effettivamente impedito ai clienti, e, in fin dei conti, ai consumatori, di rivolgersi a prodotti alternativi.
Secondo. Intel ha effettuato pagamenti diretti a favore di fabbricanti di computer allo scopo di arrestare o ritardare il lancio di prodotti specifici contenenti processori di tipo x86 dei concorrenti e di limitare i circuiti di vendita utilizzati da questo prodotti».
Fatti precisi e circostanziati che quindi hanno indotto la Commissione a ritenere le pratiche di cui sopra lesive nei confronti di Amd perché «costituiscono, da parte di Intel, abuso di posizione dominante nel mercato dei processori x86».
Tali azioni – si legge infine nella nota – «hanno danneggiato i consumatori in tutto lo spazio economico europeo, riducendo la capacità dei concorrenti di fare concorrenza attraverso la qualità intrinseca dei loro prodotto, e hanno minato la concorrenza e l'innovazione». Il commento del commissario alla Concorrenza Neelie Kroes riassume in modo esplicito la presa di posizione della Ue: «un'infrazione così grave e così sostenuta nel tempo delle regole Antitrust non può essere tollerata».
Intel ha già annunciato ricorso e Paul Otellini, numero uno del colosso di Santa Clara, ha tuonato in una nota della multinazionale: «La decisione è sbagliata, non abbiamo danneggiato consumatori». «Intel - ha aggiunto - farà ricorso. Crediamo che questa decisione sia errata e ignori la realtà di un mercato dei microprocessori altamente competitivo caratterizzato da costante innovazione, performance crescenti e prezzi in calo. Non vi è nulla che danneggi i consumatori. Intel ricorrerà in appello».
Il colosso californiano del silicio sostiene che le sue attività non abbiano violato le leggi europee e ritiene che quello che è accaduto è la conseguenza naturale in un mercato competitivo dove agiscono solo due player primari: quando uno dei due incrementa le proprie vendite, lo stesso non accade all'altro. «La Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione Europea - - ha continuato Otellini - ha ignorato o non ha voluto acquisire prove significative che contraddicono la sua decisione. Questi riscontri dimostrano come il mercato premi le aziende che agiscono bene, mentre si comporti all'opposto nei confronti di aziende che non performano».
E sul punto chiave, quello realativa alla vendita di cpu a "prezzi di favore", per sovvenzionare i produttori di pc "amici", Otellini è categorico: «Intel non vende mai sottocosto. Abbiamo costantemente investito in innovazione e nella produzione e sviluppo di tecnologia d'avanguardia. Il risultato è che siamo in grado di praticare sconti sui nostri prodotti così da competere in un mercato altamente concorrenziale, offrendo ai nostri clienti la qualità del leader mondiale nella produzione di microprocessori».
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