L'intervento dello Stato per rafforzare il patrimonio delle banche italiane si farà. In tempi rapidi, forse già entro la fine della settimana. L'argomento, ovviamente, è avvolto dalla massima riservatezza, poichè le indiscrezioni sulle varianti tecniche ancora allo studio possono avere un impatto sul mercato. Ma il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, secondo quanto trapelava ieri a tarda sera, avrebbe già pronto un piano d'intervento ben definito. Che non sarà un atto d'imperio del Governo, ma sarà concordato con i vertici delle banche italiane oltreché, ovviamente, con la Banca d'Italia.
Le resistenze di principio da parte dei banchieri, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sono ormai cadute. Restano però da decidere le modalità, che non sono un dettaglio, ma sostanza. E per questo il ministro ha avviato un giro di consultazioni riservate con i principali banchieri del Paese. Due giorni fa a Milano, Tremonti ha incontrato Giovanni Bazoli e Corrado Passera di Intesa Sanpaolo e Alberto Nagel di Mediobanca. Ieri gli incontri sarebbero proseguiti. E Tremonti avrebbe visto anche l'amministratore delegato di UniCredit Alessandro Profumo, insieme a Passera.
Le fonti ufficiali negano l'incontro, ma le consultazioni sono in pieno svolgimento. E il ministro, a tarda serata, si è recato a Palazzo Grazioli dal Premier Silvio Berlusconi. I tempi stringono. Da troppo tempo, l'ipotesi circola sui mercati. E i titoli delle due grandi banche (UniCredit -13,03%, Intesa Sanpaolo -8,68%) continuano a soffrire. Anche perché qualche investitore teme che l'ingresso dello Stato porti a una diluizione degli utili, peggiorando lo status degli attuali azionisti.
È proprio quello che Tremonti vorrebbe evitare. E per questo starebbe chiedendo ai banchieri di concordare una tipologia d'intervento che non penalizzi, in alcun modo, gli investitori. C'è chi ritiene possa trattarsi di un prestito convertibile a lunga scadenza, chi continua a sostenere che l'opzione preferibile sia quella di un prestito "ibrido" che ha insita una componente di equity. Il secondo strumento impatterebbe solo sul Tier 1, il primo anche sul Core Tier 1.
I dettagli, ovviamente, restano avvolti dal riserbo. Ma la cornice della manovra è definita. E non dovrebbe discostarsi troppo dal modello "francese" (vedi anche altro articolo in pagina). L'intervento, essendo concordato con le stesse banche, avverrebbe sulla base di richieste autonome e volontarie degli istituti, dopo aver sentito la Banca d'Italia. Si sa che Via Nazionale, inizialmente, non era d'accordo con l'ipotesi di un intervento dello Stato.
Tra il Governatore Mario Draghi e Tremonti, in queste settimane di crisi, non c'è sempre stata identità di vedute. La stabilità del sistema, ha sempre sostenuto il Governatore, non è mai stata in discussione. In sostanza: le banche italiane, a differenza di quanto si è visto in altri Paesi europei, non hanno bisogno di essere "salvate". E per questo, Draghi finora ha tenuto duro opponendosi a interventi dello Stato.
Il comunicato del Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria, a cui hanno partecipato entrambi, non fa cenno alle ipotesi di intervento statale. Ma lascia aperta la possibilità che ciò avvenga. «Le analisi indicano la solidità del sistema bancario italiano nel suo complesso... tuttavia permangono criticità legate alla forte flessione delle quotazioni e al persistere di tensioni sul mercato interbancario».
Le resistenze di Bankitalia, e soprattutto quelle dei banchieri, sono venute meno quando gli altri Governi europei sono intervenuti nel capitale delle banche. Il rafforzamento patrimoniale degli altri rischiava di porre in una posizione di svantaggio competitivo i nostri gruppi. Perché se anche fosse vero che finora in Italia non c'è stato credit crunch (ma molte imprese lo contestano), in prospettiva la riduzione del credito – in un'economia in recessione – è un rischio che l'Italia non può correre.
Il tema della necessità di interventi di sistema a tutela dell'economia reale, d'altra parte, è ormai oggetto di ogni intervento pubblico dei banchieri. Ieri il presidente di Mediobanca Cesare Geronzi ha posto l'istituto, che ha 11 miliardi di liquidità, al centro del sistema. Ribadendo, se ce ne fosse bisogno, la disponibilità a dialogare a tutto campo col Governo presieduto da Berlusconi (la cui figlia Marina ieri ha debuttato nel cda di Piazzetta Cuccia). La stessa disponibilità a fare sistema già manifestata da Intesa Sanpaolo, che da mesi sta lavorando al salvataggio di Alitalia.
E l'UniCredit guidato da Alessandro Profumo? La grave crisi finanziaria che scuote l'Europa non consente a nessuno di andare troppo per il sottile. Profumo resta con le sue idee. Ma la priorità è difendere la banca. E, per farlo, un canale di dialogo col Governo di Centrodestra va esplorato. Per questo, nei giorni scorsi, grazie alla mediazione di Salvatore Ligresti, Profumo avrebbe riservatamente incontrato Berlusconi.