Serve «uno shock positivo», una scintilla che possa innescare «un piano concreto e di lungo termine» che porti l'Italia fuori dalla crisi. Perchè il Paese rischia di non agganciare la ripresa, di restare indietro, avverte il numero il numero uno di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, che dal Meeting di Rimini pungola Governo e Paese, chiede una reazione. Passera spera che l'Italia possa uscire nel 2010 dal tunnel della crisi ma dice di non sapere «quanto possa ancora durare»: abbiamo di fronte ancora «parecchi trimestri di difficoltà». E «certamente, rispetto ad altri Paesi, gli ultimi dati non sono così incoraggianti».
Serve quindi uno «shock positivo». Sbloccare gli investimenti nelle infrastrutture, per esempio. Non ci sono alibi: si può fare «senza venire meno nè agli obblighi comunitari nè all'attenzione ai conti pubblici». Le risorse ci sono, con i privati pronti ad affiancare lo Stato, e possono aumentare «recuperando quote di evasione fiscale e di spesa pubblica mal fatta». Anche la leva fiscale è uno strumento da mettere in campo con più forza, a partire dalla detassazione della contrattazione di secondo livello: «L'ipotesi di premiare fiscalmente i salari di produttività penso che sia una linea di pensiero molto corretta». Un Paese «che non ha un piano in cui crede, non ha un piano concreto di lungo termine, rischia quello a cui oggi stiamo assistendo: la mancanza di crescita». Un Paese «che non costruisce il suo futuro avrà problemi gravi», avverte Passera. «L'economia ha smesso di calare in molti Paesi, ma purtroppo non nel nostro»: serve «un innesco per un piano di lungo periodo».
La scintilla: investire nelle infrastrutture, possibile volano per lo sviluppo se non fossero frenati da «ritardi importantissimi, soldi stanziati e non utilizzati». Uno scossone per poi varare un piano di lungo termine: ridisegnare il Paese muovendosi su «su quattro ruote non possono essere sgonfie», una ricetta, quella di Passera, che punta «sulla competitività delle imprese; l'efficienza del sistema Paese; la coesione sociale, una delle cose che la crisi ci ha fatto capire che bisogna fare; e sul dinamismo: meritocrazia, mobilità orizzontale e verticale, capacità e velocità di decidere». Mentre sul fronte del welfare, «le reti di protezione non vanno indebolite».
Le banche? «Il nostro sistema ha retto», dice Passera: se tutti avessero avuto un sistema di «regole e controlli» come quello del nostro Paese «il disastro partito dagli Stati Uniti non sarebbe diventato la crisi che abbiamo visto».
Sarà ancora più difficile da parte delle banche dare credito con l'arrivo dei bilanci 2008 e 2009 e dovendo seguire regole e codici. Secondo Passera «sarebbe positivo un ripensamento» delle norme fallimentari e di Basilea2. «Dare credito con Basilea2 e con il Codice sarà un bel problema - dice Passera -. Un ripensamento della normativa fallimentare puntando al recupero delle aziende ci deve trovare tutti dalla stessa parte del tavolo». «Basilea2 - aggiunge - è uno strumento molto valido metodologicamente e come meccanismo di comunicazione tra imprese e banca, ma quello che dobbiamo riuscire a correggere insieme alle autorità di vigilanza sono alcuni aspetti che esasperano la prociclicità di Basilea2. Siccome la componente bilancio è molto elevata come peso, rischiamo di trovarci con annate di bilanci così basse che il derating potrebbe rendere non bancabili alcune aziende che invece, guardando le prospettive, bancabili potrebbero anche essere». Passera si è poi soffermato sulla normativa fallimentare: «Ci sono alcuni elementi che invece di premiare le banche che accettano il rischio, rischiano di trattenerle dall'aiutare le aziende. Si potrebbe evitare questo con uno sforzo non grande».