ILSOLE24ORE.COM > Notizie Italia ARCHIVIO

I sindaci scoprono di perdere consensi

di Gianni Trovati

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
7 gennaio 2008


Lunga esperienza, personalità forte, totale assenza di esitazioni nell'accendere la polemica, meglio se contro la propria maggioranza e il proprio partito. È questo l'identikit del "sindaco ideale" secondo il rigido criterio del consenso. Consenso che, certo, non è sinonimo automatico di buona amministrazione, ma che in ogni caso detta l'ultima parola quando la politica passa dalle urne.

E alle urne è sempre andato tranquillo Vincenzo De Luca, che guida quest'anno la graduatoria del Governance Poll dopo una storia elettorale costellata di successi a volte plebiscitari. Vicesindaco di Salerno nel 1990 e sindaco dal '93 al 2001, gli anni del rinascimento urbanistico della città, ha poi dovuto saltare un turno per sopraggiunti limiti di mandato, ed è stato eletto alla Camera dove siede tuttora. A Roma è nei ranghi del Partito Democratico, ma a Salerno la polemica con la "sua" coalizione è stata feroce, fino a portarlo di nuovo a Palazzo di città contro buona parte dello stesso centrosinistra. Un'alleanza composita, dalla Margherita a Rifondazione passando per Di Pietro, Rosa Nel Pugno e parte dei Ds, gli aveva opposto la candidatura di Alfonso Andria, che si è infranta al muro del ballottaggio.

Nelle polemiche, del resto, De Luca si sente a casa. Quelle con la Regione non si contano, dal presidente Antonio Bassolino, definito «arrogante con un potere sconfinato», all'assessore alla Sanità Angelo Montemarano, titolare secondo il sindaco di una «gestione indecente». Beppe Grillo, che gli contesta il favore per gli inceneritori, è «un guitto che prende 60mila euro a comparsata», e padre Alex Zanotelli, che segue la linea del comico, «va denunciato per procurato allarme».

Ma l'esuberanza del sindaco non si ferma alle parole: il consenso record è nato dalla rivoluzione urbanistica, oltre che da una buona dose di populismo che di recente lo ha spinto a dotare i poliziotti municipali di manganelli, per cacciare zingari e clandestini. E anche chi gli riconosce molti meriti ha storto il naso di fronte a una delle sue ultime idee: quella di posare le sue ceneri ( il più tardi possibile, ovviamente) al centro della nuova piazza (della Libertà) pensata per competere con la napoletana Piazza del Plebiscito. Antonello Caporale, che ha raccontato la storia sul sito di Repubblica, gli ha affibbiato una definizione cattiva ma calzante: «il Chavez della Campania »,che ha portato«l'antipolitica al potere».

Ma gli aspiranti primi cittadini possono stare tranquilli, perché l'essere sopra le righe non è la via obbligata verso il consenso. Lo sanno bene i torinesi, che hanno visto svilupparsi quello che negli anni è diventato il «caso » Chiamparino. Entrato a Palazzo di Città quasi controvoglia (la candidatura gli piombò addosso nel corso della campagna elettorale del 2001, dopo la morte improvvisa di Domenico Carpanini), anche Chiamparino ha saputo consolidare un seguito record, che alle elezioni del 2006 lo ha reso il sindaco più votato d'Italia e lo ha abbonato alle posizioni di testa del Governance Poll ( l'anno scorso era primo, quest'anno secondo a due lunghezze dalla vetta).

Lo stile di Chiamparino, e il contesto in cui opera, non potrebbero essere più diversi da quelli di De Luca, ma i tratti comuni non mancano: prima di tutto la tendenza ad accantonare la fedeltà di partito o di coalizione («fra la sopravvivenza della mia maggioranza e quella del collegamento con Lione scelgo subito la seconda », ha spiegato più volte Chiamparino nelle diatribe sulla Tav), e poi il fatto di aver guidato la città in periodi di profonde trasformazioni, come quello che a Torino è stato scandito dalle Olimpiadi invernali, dalla rinascita della Fiat e dallo sviluppo della città dei servizi e della cultura. Altre volte, invece, una drastica cura ricostituente alla fiducia dei cittadini può arrivare da una campagna elettorale ben congegnata. Come quella che quest'anno a Reggio Calabria, in uno dei turni amministrativi più affollati a memoria d'uomo (più di 3.500 candidati in una città di 180mila abitanti) ha regalato il secondo mandato con il 70% a Giuseppe Scopelliti (sostenuto da 21 liste), il giovane sindaco che nel Governance Poll 2006 totalizzava un incolore 52% di consensi.

Per rendere stabile l'exploit, anche Scopelliti potrebbe scegliere la strada della personalizzazione, stando però attento a non infilarsi nelle pastoie di un braccio di ferro defatigante con la coalizione di maggioranza. Come accade, nella vicina Cosenza, a Salvatore Perugini, alla guida di una Giunta di centrosinistra dopo che nel 2006 è stato sfiduciato il sindaco diessino Eva Catizone. Una battaglia intestina, quella del centrosinistra cosentino, che non conosce tregua, e che giorno dopo giorno ha eroso il consenso nei confronti di Perugini fino a portarlo al 40 per cento:il più basso d'Italia. Insieme a lui, fra i pochi sindaci che non sarebbero rieletti se si votasse oggi, si incontrano Umberto Scapagnini, che guida una Catania in lotta per la sopravvivenza contro i deficit di bilancio, e Rosa Russo Iervolino, a cui il nuovo capitolo dell'infinito dramma rifiuti del napoletano non ha certo giovato.

Mentre a Bologna Sergio Cofferati, anche lui da tempo ai ferri corti con parte della sua maggioranza, divide la città in due parti uguali, dopo aver perso per strada in un anno quasi il 6 per cento. Il segno meno accompagna anche Walter Veltroni, che perde 7 punti rispetto al 2006 e per la prima volta si allontana dalle posizioni di testa dei sindaci più amati. Il nuovo abito da leader del Pd, evidentemente, lo sta allontanando un po' troppo dal Campidoglio e dintorni dove, sottotraccia, sono già partite le grandi manovre per il successore. Che uno smottamento dell'incerto quadro politico nazionale potrebbe proiettare sulle scene ben prima del 2011, data di scadenza del secondo mandato veltroniano.

Del resto anche gli altri sindaci che occupano più o meno spesso le pagine nazionali dei giornali non sembrano brillare più di tanto. A Firenze Leonardo Domenici, al centro dell'infuocata polemica sulla nuova metrotramvia che dovrebbe lambire Santa Maria del Fiore, rimane ancorato al 60%, sei punti sotto il livello raggiunto nelle elezioni del 2004, a Venezia Massimo Cacciari guadagna qualcosa, ma continua a viaggiare a metà classifica mentre a Milano Letizia Moratti, stretta fra i no all'Ecopass e le indagini sulle sue nomine comunali, se si votasse oggi avrebbe vita difficile nella corsa a Palazzo Marino.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
8 maggio 2010
8 maggio 2010
08 Maggio 2010
8 maggio 2010
8 maggio 2010
 
Prendeva la pensione della madre morta. Arrestato
L'Indagine del Cnr nei mari italiani
IL PUNTO / Il dopo Scajola e gli interrogativi sul governo
Addio a Giulietta Simionato
VIDEO / Le dimissioni di Scajola (da C6.tv)
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-