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L' «utilizzatore finale», l'offesa alle donne e le scuse di Ghedini

di Emilia Patta

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18 giugno 2009

«Se il "termine utilizzatore finale" ha potuto offendere la sensibilità di qualcuno, è ovvio che me ne dispiaccio e me ne scuso». A scusarsi con l'opinione pubblica e soprattutto, si presume, con la sua componente femminile è l'avvocato del premier nonché deputato del Pdl Nicolò Ghedini. La vicenda è quella ormai nota delle ragazze invitate a partecipare a feste a palazzo Grazioli e a villa Certosa in cambio di denaro, e sulla quale la magistratura pugliese sta indagando con l'ipotesi di induzione alla prostituzione. Il premier, a quanto pare, non sarebbe tra gli indagati, e proprio qui si inserisce il ragionamento di Ghedini che ha ieri suscitato scalpore: «Qualsiasi ricostruzione si possa ipotizzare, ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l'utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile», aveva detto. Poi le scuse. Apprezzabili.

Tuttavia Ghedini sembra rincarare la dose con un'intervista al Corriere della sera: «Il presidente Berlusconi certamente non ha bisogno che qualcuno gli porti le donne - puntualizza -. Pensare che Berlusconi abbia bisogno di pagare 2mila euro una ragazza perché vada con lui mi sembra un po' troppo. Penso che potrebbe averne di grandi quantitativi, e gratis». Grandi quantitativi, e gratis. Al di là di ogni considerazione sulla vicenda in sè, sulla quale farà luce la magistratura, quelle di Ghedini sono parole rivelatrici di una concezione delle donne non proprio politicamente corretta. Stavolta sono le donne del Pd a inalberarsi: la senatrice Vittoria Franco parla di donne trattate come «scatolame». E Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, nota che dietro le parole di Ghedini «si nasconde una concezione della donna che fa rabbrividire e un'idea squallida e commerciale dei rapporti tra uomini e donne».

Sulla questione dell' "utilizzatore finale" sceglie di fare l'editorale anche un giornale vicino a Berlusconi come il Foglio. «Caro Cav., un premier non si difende così», è il titolo dell'articolo firmato da Giuliano Ferrara. Ne riportiamo un brano come spunto di riflessione. Dopo aver parlato di «una licenziosità di comportamenti difficile da classificare» e di «uno stile di vita esposto ai noti meccanismi di condizionamento e di ricatto» ecco l'esortazione di Ferrara: «Il presidente del Consiglio dei ministri non può comportarsi come un deputato di provincia preso con le mani nel vasetto della marmellata (il riferimento è alla vicenda di squillo e cocaina in cui fu coinvolto il deputato dell'Udc Cosimo Mele, ndr). Se non vuole stendere un velo di penosa incompetenza sull'insieme del suo lavoro di uomo di stato, per molti versi ottimo, Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda, e deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mette in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all'insieme della sua opera e delle sue funzioni».

Per tutti, amici e oppositori del premier, sarebbe in effetti ora che la politica tornasse a occuparsi di politica. Magari rispettando le donne italiane e la serietà del loro lavoro.

18 giugno 2009
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