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Gli uomini della squadra mobile avrebbero sentito complessivamente una ventina di persone, tra cui alcuni trans che sarebbero stati fermati, ma solo per problemi legati all'immigrazione e non alla morte di Brenda. In Questura sono sfilati anche gli amici e i vicini di casa, per ricostruire chi ha visto e cosa ha fatto Brenda nei giorni scorsi. È necessario, inoltre, trovare conferme alle notizie di un forte stato di depressione del transessuale causato dallo stress della vicenda nella quale era coinvolta dopo lo scandalo per il ricatto all'ex Governatore del Lazio.
«Brenda voleva partire, aveva già preparato le valigie», ha detto ai cronisti un'amica di Brenda, Barbara, davanti alla casa di via dei Due Ponti. L'amica di Brenda ha anche aggiunto che «il proprietario di casa voleva buttarla fuori».
«Non ho paura, non ho fatto niente, non so nulla di questo fatto, ora sto andando dal mio avvocato», ha commentato la trans Nathalie, coinvolta nel caso Marrazzo, uscendo dalla sua abitazione di via Gradoli. Nathalie ha poi aggiunto: «Non ero amica di Brenda».
Il rapporto con Marrazzo sotto la lente
Brenda aveva chiamato l'ex presidente della Regione Lazio sul posto di lavoro. Non una volta sola, ma più volte. Telefonate raccolte dai centralini della presidenza della Regione. Il trans cercava il presidente e si qualificava proprio come «Brenda». Circostanza questa che però il trans negò, almeno ai giornalisti, subito dopo lo scandalo, sottolineando di «non conoscere Marrazzo». Brenda sarebbe stato l'unico trans ad avere contattato direttamente Piero Marrazzo tramite i numeri fissi della sua segreteria. Natalie, invece, ovvero il trans ritratto con l'ex presidente della Regione Lazio nel video oggetto di ricatto da parte di quattro carabinieri infedeli, contattava Marrazzo - per sua stessa ammissione - direttamente sul cellulare.
Brenda, inoltre, era molto amica di Gianguarino Cafasso, il pusher morto a settembre per overdose e che tentò per primo di piazzare alla stampa il video del ricatto.