Tre dirigenti di Google condannati per violazione della privacy a sei mesi di reclusione. Nessuna condanna per diffamazione. La sentenza del Tribunale di Milano si riferisce a un filmato pubblicato su Google video (un servizio poi integrato con YouTube, acquisito da Mountain View) nel 2006. Un minore affetto dalla sindrome di down veniva insultato e picchiato da quattro compagni di scuola dell'istituto tecnico Steiner di Torino, già condannati a un anno di messa in prova presso l'associazione cui è iscritta la vittima. Il ragazzo aggredito, invece, ha ritirato la costituzione a parte civile dopo un risarcimento.

Oggi si è concluso il primo grado e i legali dei dirigenti Google hanno già annunciato l'appello. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra novanta giorni. E' il primo procedimento penale a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul web: la sentenza era attesa e annunciata dai giornali di tutto il mondo. Il giudice Oscar Magi, lo stesso del caso Abu Omar, ha condannato David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italia e ora senior vice president, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italia e ora in pensione, e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l'Europa di Google. È stato invece assolto Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l'Europa, a cui veniva contestata la sola diffamazione. Per lo stesso motivo non hanno ottenuto risarcimenti le due parti civili costituite, ossia il comune di Milano (dove ha la sede legale Google Italia) e l'associazione «Vividown».

Google, in una nota, scrive: «Ci troviamo di fronte ad un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet. La Legge Europea è stata definita appositamente per mettere gli hosting providers al riparo dalla responsabilità, a condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza». ll video venne girato nel maggio 2006, caricato su Google Video l'8 settembre e rimosso il 7 novembre. Google fa riferimento alla direttiva comunitaria sul commercio elettronico, ma il giudice ha contestato all'azienda il mancato controllo della pubblicazione del video portando a una «violazione della normativa italiana sulla privacy. Le sanzioni sono a carico dei titolari del trattamento dei dati, e dunque, in questo caso, Google» spiega Laura Turini, avvocato esperto di diritto industriale e della rete. L'azienda avrebbe dovuto chiedere l'interpello al Garante e, prima dell'upload del filmato, essere in possesso dell'informativa privacy.

Sulla sentenza è intervenuta anche l'ambasciata americana. «Siamo negativamente colpiti dalla decisione - ha detto, in una nota, l'ambasciatore americano a Roma, David Thorne, - non siamo d'accordo sul fatto che la responsabilità… preventiva dei contenuti caricati dagli utenti ricada sugli Internet service provider». Secondo l'ambasciatore la sentenza rischia di mettere a repentaglio la libertà di internet, ricordando che «il segretario di stato Hillary Clinton lo scorso 21 gennaio ha affermato con chiarezza che Internet libero è un diritto umano inalienabile che va tutelato nelle società libere. In tutte le nazioni è necessario prestare grande attenzione agli abusi; tuttavia, eventuale materiale offensivo non deve diventare una scusa per violare questo diritto fondamentale».


Radio24 / Intervista al pm Alfredo Robledo
Google avrebbe dovuto interpellare il Garante (di Alessandro Galimberti)
Per i provider internet, uno scenario complicato (di Luca De Biase)
I legali di Google: faremo appello
Google nel mirino della Ue, antitrust apre indagine
Stop al Grande Fratello su YouTube