Il destino di Telecom Italia Sparkle e di Fastweb si conoscerà la settimana prossima. Il gip di Roma Aldo Morgigni interrogherà, il 2 marzo, gli amministratori delle due società di telecomunicazioni e deciderà in merito all'eventuale commissariamento delle stesse per mancata vigilanza, ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001. Oggi, nel carcere romano di Regina Coeli, il gip e il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo stanno già procedendo ai primi 14 interrogatori di garanzia cui hanno diritto i 56 arrestati - di cui 4 ancora latitanti all'estero - di ieri. Il commercialista Fabrizio Rubini, avrebbe ammesso in mattinata di avere versato somme rilevanti al senatore Nicola Di Girolamo. Interrogato anche l'ex finanziere Luca Berriola, già in servizio presso il comando di tutela della finanza pubblica, accusato di avere agevolato il rientro illecito in Italia di un milione e mezzo di euro per conto dell'associazione criminale i cui componenti sono stati arrestati ieri.
Swisscom, l'operatore delle tlc elvetico che controlla Fastweb, ha offerto intanto piena collaborazione ai magistrati nelle indagini e chiede un chiarimento rapido delle accuse di frode fiscale contro la filiale italiana. Anche se non è stata nascosta la sorpresa per gli sviluppi dell'inchiesta. Quando ha rilevato Fastweb nel 2007 Swisscom era a conoscenza di un'inchiesta sulla società per presunta frode fiscale. Certo, si legge in una nota, la società svizzera «è rimasta sorpresa degli ultimi sviluppi: l'indagine è stata estesa ad altre persone; sono stati emessi degli ordini di custodia cautelare nei confronti di 56 persone e si è proceduto ai primi arresti; questa misura riguarda 5 persone del precedente management e collaboratori di Fastweb; all'accusa di frode all'Iva si aggiungono quelle di riciclaggio di denaro rivolte al personale delle aziende terze che hanno agito illecitamente e alle imprese stesse. Conclusione: «Swisscom prende atto dei nuovi sviluppi e ne verificherà con attenzione le ripercussioni. Fastweb e Swisscom sono interessate a un rapido chiarimento delle accuse avanzate dalle autorità penali italiane».
L'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma parla di una «frode carosello», senza beni né acquirenti finali, che con un meccanismo «a lavatrice» ha generato un danno allo stato di 365 milioni di euro, per mancato versamento dell'Iva a fronte di utilizzo di fatture emesse per circa 2,2 miliardi su servizi fittizi, nonché falsi crediti Iva e utili per 96 milioni per Telecom Italia Sparkle Spa - controllata al 100% da Telecom Italia - e Fastweb. Il quadro è emerso dalle indagini condotte dal Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e dal Ros dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo della Procura Distrettuale Antimafia di Roma.
Il reato contestato a tutti gli indagati, a vario titolo, è di associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata finalizzata all'evasione fiscale e contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, con corruzione di pubblici ufficiali, rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento, la fede pubblica e il patrimonio, con riciclaggio, intestazione fittizia e reinvestimento di proventi illeciti. In particolare, secondo la Procura, «Fastweb e Telecom Italia Sparkle» fungevano da cassa dalla quale estrarre le somme di denaro oggetto di successivo riciclaggio, in cambio dell'aumento dei crediti Iva verso l'erario, dell'aumento del fatturato e dei margini ottenuti grazie all'appropriazione di parte dell'Iva pagata alle società "cartiere" C.M.C. Srl, Web Wizard Srl, I Globe Srl e Planetarium Srl, tutte appositamente costituite da altri partecipanti alla presunta associazione per compiere «fittizie operazioni commerciali in circolarità».
I fatti relativi alle due maggiori operazioni di riciclaggio, su cui ha indagato il Nucleo Valutario, si riferiscono al 2003, per la sola Fastweb, e dal 2005 al 2007 per entrambe le società. La prima operazione riguarda la commercializzazione di schede prepagate, denominate Phuncards, che avrebbero dovuto consentire l'accesso tramite un sito internet a contenuti tutelati dal diritto d'autore, che in realtà non esistevano; la seconda, denominata Broker dal nome della società estera da cui passava il riciclaggio, invece riguarda la gestione di traffico telematico di servizi a valore aggiunto (numeri a pagamento), anch'essi inesistenti. Il meccanismo della frode carosello è analogo per entrambe le operazioni.
Secondo la tesi investigativa, infatti, la società produttrice viene sempre costituita all'estero, offre servizi di telecomunicazione inesistenti alle compagnie telefoniche per una determinata somma, sulla quale Fastweb e Telecom Italia Sparkle trattengono circa il 5% prima di rivenderli, anticipando l'Iva e iscrivendola a credito, alla prima società "cartiera" in Italia, che a sua volta li rivende alla seconda società "cartiera" italiana, che li rivende alla società estera di partenza senza pagare l'Iva, quindi il valore a questo punto è incrementato dall'Iva e ricomincia il giro. Le compagnie telefoniche in tal modo maturano un credito Iva e inoltre gonfiano i bilanci con maggiori ricavi e utili. Il tutto danneggiando lo stato e i risparmiatori, dato che si tratta di società quotate.
Nella prima operazione un'immissione di capitali di 700 mila euro ha generato un fatturato di 200 milioni di euro; nella seconda l'immissione di un milione e mezzo di euro ha prodotto un fatturato di 2 miliardi di euro. Telecom Italia Sparkle e Fastweb hanno ricavato dalle due frodi 95 milioni di euro, che sono parte dei 370 milioni di euro dell'Iva non versati dalle "cartiere" italiane.
L'indagine della Guardia di Finanza nasce da una serie di accertamenti svolti su messaggi telefonici che promettevano agli utenti premi in denaro, da cui i militari sono poi arrivati a movimentazioni sospette di denaro, che, per fasi successive, hanno condotto alle Phuncards. Nel frattempo, i militari del Ros dei carabinieri stavano indagando su ingenti movimentazioni di denaro sul conto corrente di un imprenditore campano, Vito Tommasino, vittima di usura, che si era prestato a far rientrare dall'estero 8 milioni di euro, emettendo fatture false a carico della Broker Management Sa, una società di telecomunicazioni panamense. L'operazione di rientro si sarebbe dovuta concludere nel 2006, ma è stata interrotta dopo l'arrivo del primo milione e mezzo di euro.
L'esame dei conti della Broker ha evidenziato flussi finanziari riconducibili alla singolare operazione di Broker e qui l'indagine ha incrociato quella della Guardia di Finanza. Dagli accertamenti dei carabinieri è emersa anche la partecipazione all'associazione criminale di Gennaro Mokbel, che aveva sostenuto, insieme al clan che fa capo alla famiglia Arena della ndrangheta calabrese, la candidatura del senatore Nicola Di Girolamo del Pdl. Il senatore - secondo l'accusa – è, insieme a Mokbel una delle menti finanziarie che hanno ideato la frode da due miliardi di euro. Per Di Girolamo era già stata chiesta l'autorizzazione all'arresto nel giugno 2008 da parte del Gip di Roma, relativamente alla vicenda della sua elezione. Autorizzazione negata dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica, che aveva poi verificato autonomamente i requisiti e chiesto l'annullamento della sua elezione. Nel gennaio del 2009 il Senato ha rinviato di nuovo alla Giunta gli atti, perché la prosecuzione della verifica fosse subordinata all'esito processuale, passato in giudicato. Il Gip richiederà nuovamente l'autorizzazione a procedere nei confronti di Di Girolamo.
Nell'operazione di ieri risulta indagato anche Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb, nonché Riccardo Ruggiero, figlio dell'ex ministro degli affari esteri Renato Ruggiero ed ex top manager di Telecom Italia. Oltre agli arresti sono stati eseguiti sequestri di 200 immobili, quadri di valore, attività commerciali, società, conti correnti e cassette di sicurezza. In particolare, contestualmente a quelle italiane, sono state eseguite quattro ordinanze di custodia cautelare, perquisizioni e sequestri nel Regno Unito, nonché perquisizioni e sequestri in Svizzera e in Lussemburgo.







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