«Ma come è possibile – ha reagito Parisi quando lo ha saputo –, si sta parlando di importi pari all'1% dei ricavi di Fastweb e vogliono mettere a rischio il futuro di una società quotata, con 3.500 dipendenti che diventano 8mila con l'indotto, oltre a danneggiare il nostro rapporto con 1,6 milioni di clienti?». Il suo disappunto sconfinava nella rabbia: «Essere colpiti da una sanzione cautelare significa uccidere l'impresa».
La legge 231 estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi in Italia e all'estero da persone fisiche che operano per la società. Se un amministratore commette determinati illeciti, puntualmente identificati dalla legge e tra i quali figurano l'indebita percezione di erogazioni pubbliche, la truffa ai danni dello Stato, l'ostacolo all'attività di vigilanza, la corruzione e le false comunicazioni sociali, l'impresa per cui quell'amministratore lavora è a sua volta responsabile in sede penale. Nel caso specifico Fastweb e Telecom Italia Sparkle sono accusate di associazione per delinquere transnazionale e di riciclaggio internazionale.
Parisi non si dava pace parlandone con i suoi interlocutori: «Abbiamo smesso di esercitare quel tipo di attività non appena abbiamo saputo che era sotto indagine. E adesso chiedono l'interdizione».
La giornata scorreva convulsamente. In borsa il titolo perdeva il 7,55% dopo essere sceso fino a 14,2 euro. Le notizie si susseguivano, con il mandato d'arresto per Silvio Scaglia, fondatore e tuttora consigliere di amministrazione di Fastweb, e per Mario Rossetti, ex-cfo ed ex-consigliere della società. Poi l'annuncio che tra gli indagati c'è anche Parisi con altri due dirigenti.
«E pensare che non ce ne stavamo più occupando – ha confidato Parisi –, credevamo che l'inchiesta si sarebbe conclusa con un'archiviazione». Invece ieri la bomba, con l'annuncio della "operazione broker" condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Roma che ha allargato i confini dell'inchiesta avviata nel 2007: non solo false fatturazioni e frode fiscale, ma anche riciclaggio e violazione della legge elettorale con l'aggravante mafiosa. Quello che poteva sembrare il frutto avvelenato della pressione esercitata sulla struttura commerciale della società per aumentare ricavi e redditività si trasformava in una specie di incubo con inquietanti connessioni malavitose.
Adesso tutte le energie sono concentrate sulla scadenza del 2 marzo quando il giudice deciderà sul commissariamento di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle. All'interno della società milanese si confida che una presunta truffa (del valore di 38 milioni) non possa essere sufficiente per arrecare un danno così grande a una delle poche realtà industriali nate ai tempi del boom della new economy e sopravvissute allo sgonfiamento della bolla.
©RIPRODUZIONE RISERVATA