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Medicina sul Tetto del Mondo. HighCare soccorre trekker in difficoltà

a cura di Pierangelo Garzia

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26 settembre 2008

Quinta tappa – E' un ufo atterrato sul ghiacciaio, nella gelida notte himalayana. La tenda geodetica che di giorno viene usata per i prelievi di sangue, di sera si illumina di luci e calore umano, come luogo di ritrovo del gruppo di ricerca medica HighCare. Dopo una pesante giornata di lavoro e acclimatamento, il gruppo dialoga sui test effettuati nella giornata, su quelli che dovranno essere svolti durante la notte e, naturalmente, su questa incredibile esperienza che stanno vivendo. Intanto, si è sparsa la voce che al campo base c'è una sorta di pronto soccorso. Volante appunto, come un ufo. E arrivano pazienti, da altre spedizioni, che in questo periodo popolano le pendici dell'Everest.

Pronto soccorso internazionale
Arriva un trekker tedesco, prontamente visitato e assistito. Mai avrebbe pensato di poter disporre di così tanti specialisti a casa propria, figurarsi a 5400! Arriva anche, ben più serio, uno sherpa al seguito di una spedizione francese, con un principio di edema cerebrale. La sua buona stella ha voluto trovasse un intero team ospedaliero a sua disposizione in alta quota: preso e curato in tempo, si rialzerà con le sue gambe per riprendere il cammino. Dalla teoria alla pratica: venuti qui per studiare cosa accade al corpo umano in carenza di ossigeno, i ricercatori di HighCare hanno modo di verificarlo in diretta.

Alla montagna sacra
E se lo meritano proprio, tutti questi sperimentatori della scienza in condizioni estreme, mandati qui col sostegno di Istituto Auxologico e Università Milano Bicocca, la "puja". La cerimonia propiziatoria che il lama somministra - quasi come i medici somministrano farmaci ai loro malati – per avventurarsi sul Sagamaratha, dio del cielo. La montagna, per noi occidentali Everest, è sacra e sacralizzato deve essere il passo di chi transita lungo i percorsi che portano alla sua vetta. Oltretutto il Gigante verrà ferito da piccozze e ramponi che le figurine in salita sul suo dorso, come tanti lillipuziani sul corpo di Gulliver, dovranno usare. La puja ha la funzione di chiedere scusa e buoni auspici da parte del Gigante sacro. E, del resto, nessuno Sherpa si azzarderebbe a salire Sagamaratha prima di questa cerimonia sacra. Il giovane lama, in giacca a vento e pantaloni pesanti, si siede davanti a un altare improvvisato con pietre piatte e immagini di Buddha. Intorno vengono disposte le offerte: bastoncini d'incenso fumanti, riso, stampa, granturco, orzo. Ma anche prodotti meno tradizionali e più "global": bottiglie di rhum, whisky, coca cola, lattine di birra, cioccolato, biscotti.

Invocando la fortuna
"Tutti noi abbiamo ammonticchiato", raccontano, "i lati dell'altare oggetti personali, scarponi, piccozze, imbracature e gli sci che Fabio Iacchini userà per la discesa dal colle sud dell'Everest. Il professor Agostoni ha portato il tubo di connessione tra le bombole e l'analizzatore, un filtro e un boccaglio. Il professor Parati il suo pc, con la speranza che la benedizione buddhista abbia effetti taumaturgici sugli inconvenienti tecnologici che si stanno verificando (alcuni pc sono inutilizzabili e la sperimentazione sulla diffusione alveolare incontra difficoltà ad essere realizzata: le bombole necessarie sono ancora disperse al confine tra India e Nepal)".
In serata raggiungiamo Gianfranco Parati, cardiologo e professore di Medicina interna all'Università di Milano Bicocca, ricercatore capo della missione Highcare. La voce sembra venire da un altro pianeta, in differita. E' frustrante porre la domanda e ricevere risposta, flebile, disturbata, dopo una decina di secondi. Ti trasmette ancor più la sensazione che, ora, le condizioni del gruppo, dopo giorni sul ghiaccio a quota 5400 comincia a farsi davvero pesante.

La fatica si fa sentire
"Abbiamo bisogno di qualche supporto psicologico positivo", dice Parati, "perché pernottare e lavorare in tenda a circa 5400 metri d'altezza su un ghiacciaio è veramente duro, e qualcuno ha mostrato segni di iniziale cedimento. I responsabili della spedizione fanno di tutto per tenere alto il morale del gruppo. Qualche piccola defaillance serale si verifica comunque, con accentuazione dei sintomi da mal di montagna. Per sicurezza uno dei nostri operatori viene fatto dormire nella tenda "infermeria" sotto controllo visivo da parte del dottor Giulio Savia, grande esperto di medicina di montagna, sia monitoraggio elettronico, grazie alla maglietta MagIc. Con tutte queste precauzioni la notte passa tranquilla. Nostra priorità assoluta è sempre la sicurezza dei partecipanti alla missione". Nel frattempo gli alpinisti hanno effettuato una prima, veloce ricognizione sull'Ice Fall che gli Sherpa stanno terminando di attrezzare con scalette, chiodi da ghiaccio e corde fisse penzolanti su vertiginosi crepacci. Una delle tappe più impegnative e rischiose nella salita verso la vetta dell'Everest. Il tempo però non è ancora buono: nevica e il campo è avvolto da nubi. Un'altra notte sul ghiacciaio trascorre. L'ufo colorato si appresta a decollare per raggiungere un punto più alto. Con buon auspicio della puja e benevolenza del Gigante.

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