BRUXELLES - C'è voluto un piano di austerità draconiano, con una correzione da 2 punti percentuali di Pil in un solo anno. Ma c'è voluta anche una visita a Washington di George Papandreou, giocata tra Casa Bianca e sede del Fondo monetario internazionale, per convincere l'Europa, meglio la Germania, a scendere dalla barricate per decidere che sì, in caso di necessità, non ci saranno solo parole di sostegno alla Grecia (come è accaduto nell'ultimo mese) ma anche aiuti concreti. Per evitare quelli sgraditi del Fmi.
E così oggi a Bruxelles i ministri finanziari dell'Eurogruppo discuteranno per la prima volta del meccanismo di soccorso da attivare qualora la Grecia ritenesse di dover battere cassa per sopravvenuta impossibilità di rifinanziarsi adeguatamente sui mercati. Quasi certamente comunque non si andrà oltre la decisione politica sul suo varo, che è però un passo fondamentale.
Non ci saranno invece cifre, semplicemente perché è impossibile anticipare a freddo quale sarà il fabbisogno da coprire. Quest'anno la Grecia dovrà reperire in tutto poco più di 53 miliardi di euro per far fronte alle scadenze del debito. Tra aprile e maggio ce ne saranno una ventina da raccogliere. È probabile, dunque, che il piano europeo di solidarietà sia stato tecnicamente approntato per rispondere a possibili richieste di Atene, comprese tra i 20 e i 25 miliardi.
«La Grecia ha fatto bene, ci attendevamo uno sforzo limitato all'1,5% del Pil, invece è arrivata al 2. Non c'è nessun bail-out in vista, perché Atene non ci ha chiesto aiuto. Ma se dovesse farlo, vogliamo avere un piano pronto in modo che non ci resti che schiacciare un bottone» ha precisato ieri Christine Lagarde, il ministro delle Finanze francese.
Il meccanismo europeo di sostegno prevede, con Germania e Francia a fare la parte del leone, un intervento coordinato per la concessione di prestiti e garanzie bilaterali: un escamotage per aggirare la clausola del Trattato di Maastricht che vieta il salvataggio collettivo di un paese membro in difficoltà e al tempo stesso per non rischiare lo stop di un'operazione del genere da parte della Corte costituzionale tedesca.
Per rassicurare governo e opinione pubblica in Germania, a dir poco riluttanti all'idea di un bel gesto nei confronti di un paese arrivato a pochi passi dal baratro dopo avere per anni truccato i conti, i ministri domani faranno anche altro. Da una parte confermeranno la loro benedizione politica al programma greco di rientro dall'iperdeficit (tagli da 4,8 miliardi in un anno per portarlo dal 12,7 all'8,7%), anche per dare una mano al premier Papandreou che ha il paese in piazza. Dall'altra approfondiranno le discussioni con il commissario Ue Olli Rehn sul rafforzamento sia del coordinamento delle politiche economiche dentro l'area euro sia della sorveglianza sulle politiche dei singoli stati membri per evitare in futuro nuovi casi Grecia. Oltre all'estremo rigore imposto ad Atene, di fatto commissariata dall'Eurogruppo, potenziamento e allargamento del patto di stabilità è il secondo prezzo preteso dalla Germania per aprire i cordoni della borsa.
I ministri, questa volta dell'Ecofin, domani affronteranno un altro tema ostico: l'adozione della normativa europea degli hedge fund, da molti ritenuti corresponsabili della grande crisi finanziaria dell'ultimo biennio. Con la City che ne è il maggiore mercato europeo, gli inglesi vorrebbero regole molto soft. Come gli americani. L'accordo si annuncia difficile.
Cds, quando la speculazione mette in ginocchio un paese (di Morya Longo)
Hedge, il topolino che spaventa i mercati (di Maximilian Cellino)
Un euro di carota e due di bastone (di Wolfgang Schäuble)
DOSSIER / Il caso Grecia
BLOG / La Germania critica la Grecia; e chi parla delle banche tedesche? (di Beda Romano)
Warning di Moody's su Usa e Uk. Ma la tripla «A» per ora resta