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Solo l’Unione politica permette scelte economiche democratiche

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IL CASO GRECIA

Solo l’Unione politica permette scelte economiche democratiche

Nel braccio di ferro tra Unione europea e Grecia, l'opinione pubblica si è divisa in due tifoserie. Da un lato i fautori del rigore, che accusano la Grecia di sperperi e non vogliono concederle nulla. Dall'altro, i fanatici della spesa pubblica, che vedono nella Grecia una vittima del rigore tedesco e vorrebbero aiutarla a riprendere questi sprechi nel nome della solidarietà. Troppo spesso la scelta di campo è fatta per motivi politici, ignorando i fatti.

La tradizione di sinistra radicale di Syriza, il partito greco che ha vinto le ultime elezioni, e la simpatia che ha suscitato tra i fautori della spesa pubblica senza limite in tutta Europa rischiano di oscurare un fatto importante: nelle sue rivendicazioni con l'Europa Syriza ha ragione. L'Europa ha maltrattato la Grecia e lo ha fatto perché la Germania e la Francia hanno protetto i loro interessi a scapito di quelli greci.

Non fraintendetemi. Non sto dicendo che la Grecia sia senza colpa, né che un piano di austerità non fosse necessario. Prima della crisi la Grecia viveva al di sopra delle sue possibilità economiche: nel 2010 il vero deficit pubblico era superiore al 15% del Pil. La Grecia doveva tagliare la spesa pubblica e senza aiuti i tagli sarebbero stati ancora più drastici.

Sto semplicemente dicendo che se non ci fosse stata la Ue e se la Grecia si fosse rivolta al Fondo monetario la Grecia avrebbe sofferto meno. L'Fmi non ha certo una reputazione di essere generoso con i Paesi che aiuta. Ma sarebbe stato più generoso della Ue. Il Fondo avrebbe imposto un piano di austerità, avrebbe imposto un haircut ai creditori del 30% e avrebbe prestato dei soldi per facilitare l'aggiustamento. Qual è la differenza con il piano deciso dall'Europa?

I prestiti ci sono stati e anche l'austerità; quello che è mancato è stato un taglio del debito del 30%, che avrebbe portato il rapporto debito/Pil al 100%.

A onor del vero, l'haircut c'è stato, ma con due anni di ritardo e ha colpito solo i pochi creditori privati rimasti, perché la maggior parte si era salvata vendendo alla Bce o ottenendo il rimborso dei crediti in scadenza finanziato dai prestiti del Fondo. Ristrutturare i prestiti dell'Fmi è molto più difficile che ristrutturare i crediti privati. Quindi il ritardo ha reso la situazione molto peggiore.

Chi ha deciso questo piano? Merkel e Sarkozy, per proteggere le loro banche. A dirlo non sono solo io, ma una serie di persone autorevoli che non possono essere certo accusate di essere degli estremisti: Athanasios Orphanides, ex funzionario della Federal Reserve americana ed ex governatore della Banca centrale cipriota (con dottorato al Mit come Draghi e Papademos); Paulo Batista, all'epoca direttore esecutivo dell'Fmi, e perfino Karl Otto Pöhl, l'ex governatore della Bundesbank. Pöhl dichiarò già nel 2010 che il salvataggio era «per proteggere le banche tedesche, ma soprattutto francesi, da perdite sui crediti». Più recentemente l'ex direttore esecutivo dell'Fmi ha affermato che il piano per la Grecia è stata una delle pagine più cupe della storia del Fondo e che il piano «imponeva troppo peso sulla Grecia e non abbastanza sui creditori». Non occorre essere né di sinistra né pro greci per capirlo.

Pur con tutte le sue colpe, quindi, la Grecia e Syriza hanno ragioni da vendere. Se salvare le banche francesi e tedesche era nell'interesse dell'Unione (ne dubito) andava fatto dividendo il peso finanziario tra tutti gli Stati membri, non imponendolo interamente alla Grecia. Come ha spiegato molto chiaramente Orphanides in una recente presentazione ad Harvard, gestire una crisi significa allocare le perdite prodotte dalla crisi al fine di minimizzare le perdite globali. È quello che hanno fatto gli Stati Uniti, che dal 2010 hanno ripreso a crescere. Sono riusciti a farlo perché hanno un parlamento federale, che considera il benessere del Paese nel suo complesso. In Europa questo non è vero. I politici continuano ad essere eletti da parlamenti nazionali e naturalmente rispondono a questi parlamenti e ai loro elettori. Angela Merkel non è cattiva, è un'astuta politica che fa molto bene l'interesse della sua nazione a scapito di quelle altrui. Non a caso è l'unico capo di governo che è sopravvissuto alla crisi.

Il problema non è la Germania, né la Grecia: sono le basi politiche della Ue. Un'unione monetaria, non politica, in cui le scelte economiche non possono essere fatte in modo democratico e finiscono per essere preda degli interessi costituiti nei Paesi economicamente più forti.

È giunto il momento che anche i moderati denuncino questo problema. Se lasciamo alla Sinistra radicale il monopolio della verità non dobbiamo sorprenderci se poi questa vince le elezioni, almeno nell'Europa del Sud. È colpa nostra che abbiamo avvallato col silenzio, o peggio con l'assenso, una profonda ingiustizia. È colpa nostra che continuiamo ad eleggere governanti incapaci di difendere i nostri interessi a Bruxelles. È colpa nostra che sognando di avere dei governanti di qualità tedesca abbiamo finito per permettere agli interessi franco-tedeschi di dettare l'agenda in casa nostra.

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