Commenti

Il Papa sarà a fianco dei profughi nell’isola greca di Lesbo

  • Abbonati
  • Accedi
sabato la visita

Il Papa sarà a fianco dei profughi nell’isola greca di Lesbo

Una lingua di mare larga meno di quindici chilometri. Una frontiera d'acqua tra l'Europa unita e il continente asiatico, che lo scorso anno è stata traversata con gommoni e carrette dell'acqua da quasi mezzo milione di persone, in fuga da guerre e miseria. Lesbo, la grande isola greca di fronte alla costa turca, dove da poche settimane si misura l'efficacia dell'accordo Ue-Turchia, che ha fatto crollare gli sbarchi dell'80%, ma che ha anche aggravato la crisi umanitaria attorno e dentro i campi dei rifugiati. Domani il Papa arriva sull'isola, un viaggio tanto rapido quanto forte nella sua portata simbolica. Come lo fu Lampedusa nel 2013, prima trasferta fuori Roma del pontefice argentino, sulle acque che ogni anno inghiottono centinaia di persone («Dov'è tuo fratello?» disse nella preghiera di allora).

Una visita, quella di domani, su invito della Chiesa greco-ortodossa: sarà accolto e accompagnato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, e dall'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Hieronymus. Presente anche il premier Alexis Tsipras: era dal 2001 che un papa che non metteva piede in Grecia, terra dove i cattolici sono un'esigua minoranza. Ma Francesco sta saldando con tenacia i rapporti con i fratelli separati da secoli, con in cima all'agenda i sofferenti, gli ultimi, i perseguitati, quelli ai quali nessuno dei grandi si interessa davvero. Il tema dei migranti è centrale da quando è divenuto Papa, e lo declina in ogni occasione di rilievo, dai viaggi – come accaduto in Messico lo scorso febbraio, dove ha pregato sul confine con gli Usa – ai discorsi ufficiali (uno su quello al Corpo diplomatico di gennaio), dalle messe nelle solennità – come lo scorso Giovedì Santo – alle visite istituzionali, tra cui spicca quella al Parlamento Europeo nel 2014. «La visita di Papa Francesco è di natura strettamente umanitaria, vissuta in chiave ecumenica. Non c'è nessun risvolto di prese di posizioni politiche» ha detto il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi.

Ai giornalisti che chiedevano se il viaggio possa essere considerato una critica all'accordo tra l'Unione europea e la Turchia sulla gestione dei flussi dei migranti, padre Lombardi ha ribadito: «Non credo che si possa definire così un viaggio che è di carattere strettamente umanitario. Certo il fatto che ci siano tante persone che soffrono problemi le cui soluzioni non sono state trovate, questo mi sembra assolutamente evidente. Il fatto stesso che ci sia una situazione seria e grave di carattere umanitario è segno che c'è ancora da fare».

All'indomani della firma dell'accordo – che prevede il versamento da parte della Ue alla Turchia di 3 miliardi e ingressi senza visti per i propri cittadini in cambio dell'impegno di riprendere nel proprio territorio i migranti respinti, sostanzialmente per motivi economici – da parte della Santa Sede ci fu una forte critica: «Umiliante chiudere le porte dell'Europa» disse il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Il Papa visiterà il grande centro rifugiati di Moria, dove la crisi umanitaria ha scatenato le proteste delle organizzazioni assistenziali: in uno spazio previsto per 2.500 persone ce ne sono oltre 3mila, che dal 20 marzo, data della firma dell'accordo, sono sistematicamente sottoposte a gravi restrizioni, soprattutto per il meccanismo della “detenzione automatica” che non tiene conto delle situazioni di vulnerabilità: bambini, persone vittime di tortura in patria, malati. Dopo il centro la visita toccherà il porto: il papa e gli altri capi ortodossi lanceranno in mare delle corone di alloro.

In ogni caso questo nuovo viaggio “ai confini” – e ormai per Bergoglio questa è una costante – accentua la figura di leadership planetaria del Papa, da tempo l'unica capace di centrare un problema vero e metterlo al centro, senza mediazioni o calcoli geopolitici secondo gli schemi tradizionali. «Papa Francesco, si potrebbe dire, interpreta propriamente la dimensione mondiale più che globale, e cioè rende esplicita la necessità di passare da una interdipendenza subìta e spesso percepita come imposta dall'esterno a una interdipendenza come scelta politica autonoma» scrive Pasquale Ferrara, diplomatico italiano di carriera, nel suo saggio appena pubblicato «Il mondo di Francesco. Bergoglio e la politica internazionale» (Edizioni San Paolo).

E alla vigilia della visita a Lesbo un altro evento vaticano sta attirando i riflettori, questa volta della politica tradizionale: oggi Bernie Sanders, lo sfidante di Hillary Clinton per la nomination democratica, sarà alla Casina Pio IV, sede della prestigiosa Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, per partecipare al convegno commemorativo per i 25 anni della «Centesimus Annus», l'enciclica sociale di Giovanni Paolo II, molto cara in particolare al mondo americano. Non è previsto che Sanders (che è di religione ebraica) incontri il Papa, ha precisato Lombardi, ma naturalmente non sono escluse sorprese. Sanders, che lascia New York a soli quattro giorni dalle decisive primarie, parlerà – sembra per pochi minuti per poi ripartire subito dopo – dei temi a lui cari, quindi di economia equa, di questioni sociali, di ecologia, assieme ai leader socialisti dell'America latina, i presidenti dell'Ecuador Rafael Correa e della Bolivia Evo Morales. Nel mezzo anche il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga.

© Riproduzione riservata