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Quando il voto alle donne cambiò le sorti del Paese

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l’intervento

Quando il voto alle donne cambiò le sorti del Paese

  • –di Maria Elena Boschi
Foto SPace24 - Maria Elena Boschi con il fratello Pierfrancesco
Foto SPace24 - Maria Elena Boschi con il fratello Pierfrancesco

Oggi è la Festa della Repubblica, la Festa di tutti. Mi piace pensare che per le donne italiane questa Festa abbia, però, un significato ancora più profondo, che la sentiamo ancora di più la “nostra” Festa.
Sono passati 70 anni dal referendum del 2 giugno 1946 che sancì la nascita della Repubblica e che segnò, al contempo, una svolta storica per il nostro Paese: se si escludono le amministrative del marzo dello stesso anno, quello fu infatti il primo appuntamento in cui le donne esercitarono il diritto al voto.

La conquista del voto femminile fu tutt’altro che semplice e richiese la forza e la tenacia di molte donne che dall’Unità d’Italia in poi continuarono a chiedere di poter partecipare e di poter contare. Le donne, come l’Italia intera, ebbero bisogno di scrivere la pagina fondamentale della Resistenza, per ritrovare la libertà, per passare da “patriote invisibili” a protagoniste della scena nazionale. E le nascenti istituzioni repubblicane non poterono fare a meno di riconoscere questa partecipazione.

La storia ci racconta che in quel 1946 le elezioni amministrative, prima, e il voto del 2 giugno, poi, fecero registrare una massiccia partecipazione femminile, con l’unico rammarico di chi era ancora troppo giovane per potersi recare alle urne. Lo ha ricordato una grande italiana, che chiunque sia legato al nostro Paese e alle sue istituzioni ha ammirato e continua ad ammirare. «Noi ragazze che avevamo partecipato alla Resistenza», ha scritto Tina Anselmi, «avremmo potuto non renderci conto di quale conquista fosse il diritto di voto alle donne? Peccato che molte di noi non avessero ancora l’età per votare».

L’Italia era uscita da poco dall’abisso della guerra e della dittatura, ma quel 2 giugno del ‘46, milioni di italiani e italiane ebbero la forza di scegliere il cambiamento più radicale possibile, una nuova forma istituzionale, ed elessero i componenti dell’Assemblea Costituente. Scelsero i nostri “padri costituenti” e le nostre “madri costituenti” che avrebbero poi dovuto redigere la nuova carta costituzionale: poche donne, è vero, solo 21 su un totale di 556 deputati. Poche, ma decisive. Perché senza questa presenza non sarebbero stati scritti nella Costituzione - o non avrebbero avuto la stessa forza - i principi di parità che sono stati alla base della trasformazione non solo delle leggi, ma della vita, della cultura e del modo di essere degli italiani. Tra di loro, c’era una giovanissima Nilde Iotti, che non molto tempo dopo avrebbe ricordato quel 2 giugno descrivendo la sua emozione di quel giorno, l’emozione di tutte le donne che avvertivano «l’importanza del loro atto e la responsabilità che da esso derivava», che sentivano «la gioia di essere finalmente libere, come italiane e come donne».

Nel recarsi alle urne quel 2 giugno, magari vestite con gli abiti migliori come si conviene a una occasione importante, molte donne sentivano di scrivere un nuovo inizio per la storia di tutti noi, di uscire dalle proprie case per andare, per la prima volta, a compiere nei seggi il loro dovere di cittadine. Resta il fatto che quelli compiuti tra il ’46 e il ’48 furono solo i primi passi. Ne sono seguiti molti altri. E non ha torto chi ha definito quella delle donne l’unica rivoluzione vincente del secolo scorso. Ma ogni donna lo sa, lo vive quotidianamente sulla propria pelle: il cammino non è affatto concluso.

Dall’inizio del nostro lavoro, l’impegno del Governo è stato quello di procedere verso una effettiva “democrazia paritaria” con la riforma della legge elettorale per il Parlamento europeo, con la nuova legge per l’elezione della Camera e nei Consigli regionali. E poi, ovviamente, con la Riforma costituzionale. Tutte misure volte a promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.

Nella società, va detto, troppi ambiti continuano ad essere pensati da uomini per uomini. Ma sappiamo che da quel 2 giugno 1946 le donne anche in Italia partecipano e contano nelle scelte fondamentali per il nostro Paese.
La presenza delle donne nelle assemblee legislative, nei ruoli di responsabilità, significa anche incidere sulle priorità dell’agenda politica.

Sappiamo che la strada per la piena parità tra uomini e donne è ancora lunga, ma per fortuna siamo in marcia e abbiamo bisogno che donne e uomini marcino insieme nella stessa direzione.
Buona Festa della Repubblica a tutte le italiane e a tutti gli italiani.

Maria Elena Boschi è ministra per le Riforme costituzionali

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