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I mercati pretendono solo denaro a pioggia

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lo scenario

I mercati pretendono solo denaro a pioggia

Se non fosse stato per quell’accenno, sulla possibilità degli Stati di intervenire a difesa delle banche, le dichiarazioni di Mario Draghi avrebbero prodotto una profonda delusione sui mercati. Non sarebbe stato affatto strano: e non perchè si dubiti sulla determinazione della Bce ad affrontare ogni potenziale segnale di crisi, ma perchè i mercati da un po’ di tempo si aspettano ben altro dalle banche centrali. I quantitative easing e i tassi negativi non sono più sufficienti a placare la dipendenza dalla droga monetaria che ormai sta coinvolgendo gran parte degli operatori. Lo s’è visto anche ieri mattina, quando Haruhiko Kuroda, governatore della Banca del Giappone, ha detto che l’«helicopter money» è una soluzione non necessaria e nemmeno possibile. Ormai conclusa la seduta della Borsa, è toccato al future sul Nikkei registrare le reazioni degli investitori con uno scivolone di quasi il 2% rispetto alla chiusura.

I commenti al discorso di Draghi, specie dagli operatori britannici e americani, lasciavano trapelare il disappunto, non tanto per un’inazione che era attesa, ma per il fatto che l’economia e i problemi delle banche in eurozona fossero stati presentati con relativo, eccessivo ottimismo. Se si pensa che, nella semplificata visione delle cose di molti investitori anglosassoni, l’eurozona (e non la Gran Bretagna, si badi) starebbe piombando in una nuova recessione e che il suo sistema bancario è nel complesso precario o «già fallito» come quello italiano, deve aver stupito, così infatti ammette candidamente l’analista si State Street, la cautela di Draghi. Tale stupore nasce da due assunzioni: che l’Europa, pardon l’eurozona, è strutturalmente incapace di risorgere, così come il Giappone, e che, pertanto, l’unica soluzione sia creare un fiume di denaro che finisca direttamente ai cittadini: se non direttamente nelle loro tasche, almeno con il tramite dei governi. Insomma l’helicopter money, con cui una banca centrale sottoscrive il debito pubblico di uno Stato e ne cancella poi i titoli. Questa teoria, che solo lo scorso anno sarebbe parsa ardita e che trovava spazio nei blog di qualche economista, è il nuovo mantra dei mercati, se è vero che oltre un terzo dei clienti di Merrill Lynch e degli operatori sondati da Reuters s’aspetta concretamente una soluzione di questo genere.

Sebbene non vi siano prove che la soluzione faccia bene all’economia e anzi, siccome non è affatto nuova, sia certo che abbia prodotto disastrosi risultati nelle finanze statali ai tempi dell’Ancient régime, appare una panacea a tanti operatori, per i quali un immediato ed effimero vantaggio dei mercati è contrabbandato come un bene stabile per l’economia. Prendiamo il Giappone, illustrano in molti: non cresce da 20 anni, è minacciato dalla deflazione e ha un debito pari al 240% del pil. Per quanto a nessuno sfiori l’idea che, in forza di quel debito, il Paese sia insolvente (come invece sarebbero l’Italia e altri Stati d’eurozona che hanno fardelli assai meno spropositati), stampare denaro, con cui Shinzo Abe potrebbe fare una montagna d’investimenti, sarebbe l’unica soluzione. Già lo starebbe facendo il governo nipponico, che s’appresta a varare un piano da 20mila miliardi di yen (170 miliardi di euro), pari al 5% del pil, finanziato proprio dalla Boj. Quest’ultima, che già detiene oltre il 50% del debito pubblico, ne comprerà dell’altro. Fra un anno o due ne deterrà il 75% e, dopo aver fatto un bel falò di tutti quei titoli, il Giappone si ritroverà con un rapporto del 65%: virtuoso come la Svizzera.L’eurozona dovrebbe seguirne l’esempio, perchè è già entrata in un processo di giapanizzazione. Così hanno decretato i mercati.

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