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Ttip, «bufera» tedesca sull’intesa Ue-Usa

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Ttip, «bufera» tedesca sull’intesa Ue-Usa

(Ansa/Ap)
(Ansa/Ap)

Sul futuro dell’accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e l’Unione europea (noto con l’acronimo inglese Ttip) continuano a dominare dubbi e incertezze. È sempre forte l’opposizione di una parte dell’opinione pubblica europea attirata dalle sirene del protezionismo, in particolare in Germania. Ieri, tuttavia, la Commissione europea ha affermato che le trattative proseguono e che l’esecutivo comunitario è pronto a chiudere l’intesa entro la fine dell’anno. Nel processo negoziale «siamo entrati in un momento cruciale, e la palla continua a rotolare sul campo», ha detto ieri qui a Bruxelles Margaritis Schinas, portavoce della Commissione europea. Schinas ha spiegato che le parti stanno facendo «continui progressi». La più recente tornata negoziale si è svolta a metà luglio (si veda Il Sole 24 Ore del 16 luglio). In quella occasione, Commissione europea e governo americano hanno promesso entro fine settembre un primo canovaccio di accordo.

La presa di posizione dell’esecutivo comunitario è giunta dopo che durante il fine settimana il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel ha spiegato che le trattative tra Bruxelles e Washington sono “fallite”. Il leader socialdemocratico e ministro dell’Economia ha detto domenica alla rete televisiva Zdf: «Nei fatti, le discussioni con gli Stati Uniti sono fallite poiché noi europei non dobbiamo cedere alle loro esigenze». Ha poi aggiunto: «Nulla avanza».

Dal canto suo, la Commissione europea ha sostenuto ieri che ancora in giugno i Ventotto hanno rinnovato all’unanimità il loro mandato all’esecutivo comunitario perché questo completi il negoziato. Bruxelles si è detta pronta a chiudere l’intesa «entro la fine dell’anno», ma senza sacrificare «sull’altare del libero commercio gli standard europei nei campi della sicurezza, della salute, del sociale e della protezione dei dati così come la diversità culturale».

Parlando all’agenzia di stampa Ap, anche il negoziatore europeo ha respinto l’opinione del vice cancelliere Gabriel. Alla domanda se fosse vero che i negoziati sono falliti, Ignacio Garcia Bercero ha risposto: «No. Ricordatevi di Mark Twain». Un giorno, lo scrittore americano disse che le notizie sulla sua morte erano «molto esagerate». Da Berlino, il portavoce del governo Steffen Seibert ha ribadito la posizione ufficiale tedesca: «È giusto continuare a negoziare». Spesso un accordo, ha detto, si raggiunge «nell’ultimo round».

Molti credono che dietro ai commenti di Gabriel vi sia l’incombente campagna elettorale tedesca. È forte in questo Paese l’opposizione al Ttip per paura di mettere a rischio gli standard sociali europei. In un sondaggio in maggio, il 70% dei tedeschi ha detto di credere che l’intesa avrebbe comportato svantaggi per il Paese. A un anno dalle prossime elezioni federali, il partito socialdemocratico vuole cavalcare questo movimento d’opinione in una scena politica alla ricerca di nuovi equilibri.

I due grandi partiti popolari – oltre ai socialdemocratici dell’Spd anche i democristiani della Cdu-Csu – sono in crisi. Gli ultimi sondaggi mostrano la crescita dei partiti più piccoli, e in particolare del movimento euroscettico Alternative für Deutschland, ormai al 15% a livello nazionale. In primavera, Spd e Cdu hanno dovuto allearsi con i Verdi in Sachsen-Anhalt per formare un governo: la tradizionale grande coalizione si è rivelata insufficiente dopo il voto regionale del marzo scorso.

Ciò detto, le parole del vice cancelliere Gabriel riflettono le impressioni di molti commentatori sullo stato di salute delle trattative tra Washington e Bruxelles. La Germania, infatti, non è l’unico Paese in cui si nutrono dubbi su un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti: anche in Francia e in Belgio, l’opposizione è rumorosa. In giugno, un altro governante socialista, il premier francese Manuel Valls, aveva affermato che il Ttip «non rispetta gli interessi europei».

Alcuni settori – come l’agricoltura o gli appalti pubblici – sono delicati, e un accordo appare difficile da raggiungere. Le trattative continuano, ma molti – come per esempio l’economista Gabriel Stein di Oxford Economics – nutrono dubbi su come potranno concludersi dopo la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione. In luglio, il negoziatore americano Dan Mullaney aveva spiegato che trattare in queste condizioni è un po’ come se l’Europa negoziasse una intesa con gli Stati Uniti, esclusa la California.

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