La riflessione che scaturisce dalla lettura dei dati sullo scarto fra i consumi e il reddito disponibile è che, nel nostro Paese, nonostante gli sforzi degli ultimi anni, il fenomeno dell’evasione fiscale mantenga dimensioni molto significative. Si potrà sostenere che questi elementi non costituiscono delle prove certe di imponibile sottratto a tassazione, tuttavia, va considerato che l’approccio basato sulla discrepanza reddito-spesa viene ritenuto a livello internazionale uno dei metodi indiretti più affidabili.
Fatta questa premessa è importante cercare di comprendere se il “teorema” più poteri al Fisco-miglior contrasto all’evasione, adottato negli ultimi decenni, abbia dato i risultati sperati. Alla luce dei dati, che misurano nel nostro Paese l’economia sommersa ancora fra il 15 e il 20% del Prodotto interno lordo, la tentazione, pericolosa, è quella di considerare inutili i gravosi oneri a carico del contribuente che la legislazione anti-evasione ha varato nel passato. Le indagini finanziarie, le limitazioni all’uso del contante, le informazioni dovute alle innumerevoli banche dati, l’inasprimento delle sanzioni, lo split payment, la fattura elettronica, la cooperazione fiscale internazionale e molti altri provvedimenti, rappresentano un evidente appesantimento a carico dei cittadini, ma non si può negare che abbiano dato un consistente contributo al recupero del gettito tributario.
In questo difficile percorso sono stati fatti molti passi in avanti e, inevitabilmente, anche alcuni errori. A volte, ad esempio, anche per l’ansia di dimostrare all’opinione pubblica la capacità dello Stato di difendere le proprie entrate, si sono presentati alcuni strumenti (uno per tutti: il redditometro) come la panacea risolutiva delle ingiustizie fiscali italiane. Anche nel campo dell’aumento del livello di adempimento spontaneo si sono fatti alcuni sforzi, ma non si è fatto abbastanza.
Va apprezzato il tentativo di modificare la filosofia dei controlli ex post con quella ex ante, che considera i contribuenti come soggetti da assistere nell’assolvimento degli obblighi tributari.
Il vero cambiamento nella concezione del rapporto fra Fisco e cittadino, però, non si è ancora realmente avviato. La cultura, che porterebbe a un aumento della tax morale nella nostra società, è fondata su obiettivi ancora lontani: un progressivo avvicinamento, la facilità di dialogo, una reale parificazione nella posizione dei soggetti, la fiducia reciproca, la certezza, la trasparenza. Non bisogna mai dimenticare che l’evasione è anche un comportamento sociale e che l’adempimento fiscale può essere favorito, oltre che dalle norme e dal timore delle sanzioni, anche dalla diffusione della cultura della legalità e dalla fiducia nelle istituzioni. La vera rivoluzione nella strategia antievasione dovrebbe essere quella di prendere atto che non esistono formule magiche o strade facili da percorrere e che il lavoro fatto negli ultimi anni non può essere né gettato al vento, né, d’altronde, considerato in maniera acritica con prese di posizione ideologiche. La preoccupazione sul fronte del “Governo del cambiamento” è che nel futuro non si voglia puntare tutto solo sulla semplificazione (obiettivo condivisibile), abolendo redditometro e spesometro, senza però mantenere in essere e coltivare i progressi attesi dall’ampliamento della fatturazione elettronica, che può costituire una vera e propria innovazione nei rapporti commerciali tra privati, contribuire alla digitalizzazione del sistema fiscale e contrastare l’evasione Iva.
Dall’introduzione della flat o dual tax è bene non aspettarsi, almeno nel breve periodo, grandi recuperi di base imponibile e andrebbero meglio valutati gli effetti sul gettito che l’abolizione delle detrazioni avrà in merito alla limitazione del contrasto d’interessi. Anche sul fronte “pace fiscale” bisognerà essere molto attenti a non coltivare le aspettative di condoni o di altri provvedimenti premiali che ci farebbero fare molti passi indietro nel processo evolutivo del livello di moralità fiscale del nostro Paese.
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